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CARESSA AL FRONTE, L'ICONA POP DI UN'ITALIA MIGLIORE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Su SKY 1, nella trasmissione "Buongiorno Afghanistan", Fabio Caressa racconta la vita dei militari italiani impegnati nella missione Nato in Afghanistan. Il format non è nuovissimo (pensiamo ad esempio all'ottimo Toni Capuozzo di "Terra"), ma funziona.
Ancora una volta, la prima cosa che ci salta alla mente è che la tv privata fa cultura meglio delle grigie tv RAI. Quello di Caressa, diventa un servizio che rappresenta, in questo caso, una vera e propria eccellenza nel panorama della narrazione giornalistica, facendo di questo spaccato di mondo, in cui i nostri soldati sono i protagonisti, una vera e propria pagina cult della nostra storia mediatica recente.

Con l'uso di immagini semplici, di una grafica che riproduce un quaderno di appunti o un taccuino di viaggio, il celebre telecronista sportivo ci racconta la quotidianità "al fronte". Un giornalismo embedded si direbbe in America, ma qui nella sua variante più originale e prettamente italica, che per una volta non è un brutto aggettivo.
Il profilo che ne viene fuori è umano ma non stucchevole, forte ma non forzato, incredibilmente autentico. Non ci sono finti atti d'eroismo (Caressa racconta dove si sente o non si sente di andare) nè troppa retorica patriottarda.

 

Forse se dovessi presentare all’estero l’Italia (e gli italiani) farei proprio vedere questo reportage, capace ancora di trasmettere dei valori condivisi e condivisibili, al di là della giusta presenza o meno dei militari in quello specifico teatro di guerra.
Caressa è perfettamente a suo agio nel ruolo, meno sofferente di Capuozzo, fa la telecronaca di una partitella tra commilitoni in un campetto sportivo improvvisato. Calcio & bandiera, ragazzi che aiutano la gente (per davvero) e tv che funziona. Caressa diventa un’icona pop dell’Italia di oggi, sdoganandosi come giornalista a tutto tondo, ci sorprende e ci rende ottimisti. </p>

Se la Tv è cultura, e la cultura cambia un paese (e la propria immagine), l'Italia potrebbe ripartire un pò anche da questo modo di fare e di intendere i media e la comunicazione, che alla nostra identità (scusate la rima) male non fa.

D.M.