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GENERAZIONE MINGARDI

 

 

 

 

 

 

 

 

Spesso si usa dire che capita raramente parlare con delle persone del livello di quelle che, nel corso di questi anni, abbiamo avuto l'onore di intervistare per UT. Stavolta però abbiamo un ospite speciale che, data l'età (1981), non solo non capita raramente ma forse capita una volta sola. Ecco spiegato il titolo di questa chiacchierata, che racchiude in sè l'idea di una generazione (la nostra), formata innazitutto da singole persone: "Esistono solo gli individui, non le generazioni". Ci racconta Alberto. "La nostra generazione, con tutti i suoi difetti, ha l’immenso pregio di esserne consapevole".

Ciao Alberto. Crollo finanziario prima, Obama poi, ora forse gli aiuti a Fiat (dopo Alitalia) e nessuno che si oppone. Bravi, bene, bis: sembra un coro unanime. Quanto durerà questo lutto?
Non durerà poco. Purtroppo è inevitabile che in momenti di grande incertezza come questo gli elettori chiedano ai governi di “agire”. I governi si muovono pur avendo, nel migliore dei casi, una percezione parziale ed imperfetta dei fattori in gioco. Il consenso premia i populisti. Ci aspettano momenti molto difficili. La politica ne approfitterà per ampliare la propria sfera d’influenza, mettere le mani sulle banche, distribuire privilegi per cui presenterà un conto salatissimo a imprenditori privati e gruppi d’interesse.

Secondo le nostre informazioni sei del 1981, quindi un coetaneo degli animatori del nostro sito, eppure sei già uno studioso importante a livello nazionale ma non solo. Ci sveli il tuo segreto?
Studioso importante è una doppia esagerazione. Penso di essere un discreto organizzatore culturale, quello sì. Non ci sono segreti. Bisogna provare a costruirsi il proprio destino. Lavorare tanto, sapendo che si sbaglierà tantissimo, e cercare di imparare dai propri errori. Credo che paradossalmente l’essere “figlio di nessuno” sia un vantaggio. Non venire da una famiglia importante, non nascere inserito in un circuito di relazioni, dà più margini di manovra. Poi, certo, servono canini appuntiti, voglia di fare e, come sempre, un po’ di fortuna.

Ti definisci discepolo di Sergio Ricossa, uno studioso poco conosciuto fuori dall’ambiente specifico. studioso che da liberale ha deciso di ridefinirsi libertario. Ci puoi sinteticamente spiegare il mainstream del suo pensiero?
Sergio Ricossa è una persona per me importantissima. Senza di lui, non sarei mai diventato liberista. E’ un uomo come ve ne sono stati pochissimi, nella storia di questo Paese. Bisogna leggere e rileggere il suo “La fine dell’economia”. E’ un libro straordinario, che spiega come i “perfettismi” siano tutti uniti dall’odio per la figura del mercante, per il senso del lavoro come momento d’espressione che è tipico della civiltà borghese. E’ un piccolo grande classico che sa mostrare la comune matrice antiliberale di ideologie apparentemente molto diverse.

L’altro studioso poco conosciuto e ignorato per tanto tempo soprattutto in Italia, è Bruno Leoni al quale avete intitolato il vostro istituto. Come è ti è nata l'idea dell'IBL? Quanti credi siano i ragazzi della nostra età a conoscere Bruno Leoni in Italia? E come mai te, così giovane, lo conoscevi già?
Credo che Bruno Leoni sia sempre più noto in Italia. Non saranno tanti i ragazzi che lo conoscono, ma quanti sono i ragazzi che hanno letto Hume, per dire, che è immensamente più noto?
Fatto sta che oggi Leoni non è più vittima di alcun ostracismo, e se si entra in una libreria ne si possono trovare moltissime opere. Merito di editori coraggiosi e di persone (come Raimondo Cubeddu, Lorenzo Infantino, Carlo Lottieri e Antonio Masala) che hanno saputo riportarlo nel dibattito.
Io avevo diciott’anni nel 1999, e Leoni era già tradotto in italiano. A chi s’interessasse di cose liberali, era evidente la sua importanza. Gli abbiamo intitolato l’IBL perché è, secondo noi, la personalità più cospicua del liberalismo italiano del Novecento. E’ un santo patrono che ci piace immaginare ci guardi da lassù, non troppo dispiaciuto per quel che facciamo.

Si parla di aiutare la FIAT e la destra sembra sempre più condizionata dalla sua ala statalista e corporativa. Non credi che gli esponenti liberali del governo, come Martino o Marzano, potrebbero “saccheggiare” le idee prodotte ad esempio dall’IBL per cercare di scuotere la situazione dall'interno?
Leggete l’ultimo libro curato da Luca Tedesco, che raccoglie gli atti del convegno della Lega antiprotezionista del 1914. Quell’esperienza fu storicamente un fallimento, ma almeno allora i liberali si ponevano il problema di essere consapevolmente al centro di una rete di alleanze: da costruire a destra e a sinistra, contro un nemico comune, il protezionismo. Il ruolo che Einaudi o De Viti De Marco o Giretti pensavano per se stessi, era quello di educatori economici capaci di non ghettizzarsi da sé, in nome di logiche di parte.
Il partito liberale italiano è stato un’esperienza molto negativa. Non solo perché liberale lo era poco o nulla, ma anche perché ha creato uno spirito di setta, che ora riaffiora anche nei “liberali che hanno fatto la diaspora”, per così dire. Peccato che questi signori non abbiano costruito nulla - dentro o fuori le strutture di partito cui appartenevano.
Antonio Martino è una grande risorsa di questo Paese, sottoutilizzata dalla sua parte politica. Ma da soli non si vince mai. Bisogna che i liberali rileggano Mosca e Pareto: non si fa politica, senza organizzazione. E bisogna che imparino il meglio che c’è da imparare da Piero Gobetti, che era un liberista (magari un po’ confuso, ma un liberista) con grande passione ed intuito per la politica.
Solo che questa è una sfida per un’altra generazione. Valgono di più iniziative come “Io non voglio il posto fisso” su Facebook che tutte le chiacchiere su gruppi e gruppuscoli liberali dentro e fuori il Pdl. Bisogna essere tolleranti ed inclusivi, per trovare accordo su battaglie comuni, ed ampliare il fronte di sfondamento.
Ogni generazione gioca la sua partita. In Italia ci sono persone che hanno il merito immenso di avere pensato detto e scritto cose giuste, quando non lo faceva nessuno. Ora però le sfide sono altre. Se il vostro gruppo, o altri, vogliono fare politica, non giocate con le figurine dei “grandi liberali”. Non serve a niente. Trasformate le vostre idee in battaglie concrete, cercate di aggregare consenso. Non è facile, ma questo serve. Ritrovarsi a sgranare un rosario sotto l’altarino di questo o quel signore famoso, no.

 

Vedi la possibilità di creare un “circuito” fatto di persone anagraficamente più giovani che portino avanti le idee liberali? Penso a realtà come l’IBL, Liberal, Ideazione, ma anche Tocqueville, Il Domenicale, il network dei libertari...
Non mi pronuncio sul lavoro degli altri, ma non capisco chi vuole creare circuiti, network, etc.
Mi spiego: una roba come la Mont Pelerin Society serviva quando non esistevano Internet e l’e-mail. Hayek ebbe la grande intuizione di riunire persone che altrimenti non si sarebbero neanche conosciute! Ora, sappiamo tutti quello che fanno tutti gli altri. Digiti un www e trovi quello che c’è da trovare.
Se uno pensa che serva il piano nazionale per la diffusione del liberalismo, non è un liberale. Serve concorrenza fra questi soggetti: per trovare supporto (cioè, consenso e quattrini) e per diffondere le idee. Ognuno faccia il suo gioco e chi è più bravo si rivelerà un’esternalità positiva a vantaggio di tutti.
Quelli che vogliono creare i network, di solito hanno un’ambizione da parassita: brillare della luce riflessa di qualcun altro. Se il tempo e l’energie che i liberali buttano via per parlare di consorzi, unioni, etc, fossero impegnati nel duro lavoro di far girare le idee, i liberali sarebbero molti di più e sentirebbero meno la necessità di network, consorzi ed altre corbellerie.

Parliamo un pò della nostra generazione: chi dovrebbe votare un nostro coetaneo con idee libertarian? Tu da che parte ti schieri?
La vasca da bagno è di destra e la doccia è di sinistra. Io non so per chi uno dovrebbe votare. Dipende da qual è la issue che ritiene più importante. C’è chi vota per la politica estera, chi vota per la sicurezza, chi vota per la politica economica (nel qual caso, un liberista integrale può giusto astenersi o votare scheda bianca...), chi vota perché gli sta simpatico o antipatico Berlusconi. Non sono un politico, non m’interessa convincere nessuno a votare per Tizio o per Caio. Ci sono persone capaci e di idee sane in entrambi gli schieramenti. Sono poche, in entrambi gli schieramenti.

Perchè proprio Il Riformista?
Il Riformista è un bel giornale, un giornale di idee, diretto da un bravissimo giornalista che per istinto è quasi sempre dalla parte della libertà economica. Ne conoscete altri?

Giovani e... valori: 3 buone ragioni per cui un ragazzo della nostra età debba dirsi oggi orgoglioso di essere italiano. (Non dire la pizza, il sole o la nazionale! :).
Dovreste chiederlo a un ragazzo della nostra età che si sente orgoglioso di essere italiano. A me capita di essere nato in Italia. E’ un fatto, non un vanto.

La colpa maggiore della nostra generazione e la nostra migliore virtù.

Esistono solo gli individui, non le generazioni. La nostra generazione, con tutti i suoi difetti, ha l’immenso pregio di esserne consapevole.

Giovani e... prezzi: in tempi di recessione il comparto fast-food in Italia sta avendo risultati record. Tuttavia nel nostro paese riusciamo ad arrivare al paradosso: anche in un settore come questo, simbolo del capitalismo e del mercato, da noi non esiste concorrenza a McDonald, tranne qualche isolato Burger King. Come è possibile?
Non credo che si possa accusare McDonald’s di praticare prezzi di monopolio. Il fast-food è una cosa relativamente nuova per la nostra cultura. Probabilmente il mercato non è in grado di sopportare di più che McDonald’s. Non ce li vedo, gli italiani che fanno la fila per un cesto di pollo fritto. Se un imprenditore vuole provare a offrire loro servizi del genere, è libero di farlo. Se nessuno lo fa, probabilmente non c’è mercato.

Giovani e... istituzioni: come sta lavorando Giorgia Meloni? La conosci personalmente?
Non conosco Giorgia Meloni, che mi sembra una persona molto determinata e capace. Credo sia uno scandalo che esista un Ministero come il suo.

Giovani e... futuro: ha ragione Facco che dice che questo paese è in "via di sottosviluppo" oppure non tutto è perduto?
Questo è un Paese con molti problemi. Uno di questi problemi è la sua vocazione all’arte d’arrangiarsi, che denota una flessibilità estrema. Ma l'equilibrista è spesso uno struzzo, ahimé.
Detto questo, ci sono realtà straordinarie, in Italia. Imprese fantastiche, imprenditori strepitosamente capaci, professionalità di prim’ordine. Servirebbe un po’ d’ossigeno. Certo, non è all’orizzonte nei prossimi tre, quattro, cinque anni. Ma non è detto che si spalanchi qualche finestra di opportunità.

Valore legale del titolo di studio: ci sono margini per un dibattito in Italia su una VERA riforma universitaria? C'è chi contesta che uno studente bravo ma indigente non potrebbe pagarsi un università "costosa" e per di più in traferta. Come giudichi questa obiezione?
Non è un’obiezione, è una stupidaggine. In America c’è un sistemauniversitario con importanti caratteristiche “di mercato”, e ci sono diseguaglianze sociali più evidenti che da noi. Eppure, per chi viene da una famiglia povera ma è capace ci sono infinite borse di studio.
Avere l’università sotto casa è diseducativo. Bisogna mollare gli ormeggi. Se uno non sente il bisogno di rischiare a vent’anni, a quaranta cosa farà? Se ne starà tappato in casa a vedere la televisione da mane a sera?
Un nostro coetaneo americano ha fatto un’università più costosa, ma molto spesso ha lavorato per pagarsela. Ha fatto internship, e magari servito caffé o lavato macchine. Ha un titolo di studio più spendibile, per cui ha dovuto fare più fatica, ma anche un’esperienza di vita più ampia. E ha imparato il valore del denaro, sa che il quattrino deve essere rispettato.

Un uomo da stimare del passato più remoto, uno del novecento e uno attuale.
Si possono fare centinaia di nomi, e ogni nome lascia il tempo che trova, perché, per nostra fortuna, l’umanità è anche una costellazione di individualità straordinarie. Stiamo nel mio modestissimo cantuccio. Richard Cobden, che ha sconfitto il protezionismo. Ralph Harris, i cui straordinari successi ci ricordano e ci dimostrano che dedicarsi alla battaglia delle idee non necessariamente è tempo perso. Mohamed Yunus, per aver dimostrato che contro la povertà non c’è nulla di più efficace di ricette di mercato.

Ti invitiamo a fare un saluto alla nostra redazione e a proporci una nota di ottimismo!

E’ un momento difficile, ma non è scritto da nessuna parte che le nostre idee debbano continuare a perdere. Dipende da come le si porta avanti, dall’entusiasmo, dalla determinazione, dalla voglia di non arrendersi di ciascuno di noi. Poi non siamo noi a scrivere i destini del mondo, ma anche per essere sconfitti bisogna prima combattere. Forza e coraggio!

D.M. e Jimmy Landi