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ROBIN HOOD ERA LIBERTARIO

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Di distorsioni la leggenda di Robin Hood ne ha subite a iosa nel corso dei secoli, ma mai come negli ultimi anni il ladro in calzamaglia è, a suo discapito, divenuto l'emblema di egalitaristi, socialisti e populisti di vario genere. In realtà, l'attitudine del ladro gentiluomo che "rubava ai ricchi per dare ai poveri", se analizzata con più rigore e meno trasporto ideologico - come fa in maniera ottimale il film di Ridley Scott - sembra muoversi in direzione del libertarismo e non assumere le tinte rosse dei sovversivi che non accettano la proprietà privata e le naturali differenze tra individui.

Non serve rifarsi a versione antiche o non più in voga della leggenda per scoprire che l'interpretazione socialista è del tutto errata; infatti l'eroe di Sherwood non mette in discussione il diritto di proprietà, quanto la legittimità dei privilegi di cui godono i signori dei villaggi limitrofi alla famosa foresta del Notthinghamshire.

 

 

 

Robin Hood insomma non deruba imprenditori (figure tra l'altro inesistenti nel Medioevo), grandi agricoltori o liberi professionisti (anche essi molto rari all'epoca), ma funge da tramite per restituire al popolo ciò di cui esso viene illegittimamente espropriato attraverso la feroce tassazione del signore del luogo, che la esercita grazie alla coercizione territoriale conferitagli dal sovrano secondo il complesso e dedalico sistema di subordinazione feudale vigente nell' età di mezzo. Non erano di certo il libero mercato e la concorrenza capitalistiche ad opprimere i popolani inglesi di quei tempi, ma i signori della casta, truffatori antichi quanto l'istituzione stessa dello stato.

Avendo presente la storia di Robin Hood letta sotto quest'ottica, se il nostro eroe fosse vivo e operante, a chi sottrarrebbe denaro? Ai capitalisti o ai politicanti e ai parassiti pubblici? E a chi ridistribuirebbe il denaro illegittimamente sottratto se non ai contribuenti? Bisognerebbe spiegare ai politicanti che la volpe di Sherwood non proporrebbe maggiore tassazione ai più abbienti e ridistribuzione della ricchezza: si limiterebbe a sottrarne a chi, per mantenere uno status sociale privilegiato, tartassa i cittadini con imposte da sciacalli.

Daniele Venanzi