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AVATAR, IL VUOTO OLTRE LA TECNICA

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Premetto che non ho visto Pocahontas e che plaudo comunque alla parodia di Avatar che circola in rete. Si registrano circa 1,860 Mld di dollari incassati. Cameron ha superato se stesso. Ma realmente? Dobbiamo prenderlo solo come un episodio di buona comunicazione mediatica o possiamo cercare di fermare il nulla che avanza?

Su Avatar vorrei spendere cinque minuti
principalmente per non vanificare tre ore regalate a James Cameron. E con la metafora che il tempo è denaro metto a tacere gli anticapitalisti che hanno applaudito alla disfatta degli uomini da parte della tribù celeste.
La trama c'è, ma si risolve nella primissima parte del primo tempo, quando lo spettatore ha finito di cogliere le citazioni di altri film e può agilmente estrapolare l'evoluzione e il finale obbligato. Lascio a voi cogliere le citazioni sennò, davvero, non c'è più gusto di vedere il film.  

 

 

 

La produzione di Avatar ha messo in piedi un poderoso sistema informatico che lascia ai disegnatori enorme capacità di inventiva, infatti quello che prende dall'inizio è seguire le trovate di design e tecniche, magari ingegnose ma già viste, come tutto il paesaggio della terra di conquista degli Avatar (un tempo lo si faceva con i cartoni animati, cambiano i mezzi, il fine evasivo è lo stesso). A fianco di questo nessuna articolazione particolare della storia. Per esempio la pietra che l'uomo invasore vorrebbe conquistare (ma non la conquista ovviamente, perchè conquista è sinonimo di "cattivo", ovvio, no?) non si sa neanche per quale motivo sia così ricercata. La Criptonite aveva almeno un suo perchè.

Il meccanismo degli Avatar si inceppa solo quando emergono i sentimenti, che non erano stati previsti dal piano umano, piano allo stesso tempo di conquista e di ricerca scientifica. Ma qualcosa di simile non si era visto nella Blade Runner del buon Ridley Scott? L'uomo non ha imparato la lezione? in Avatar manca quella complessità di sentimenti-risentimenti che fa degli androidi qualcosa di quasi filosofico e molto antropologico, fosse anche per gli evidenti contrasti. Non voglio fare un torto a Blade Runner avanzando un confronto che non reggerebbe neanche sui giornaletti di moda, ma con questo evidente riferimento, il semplice binomio amore-gisutizia è insufficiente.  

Non parliamo del panteismo da new-age che impera, nè dell'ambientalismo che ci farebbe avanzare un parallelo con i Puffi (pure per colore e dimensioni fuori-norma della tribù sotto attacco). E se poi, per non dare seguito a un gioco troppo facile, non volessimo parlare neanche dell'anti americanismo (e anti-bushanesimo) che imperversa, cos'altro rimane del film degli incassi miliardari?  

Nel primo tempo c'è  l'addestramento, nel secondo la battaglia. Al centro l'innamoramento. E' deprimente notare come non vi sia un contenuto, nè una forma, ma solo un tripudio e un inchino alla Tecnica, che si fa anche più bella della Scienza. Il contrario delle esigenze umane: non per altro il protagonista resterà nella tribù celeste.
Ma cerco ostinatamente un messaggio, visto che neanche i tecnici degli avatar hanno imparato dal creatore degli androidi a prevedere i bug di sistema. Per avere tutto sotto controllo occorrerebbe essere macchine, rinunciando all'imprevedibilità dei sentimenti e delle capacità inventive che da questi scaturiscono. Meglio Blade Runner. O Pocahontas.

Saba Giulia Zecchi