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Saviano in tv? Semplicemente noioso

 

Pressata dalla curiosità di vedere la replica del Ministro dell'Interno Roberto Maroni lunedì sera mi sono goduta il Saviano televisivo tanto acclamato da molti, ma messo in discussione anche da voci cosiddette amiche come quella di Marco Travaglio o Beppe Grillo. Funziona poco a mio avviso in tv, sicuramente meno di quando pubblica libri, e non perché la sua trasmissione “Vieni via con me” non faccia ascolti da capogiro, ma perché - non me ne vogliate - è semplicemente noioso.

Niente polemiche sul contenuto perchè, come nel caso di Gomorra, mi permetto di dire che ha scoperto il “già noto”, ma nell'esposizione non lo si può certo definire un animale da palcoscenico e lasciarlo lì da solo a monologare senza alcun interlocutore rende ancora più evidente il suo disagio ad affrontare qualcosa per cui forse non è proprio tagliato. La gestualità del corpo è fin troppo eloquente, si tocca spesso il capo o la barba come un bimbo intimidito che cerca di non far vedere un rossore che potrebbe apparire lì sulle gote da un momento all'altro; la dialettica non è impeccabile e le continue sospensioni nelle frasi o gli intermezzi su riflessioni che forse il pensiero gli suggerisce in quel  preciso momento, sono il chiaro segnale di chi non sa gestire uno spazio così importante e così vuoto a sua disposizione.

 

Travaglio potrebbe sicuramente insegnargli molto in tal senso, gli ha addirittura consigliato di “spettinarsi” un po’ perché quando Travaglio parla, si condivida o meno quello che dice, non ci si annoia di certo.
Nemmeno quando attacca i presunti destinatari del suo monologo riesce a farlo con una certa verve che faccia fare quel sussulto sulla poltrona agli spettatori e pensare che in fondo potrebbe forse anche aver ragione. Ha deciso di schierarsi e di farlo in maniera abbastanza conclamata e adesso forse sta pagando le conseguenze della sua scelta, adattandosi a quello che gli propongono di fare senza saper dire no perché, come ha scritto Zucchetti su Il Giornale è il nuovo arrivato nella classe degli antiberlusconiani e come tale ora ha il posto in prima fila.

Al di là dei cosiddetti “rosiconi” nella stessa schiera degli
anti-cavaliere Mister Saviano perderà con il tempo forse una fetta dei suoi grandi sostenitori se non sarà in grado di dar loro quella polemica sferzante e accattivante come fanno appunto un Travaglio o un Grillo.
Ha deciso di rinfoltire le fila della sinistra anti-Berlusca ma per farlo c’è bisogno di regole da seguire sia dentro che fuori lo schermo o si rischia di essere piccole meteore di passaggio. Avrebbe potuto evitare di prendere posizione politica? Certo. Avrebbe dovuto? Assolutamente sì, visto che è arrivato alla ribalta del successo nazionale come colui che avrebbe avuto il coraggio di denunciare “cose mai sapute” sulla Camorra. Per spirito di lealtà verso quella che lui definisce la sua terra, che poi è anche la mia, avrebbe potuto portare avanti la sua piccola denuncia andando contro il sistema politico in generale perché nella nostra terra non c’è destra o sinistra che sia immune alle infiltrazioni della Camorra.

Avrebbe potuto usare il potere mediatico che gli era stato regalato come un’occasione per far leva sulla società civile e non su quella politica, avrebbe potuto essere un esempio per quanti sul territorio cercano ogni giorno di combattere la Camorra con i loro no al racket, avrebbe potuto parlare della Camorra nella terra dove la Camorra è nata e invece gironzola  per il resto d’Italia lì dove giustamente il suo libro sembra avere aperto una finestra su un mondo totalmente sconosciuto. Grazie alle telecamere, che si portava dietro ormai ovunque andasse, avrebbe potuto dare il “La” ad un movimento di protesta civile che desse il coraggio di uscire allo scoperto a quanti sono stufi di sentire associato il nome del proprio paese alla malavita ma hanno paura, e forse giustamente, di dirlo.

Quanto avrebbe potuto fare Saviano se non si fosse
prestato alla sinistra anti-berlusconiana lasciando forse il segno in modo più incisivo e concreto nella mia e nella sua terra, senza dare necessariamente un colore politico a quella che è la sua battaglia. Un anno fa, quando ancora non era nel gruppo della sinistra più sinistroide, definiva Roberto Maroni uno dei migliori Ministri dell’Interno che l’Italia avesse mai avuto e dichiarava anche di essersi ispirato da sempre alla destra antimafia, quella alla Borsellino per intenderci. Certo lo proclamava dalle pagine di Panorama e non da quelle di Repubblica ma lasciava uno spiraglio aperto a quanti già vedevano segnata la sua strada verso Rai Tre e dintorni.

Forse non tutti ricordano che Saviano lamentava ancora la mancata cattura di Antonio Iovine, uno dei più pericolosi boss ancora in circolazione, che è avvenuta proprio la scorsa settimana, eppure non ne fa cenno nel suo monologo in trasmissione forse perché sa che di lì a poco entrerà Maroni che per sé fa parlare il suo lavoro ben fatto, o forse perché è su Rai Tre e lì non si può parlare bene del Governo.
La sinistra ha guadagnato un altro faccino da mettere in mostra e da far parlare contro Berlusconi, ma la mia terra ha perso l’ennesima occasione di vedere qualcuno che si batta per lei e la sua legalità, al di sopra di tutto e di tutti.

Francesca Ottaviano