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Kurt Hamrin

Era 'Uccellino' la speranza dei tifosi viola che spingeva, nelle fredde Domeniche d'inverno, a prendere il treno per andare a vedere la squadra a Busto Arsizio o a Lecco o Vicenza ecc. ed era sempre e solo lui che permetteva di discutere di calcio con gli Juventini, Milanisti e Interisti. Un giorno qualcuno mi chiese chi pensassi fosse il più grande goleador del campionato italiano. Senza esitazione gli risposi: Kurt Hamrin.


Fu un certo Puppo, tecnico bianconero, a volerlo in Italia dopo averlo visto giocare con la sua nazionale (Hamrin per chi non lo sapesse era svedese) in Portogallo. Quando arrivo a Torino aveva alle spalle 3 campionati svedesi, uno scudetto e 53 gol. Sembrava dovesse essere un lungo matrimonio, ma la Juve aveva fretta e Hamrin non troppa fortuna. Dopo poche partite si scheggio l'osso del piede a Marassi. Convalescenza, rientro e nuovo grande infortunio: frattura del metatarso. Nuovo riposo, nuovo gesso, nuovo rientro e immediato ritorno all'ospedale. Caviglia di vetro lo chiamavano. Perse in tutto 11 partite, ma fece in tempo a segnare 8 gol nelle altre 23. Fosse esploso come avrebbe potuto se solo lo avessero lasciato giocare al calcio, sicuramente non sarebbe mai arrivato a Firenze.

Alla Juve arrivarono Charles e Sivori e non c'era tempo per le promesse. Fu dato in prestito al Padova di Nereo Rocco, il quale capì subito che razza di fuoriclasse gli era capitato. Capì anche che molti suoi infortuni erano dovuti a problemi di scarpette. Gli fece modellare dei plantari speciali e ne fece la freccia del suo contropiede. La filosofia di Rocco per quel Padova era semplice: resistere dietro con i vari Azzini, Blason, Scagnellato che avevano delle falci al posto dei piedi, buttare la palla avanti, dopodichè ci pensava Hamrin. E fu un miracolo: 3° posto e 20 gol per lui. Ma il Padova non poteva trattenerlo e alla fine dell'anno la Fiorentina, che aveva perso Julinho, ritornato in Brasile, lo acquisto dalla Juventus; inizio un amore silenzioso che non sarebbe più finito.

Nelle nove stagioni di Hamrin la Fiorentina fu due volte seconda, una terza, tre quarta, una quinta, una sesta e una settima. Hamrin raccolse quello che restava della Fiorentina di Bernardini, comincio giocando al fianco di Montuori, Chiappella, Gratton, Lojacono, proseguì con Dell'Angelo, Milan, Can Bartù o Jonsonn e chiuse la sua storia in viola accanto a De Sisti, Merlo e Brugnera. In un feeling senza ossessioni, la Fiorentina è andata lentamente trasformandosi nelle sue mani con la certezze che la classe e l'esperienza di Hamrin avrebbero permesso trapassi generazionali meno violenti.

Se in un'epoca di evidente sbandamento (lo scudetto ed i quattro consecutivi secondi posti avevano dato alla società un peso, una convinzione ed un'importanza che non potevano essere sopportati a lungo) la Fiorentina non si allontano mai troppo da se stessa, lo deve quasi esclusivamente a lui. Sono stati i suoi gol, il suo professionismo, il suo esempio (una sola ammonizione in carriera), il suo esserci sempre e comunque, a far guadagnare anni ed anni nella rincorsa al passato. Se ne ando da Firenze (per poi tornarci per sempre a fine carriera) nel 1967, quando la Fiorentina stava ritrovando il suo tempo, ma pochissimo ne restava a lui per vincere. A 33 anni torno con Rocco, stavolta al Milan che con lui vinse finalmente scudetto, Coppa dei Campioni, Coppa Italia e Coppa delle Coppe. Tre anni dopo soltanto una malattia gli impedì di partecipare ai suoi quinti campionati del mondo. Finì la carriera nel Napoli a 37 anni. Segno fino alla fine.

Hamrin era esile, quasi minuto, veloce, agilissimo. Qualcuno un giorno a Firenze lo battezzo Uccellino e fu quasi come fotografarlo. Alto 1,69, non aveva un gran tiro, usava pochissimo il sinistro, non tirava abitualmente i rigori e naturalmente segnava pochissimo di testa; ebbene, nonostante queste caratteristiche non proprio eccezionali per un goleador, ha messo dentro il sacco 190 palloni in Serie A con una continuità esasperante. Scivolava rapidissimo sulla fascia destra toccando poche volte la palla. Sembrava davvero volare a pochi centimetri dall'erba, una danza lieve fatta di equilibri impossibili che a lui erano assolutamente naturali. E quando planava era sempre il primo a ritoccare il pallone. Ne veniva fuori un continuo incrocio in fondo al quale il terzino veniva disorientato, automaticamente saltato, quasi senza essere entrato in gioco. Calzettoni abbassati, arrotolati fin sotto il calcagno, non si infortunava quasi mai e mai aveva un gesto di reazione verso avversari o rimprovero verso i compagni.
Ma cosa aveva, infine, di speciale questo scricciolo per essere riuscito a segnare 190 gol senza averne, in teoria, le possibilità? Aveva il "Radar". Era il padrone assoluto dell'area di rigore perchè sapeva con un attimo di anticipo dove sarebbe finita la palla. Dopodichè buttarla dentro diventava facilissimo.

Era formidabile! Gironzolava in area con quell'andatura saltellante, poi improvvisamente la palla era in rete. Il suo gol non era mai banale. Dietro al tocco più semplice si nascondevano calcoli e geometrie che la sua classe traduceva in impulsi immediati. Non c'erano schemi, c'era lui e la sua immensa classe. Non si spiegava. E lui non l'ha mai spiegato o insegnato perchè non poteva. Lo faceva e chi ha avuto la fortuna di esserci non se lo puo scordare.

Era 'Uccellino' la speranza dei tifosi viola che spingeva, nelle fredde domeniche d'inverno, a prendere il treno per andare a vedere la squadra a Busto Arsizio o a Lecco o Vicenza ecc. ed era sempre e solo lui che permetteva di discutere di calcio con gli Juventini, Milanisti e Interisti. Rimase il maggior goleador fiorentino di tutti i tempi fino al 2000, quando Batistuta lo supero di un gol alla sua ultima partita in maglia viola: 151 contro 150. Chi è l'animale più forte del mondo? L'elefante diranno molti o la balena; ebbene, è la formica, perchè riesce a trasportare 50 volte il peso del suo corpo. Ecco perchè ho risposto Kurt Hamrin a quella persona, quel giorno.

Claudio Galardini