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L'IRAN CREDE NELLA LIBERTA'? UN ABBAGLIO

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Caro Paolo, iniziamo dalla questione principale: queste elezioni sono davvero falsate come ci dicono i media occidentali?
I primi a essere falsati sono gli stessi media mainstream occidentali. Per capire una parte del problema, conviene rifarsi a un articolo di George Friedman pubblicato su Stratfor ( http://www.stratfor.com/weekly/20090615_western_misconceptions_meet_iranian_reality ).
Gli abbagli cominciarono fin dal tempo della rivoluzione komeinista nel 1978-79, quando tutti pensarono a una rivoluzione di giovani fanciulli in lotta per la libertà. Invece, ieri come oggi, i fanciulli erano robotizzati e manovrati da personaggi scaltri e per niente liberali.
Da allora in poi i reporter occidentali hanno sempre preso il riflesso del pozzo per la luna. Perché? Perché sono rimasti negli hotel del centro di Teheran o di Isfahan, e hanno parlato solo con persone che parlavano inglese. Gente di città, “progressisti” clintoniani o obamiani… Friedman chiama questo panorama “Ipod liberalism”, esso si basa sul presupposto che chi usa gli Mp3 o l’Ipod, parla inglese, ama il rock etc., sia l’indice di una magnifica e progressiva sorte, di una rivoluzione sessantottarda basata sulle minigonne, gli spinelli, gli Oasis etc etc. Facendo riferimento a questa generazione, che forma la “upper class” di Teheran, i reporter nostrani hanno immaginato che l’Iran fosse pronto per la libertà. Ma non hanno fatto i conti col resto della popolazione, quella rurale, quella più proletarizzata e più legata al potere del clero komeinista.
Il punto pertanto non sono i brogli, che ci sono stati – come capita in molti regimi, persino quelli più o meno democratici - ma la realtà, con cui l’Occidente non ha saputo fare i conti. Immaginavamo la Cecoslovacchia della rivoluzione dolce del 1991, invece siamo nello scenario della Cecoslovacchia del 1968, con l’aggravante che in Iran il regime ha più potere e consenso dei comunisti di Praga.

Tutti in piazza e anche la sinistra italiana in rivolta? Ora che c'è Obama alla Casa Bianca chiederanno anche una guerra preventiva?
E’ tutto parte dell’abbaglio di cui ho parlato nel punto 1. E non credo che chiederanno una “guerra” contro l’Iran e nemmeno altre sanzioni. In realtà la base di sinistra non si cura molto dell’Iran o della Libia. Lo fanno solo i redattori di Limes, i radicali per tradizione, i radical-chic per moda.

Qual'è la verità su Mousavi, il principale rivale di Ahmadinejad, per cui un milione di persone sono scese in piazza.
Il giorno delle presidenziali chiamai al telefono Karimi Davood, segretario dell’associazione degli iraniani in esilio. Fu durissimo, rovesciò la mia lettura degli eventi, che si basava sull’idea che Mousavi era un “cretinetti” attorno al quale però si concentrava la spinta verso la libertà. Dovevo fare un articolo per il Secolo XIX di Genova, e andai in ambasce: in effetti Mousavi è stato premier per molti anni, ai tempi di Khomeini, e sotto il suo governo erano stati massacrati in una sola settimana più di 30.000 prigionieri politici. Ahmadinejad guidava i plotoni di esecuzione, al tempo. Fu la fine dei mujahidin del popolo, che però da allora si riorganizzarono clandestinamente come l’unica opposizione, in alleanza coi curdi. Secondo Davood tutti i candidati erano parte di una lotta interna al potere, e Ahamdinejad avrebbe vinto comunque col “65% dei voti”. Per conto mio intanto avevo scoperto che il primo obiettivo di Khatami era Rafsajani, accusato nel pre-elezioni di essere un mafioso. Finii l’articolo che erano le 20 passate, ma quel punto dalla redazione mi dissero che Mousavi si era dichiarato vincitore, col 65% dei voti. Chiusi il pezzo mantenendo comunque il concetto che  Mousavi è “uguale” ad Ahmadinejad (anche sul nucleare, lo è) e che, forse, aveva vinto. Erano le 21.30, e le agenzie dicevano che anche Ahmadinejad si era dichiarato vincitore. Lasciammo le cose con quei due proclami e stop. Per 2-3 giorni rimasi in ambasce: ero l’unico in Italia ad aver scritto che Mousavi era solo parte di una guerra per bande interna al regime post-komeinista. Scrissi un altro articolo, il giorno dopo ( http://files.splinder.com/23b7526972b6e8f36c21076ce1f6b09b.pdf ), sempre sullo stesso tono. Nel frattempo c’erano state adunate oceaniche, nelle quali c’erano effettivamente i venti e le richieste di libertà, e nelle quali forse lo stesso Mousavi poteva cambiare pagina. Ma ormai Ahmadinejad aveva vinto: sostenere i cortei era pericoloso, perché poi a crepare in piazza mica ci vanno i direttori di giornale di New York o Parigi…
Poi è arrivata una precisa dichiarazione di Barack Obama: “Non c’è differenza tra i due candidati” ( http://leguerrecivili.splinder.com/post/20773700/Iran%3A+finalmente+Obama+dice+la ) e a quel punto mi sono preso una piccola soddisfazione.

 

Esiste un Iran moderato?
L’Iran moderato è costituito da quel segmento di upper class che lavora e commercia nelle grandi città. Ha numeri troppo bassi per gestire un regime change. Molto più interessante scoprire che la rivoluzione komeinista NON è stata una rivoluzione di tutto il clero sciita, ma solo di una sua piccola fetta. Gran parte dello sciismo è avverso ai figliastri di Khomeini, i mullah moderati hanno subito il carcere e le persecuzioni come tutti gli altri oppositori. Questo dato lascia sperare.

Quanto Barack Obama con la sua politica morbida nei confronti del mondo islamico ha responsabilità in questa rielezione?
Nessuna. Siamo stati noi europei a immaginare che Obama potesse essere un Mago Merlino. Indubbiamente però il suo discorso del Cairo, anche se formalmente è persino meno “aperturista” di altri pronunciati da Condoleeza Rice - come ha ricordato Christian Rocca -, però ha concretamente potuto penetrare nella popolazione sunnita, cambiandone la percezione dell’America e dell’Occidente. Ciò è avvenuto grazie alla grande integrazione tra occidente e regimi sunniti (“regimi” pur sempre, ma “moderati”, con incoraggianti segnali di cambiamento, in Arabia, con una donna viceministro e la proiezione del primo film dopo 40 anni…), che di fatto sono alleati non ufficiali.
L’influenza di Obama su un regime come quello iraniano è invece molto più bassa, al momento.

Quale futuro e sviluppo più probabile della situazione nella regione?
Davood individua l’unica opposizione possibile, con la lotta politica (e militare, ma non più terrorista), condotta dagli ex Mujahidin del popolo. Costoro possono fare leva sull’appoggio del clero sciita non komeinista (ricordiamo che Khomeini veniva da Parigi ed era separato da decenni dello sciismo mediorientale). Altri alleati sono i curdi, anche se ultimamente a costoro è venuto meno l’aiuto che proveniva dal governo di Bush (Obama ora potrebbe riprendere a supportarli). Rispetto ai curdi c’è da ricordare la pressione concomitante contro di loro da parte della confinante Turchia.
Obama ha una sola carta da giocare, ma è pesantissima: consegnare parte dell'Iraq all'Iran, cioé a una dittatura, il che avvicinerebbe la pazza idea komeinista di creare un califfato sciita esteso dall'Afganistan fino all'Arabia orientale inclusa, con una sponda nella Corea del Nord e un’altra in Venezuela. Una catastrofe inimmaginabile. L'unica alternativa, pertanto, è la cristallizzazione dello status quo attuale, con possibili azioni/reazioni entro fine anno, quando la fase di arricchimento dell'uranio renderà più praticabile il passaggio di Teheran al nucleare militare. A quel punto potrebbe arrivare  un'azione aerea di risposta, che non potrà che essere micidiale e veloce e portare, più che a un bombardamento dei laboratori nucleari, a un bombardamento dei palazzi del potere e degli acquartieramenti di pasdaran e milizie islamiche, con lo scopo evidente di:
1 - favorire un'immediata rivolta degli strati urbani, e quindi
2 - l'abbattimento del regime e la concessione di autonomia alle numerose etnie;
3 - l'affidamento del potere politico ai laici e di quello religioso al clero sciita moderato.
In alternativa, l’Iran potrebbe fermare il programma militare, ma avendo raggiunto la soglia critica di uranio arricchito. In cambio, Teheran otterrebbe una “zona d’influenza” verso Kuwait e sud Iraq.
Infine si deve tener conto dell’avvicinamento di Ahmadinejad al progetto SCO (Shangai Cooperation Organization), che è in crescita (vedere qui: http://leguerrecivili.splinder.com/post/20775561/Gruppo+di+Shangai+SCO%3A+decisio ). Al momento la SCO ha l’idea di creare una UE centroasiatica, basata su Cina e Russia. Ma ci sono possibilità di cooperazione militare sul modello della Nato.

D.M.