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Ma del Popolo della Libertà facciamo parte anche noi

Anche all'interno della nostra redazione la sortita di Silvio Berlusconi e la creazione del Partito della Libertà (o Popolo della Libertà) ha creato scompiglio e reazioni contrastanti: in piccolo quello che è successo un po in tutta Italia.
C'è chi ha gridato allo scandalo, c'è chi, come Fini, ha confessato nel famoso fuorionda di Matrix, di aver "menato come un fabbro" contro l'ex amico Silvio. C'è chi invece semplicemente così non ci sta, come Adornato, che da anni va di conferenza in conferenza a spiegare a tutti i vantaggi del partito unico tra le formazioni del centrodestra.
Chi ha ragione? Temo che sia Silvio, ancora una volta, ad aver azzeccato la strategia: prova ne sono le reazioni scomposte di alleati e avversari e di alleati-avversari. L'uomo di Arcore stavolta ha messo sul piatto tutta la posta. Vediamo come. 

1) Il fallimento della strategia della spallata.
Silvio sapeva che la condizione fondamentale per autoproclamarsi ancora leader del centrodestra e futuro candidato Premier, nell'eventualità di elezioni enticipate, sarebbe dovuta essere la caduta del governo Prodi in tempi rapidi. Solo in questo modo avrebbe dimostrato agli alleati riottosi e alla gente di essere l'unico in grado di fare il bello e il cattivo tempo della politica italiana e soprattutto di essere ancora l'unico in grado di vincere.
Dal momento della sconfitta per soli 24 mila voti in poi Berlusconi ha provato prima a ricontare le schede, poi a organizzare (con successo) la grande manifestazione di popolo del 2 Dicembre scorso, infine a recitare ogni settimana il de profundis del governo Prodi tentendo di mettere sotto l'esecutivo in Senato.
Purtroppo per Silvio qualcosa è andato storto: la spallata è fallita nei primi due anni e il tempo massimo per tornare subito al governo (con lui stesso premier) è finito. Da adesso in poi, anche se il governo Prodi fosse caduto, Berlusconi non sarebbe stato più il candidato automatico del centrodestra.

2) La nascita del Partito Democratico.
A differenza del centrodestra, il centrosinistra un leader futuro l'aveva già individuato da tempo in Walter Weltroni, non certo una figura nuova nella politica italiana, ma uomo capace di mettere tutti d'accordo all'insegna di notti bianche, baci, abbracci e feste del cinema. Ma se Walter è il predestinato a sinistra, a destra non ci sono Brambille che tengano e non si vede altro che Silvio.
La nascita del PD ha aperto gli occhi a tutti e Berlusconi, capace sempre di scovare l'opportunità in ogni problema, ha cavalcato l'onda di una grande forza che punta ad arrivare al 35% dei voti, creando a destra non un partito unico ma un nuovo grande partito.
Perchè non il partito unico? Perchè, come abbiamo già vuto modo di dire, non sarebbe stato lui il leader: in un'ipotetica unione tra Forza Italia, An e altri partitelli Silvio non sarebbe stato il capo, ma uno dei capi alle prese con correnti interne che sarebbero diventate ben presto veri e propri fiumi in piena.
Ad aprire nuovi scenari ci ha pensato proprio Walter e il suo PD, la cui nascita sancisce di fatto la necessità di un accordo (tra i due maggiori partiti italiani, e non più tra coalizioni) per arrivare al punto cruciale per la sopravvivenza e il rafforzamento di entrambi: la legge elettorale e il referendum elettorale.

3) La legge elettorale e il referendum elettorale.
Su una cosa sono più o meno tutti d'accordo: quella attuale è una legge elettorale che va cambiata. Le proposte per un sistema elettorale proporzionale stanno facendo sempre più proseliti all'interno di PD e PDL, consapevoli entrambi che una riforma in tal senso sarebbe la fine del bipolarismo in quanto fine delle coalizioni. Anche qui si è travisato le parole di Berlusconi: il bipolarismo in quanto scena politica formata da due schieramenti rimarrà, perchè ormai definitivamente radicato da più di un decennio nella testa degli italiani.
In caso di esito positivo del referendum, la prima conseguenza sarà che il premio di maggioranza verrà attribuito alla lista singola (e non più alla coalizione di liste) che abbia ottenuto il maggior numero di seggi: si profila quindi un governo in alternanza PD o PDL che, a seconda delle occcasioni, si potranno alleare con partiti minori. Una situazione che ha portato un graduale riavvicinamento a Casini, che ha annusato, da vero democristiano, l'opportunità del nuovo scenario, e spunta così nei gazebi del Popolo della Libertà, ridendo e scherzando come ai bei tempi.

4) Comunque vada nel Popolo della Libertà ci siamo anche noi.
Ci siamo idealmente, senza tessere come sempre, e senza pensare troppo a strategie e giochi politici che abbiamo il dovere di comprendere ma che non ci appartengono. Con due sentimenti, sinceri: il primo è di appartenenza ideale ad una grande forza liberale di popolo alternativa alla socialdemocrazia, il secondo è di ringraziamento, nonostante tutto, per Silvio Berlusconi, il cui merito in questi anni è stato di affrontare e di parlare di tematiche che prima di allora forse erano solo nella bocca di qualche economista americano o di qualche professore della Bocconi: tematiche come il libero mercato compiuto, le liberalizzazioni, il minore interventismo statale, la riduzione delle tasse e del pubblico impiego, la lotta alla burocrazia e alle cooperative, la promozione della meritocrazia. Che tutto cio sia stato solo parzialmente accennato nei 5 anni del governo precedente è un errore che Berlusconi farebbe bene ad ammettere, seguendo, almeno stavolta, il consiglio di Casini.
L'ultimo augurio che facciamo e che in questa nuova formazione trovino posto ai vertici persone che veramente hanno le idee per portare una ventata di freschezza in questo paese: il nostro pensiero va a Giulio Tremonti e a Daniele Capezzone, ottimo interlocutore per un destra moderna, atlantica, liberale e liberista. Con il suo decidere.net sta raccogliendo adesioni e opinioni importanti, portando avanti issues che tanto farebbero bene all'Italia, se solo si iniziasse a parlarne.

D.M.