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LA SFIDA DEL LIBERTARISMO ITALIANO



Riassumere sotto un solo simbolo o uno stesso nome quel dinamico e crescente movimento politico che in America sta, in questi giorni, strasformando lo scenario politico è un’impresa assai difficile e probabilmente errata. Congelarne così la dinamicità, correndo il rischio di raffreddare quel magma composto da conservatori, liberali, libertari, dentro una sola definizione è infatti un'operazione riduttiva.

Eppure negli USA il modello dei Tea Party
, che appunto rappresenta sotto uno stesso simbolo le suddette radici politiche, sta emergendo con grande forza. Chi infatti interpreta il Tea Party come un fenomeno di mera avversione al Presidente Obama sbaglia, perché si concentra sul sintomo ignorando la causa. Il libertarismo, mi sia consentito il termine riduttivo ma indicativo, è infatti animato dallo spirito di concretezza tipico dei padri fondatori.
E’ una riscoperta di antichi valori e di forze disperse ma in chiave moderna. Obama è, invece, visto come l’interprete di una grande menzogna mediatica, di una permanente strategia dell’apparenza che non consente più agli Stati Uniti di avere un contatto diretto ed autentico con la propria identità e con la propria storia.

Obama è, per i Tea Party, quella maschera di cui l’America profonda si è accorta di dover fare a meno. Il libertarismo, anche per questo ma non solo, è dunque una sfida di concretezza ed in questo consiste la sua modernità.

Il patrimonio che il nascente Tea Party italiano (o italico) dovrà importare consiste nello spirito di concretezza necessario a superare i fantasmi di tutte quelle ideologie ormai morte ma evocate, di volta in volta, come strumenti di lotta politica.
La morale ormai non ha più, se non in rari casi, un valore autentico ma è una mera copertura per manovre atte a raggiungere scopi determinati. La morale cioè è degradata, purtroppo, a strumento di disinformazione e di pressione politico-economica.

Priorità del libertarismo italiano sia invece quella di consentire ai cittadini di vedere più chiaramente gli interessi in gioco per scegliere davvero e con consapevolezza.
Il libertarismo italiano, ancor prima ed ancor di più che diminuire le tasse e ridimensionare lo Stato, dovrà ambire a combattere e ad abbattere il muro ipocrita del falso moralismo. Dovrà avere il coraggio di non farne però una lotta ideologica, ma una lotta per l’affermazione di valori concreti e relativi.
Deve percorrere l’impervia ed innovativa strada di un pensiero libero da feticci (di un segno o dell’altro) per giungere a valutazioni trasparenti ed effettive.

Il libertarismo sia infine anche autenticamente federalista, perché il federalismo, nella sua forma pura senza “salvagente” o meccanismi assistenziali, impone forti sacrifici ma allo stesso tempo costringe alla responsabilità chi amministra e rende impossibile eludere il giudizio diretto degli elettori. Inoltre, per l’effetto di una necessaria limitazione di quello storico ed enorme impiego di risorse pubbliche, s’imporrà una restrizione dell’ambito di operatività Statale ed un conseguente maggior spazio all’iniziativa dei privati. E’ giusto dunque che il Tea Party abbia l’ambizione di diventare un modello di pensiero, di mentalità, se non addirittura una filosofia politica. Adesso è il momento: i libertari abbiano per primi il coraggio e la forza di raccogliere la sfida.

 

Simone Frosini