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Addio a Joachim Fest, maestro di Storia


La biografia di Hitler, a cura dello storico tedesco, apparve negli anni '70 quando ormai si credeva che sul nazismo si fosse detto tutto e il contrario di tutto e l'opinione pubblica mondiale in generale, e tedesca in particolare, si cullava in questa assoluta certezza.

Ma il compito dello storico non è essere custode di una memoria "ufficiale" più possibile condivisa ma di costruire "una cronaca", più possibile aderente a quella che era la realtà dei fatti.
All'epoca dell'uscita la sua biografia sul Fuhrer diede notevole scalpore: non solo il dittatore nazista era un essere umano e non un mostro alieno, ma veniva descritto con dovizia di particolari perfino nella vita privata.

La sua era una ricerca storica che tendeva a smitizzare il nazismo svelandone l'essenziale aspetto "burocratico": colse così i personaggi che caraterizzarono il regime nella loro veste quotidiana, forse aiutato dagli studi di Hannah Arendt (di cui in seguito lui stesso scrisse la biografia) la sociologa tedesca che all'epoca del processo ad Eichmann colse per prima il concetto fondamentale della "banalità del male", un male troppo spesso mitizzato e idealizzato.

Il male è intorno a noi ma non ha le corna nè il forcone. Il male puo presentarsi in giacca e cravatta o in uniforme delle SS, e puo compiere gesti scontati, non eclatanti, gesti semplici, naturali come la logica da ragioniere che porto l'ideatore della soluzione finale a ideare la catena di montaggio dello sterminio di massa.
Disse in una celebre intervista: "Mi sono convinto, dopo aver studiato Hitler per alcuni decenni, che il male esiste e che, a volte, puo presentarsi sul palcoscenico della storia con le sembianze di un essere umano. Con Hitler crollano tutte le illusioni dell'illuminismo sulla bontà degli uomini. E' la cosa più importante e più amara che ho capito".

La sua educazione gli impedì di diventare nazista: nella sua recente biografia, "Ich nicht" ("Io no") confessa di aver fatto parte in gioventù delle Waffen SS. Ma chi non c'era dentro?
Perfino Gunter Grass, icona di una certa sinistra, con cui Fest polemizzo recentemente, disse che ogni giovane tedesco, lui compreso, aveva indossato la divisa bruna. Anche Joseph Ratzinger. Lo storico tedesco gli rispose che al nazismo si poteva dire di no. aggiungendo: "Da Grass non comprerei un'auto usata".
Joachim Fest, di famiglia borghese prussiana era un conservatore e non ne fece mai mistero: già nel 1976 la sua voce fuori dal coro accusava una certa sinistra "...di fascismo impregnato di antisemitismo proprio di un atteggiamento radical-chick". Quanto ci suonano attuali e veritiere ancor'oggi quelle sue parole di allora.

Joachim Fest rimase per tutta la vita un'intellettuale lontano dalla ribalta mediatica, rare le sue apparizioni in TV, altrettanto rare le sue interviste. Un uomo discreto, come dovrebbe essere uno storico per non contaminarsi con le ideologie dell'epoca a lui contemporana e con le tendenze del presente.
"Decisi di scrivere il saggio su Hitler perchè io stesso ero un lettore insoddisfatto. Ed io ho rispetto dei lettori. Il segreto dello scrivere è tutto qui". Un esigenza di verità dunque e di indipendenza intellettuale; quella stessa indipendenza dalle parti che si conquisto fin dalla direzione del "Frankfurter Allgemeine Zeitung", l'unico giornale nel mondo appartenuto appartenuto ad una fondazione e con al vertice un team di sei direttori.

Quella di Joachim Fest, giornalista, scrittore e storico fu un percorso scomodo, in cui per arrivare fino in fondo ci si doveva scontrare con molte accuse. Fra tutte quella di revisionismo: quando da direttore di giornale pubblico un articolo dal titolo "Un passato che non vuol passare" contenente una riflessione molto critica e originale su nazismo e olocausto, si scateno un putiferio. L'autore dell'articolo si chiamava Ernst Nolte, uno storico che avrebbe fatto molta strada ed altrettante polemiche (oggi ingiustificate) accostando la gravità dei crimini di Hitler a quelli di Stalin.
Fest inauguro in germania il così detto "Historikerstreit", la disputa degli storici. In parole povere un dibattito sul nazismo: un concetto prima di allora semplicemente impensabile.

La sua ultima fatica fu la consulenza e l'adattamento cinematografico di alcuni sui testi per il film "Der Untergang" (La Caduta), tratto dal libro di Traudl Junge, giovane segretaria di Hitler che visse in prima persona gli ultimi giorni alla cancelleria prima della resa di Berlino.
Traudl scomparve nel 2002, Joachim Fest ci ha lasciato adesso: gli ultimi testimoni diretti del nazionalsocialismo se ne stanno andando.
Ma l'opera e l'insegnamento dello storico tedesco travalica i decenni e le generazioni, prendendo quel respiro assoluto prerogativa di tutte le grandi opere che, nel mare dell' "ufficialità" e dell'assenza di dibattito, smuovono le acque mettendo in discussione anche cio che si reputava assioma. E' questo procedere che renderà immortale Joachim Fest e la Storia (quella con la S maiuscola) che adesso ci consegna per sempre.

D.M.