/ PAGINE LETTERARIE, ARTICOLI, PAPINI, LETTERATURA, SOFFICI, PREZZOLINI

Un'opera a tre voci. Il romanzo di una vita

Amicizia, Vita e Ritorno. Questi sono i tre temi dominanti un’opera imponente e magnifica che altro non è che la vita di tre uomini eccellenti quali Soffici, Prezzolini e Papini, raccontata attraverso le loro lettere, le loro riviste, le loro vite stesse, così intrecciate tra loro, così legate alla letteratura e l’arte italiana.

Non esiste nessun romanzo vero e proprio (se non "Un Uomo Finito", biografia di Papini, ma che racconta una goccia in quello che è l'oceano delle loro vite), se non quello che piano piano ti si scrive dentro studiando e leggendo cio che hanno lasciato scritto. Romanzo che ha come protagonisti anche altri uomini di spessore incredibile come Marinetti, Ungaretti, Sant'elia, un giovinetto Montale e tanti altri ancora. Romanzo che ha come sfondo una Firenze per l'ultima volta gigante nello scenario italiano.

Di valori e punti saldi nella loro vita i tre toscani ne hanno avuti tanti, sono stati avanguardia, hanno scritto le pagine più importanti della rifondazione della nostra letteratura, ne sono stati il pungolo. Dinamici, mai domi, tre vite assolutamente oltre il normale confine della statura umana cui siamo avvezzi anche tra i grandi di questo secolo. Tre simili menti concentrate in questo fazzoletto di terra che va da Poggio a Caiano e arriva a Firenze, che d'estate animava i lidi di Forte dei Marmi. (Avrete capito quanto di me leggo in questi uomini).

Ecco, quello di cui voglio parlarvi è l'ultimo capitolo di questa storia. Quello della morte di Papini. Dei tre all'epoca il più grande e famoso, oggi dimenticato, ma allora punto di riferimento di tutta la letteratura italiana.
L'ultimo capitolo riassume tutti gli altri, per intensità umana e per i valori descritti e cioè l'amicizia, l'attaccamento alla vita e il tema del ritorno. Il tutto splendidamente dipinto in questa lettera di Giovanni Papini che vi riproporro.
Di Papini vi ho già detto l'importanza: nel 1955 ormai è costretto a letto da un'infermità totale. Non puo muoversi essendo paralizzato, è cieco, si esprime ormai malissimo. Ma dentro ancora arde di vita e continua a scrivere attraverso la figlia a dispetto di coloro che oggi gridano all'eutanasia. Papini morirà l'anno successivo, ma non prima di aver infine rivisto l'amico caro.

Prezzolini aveva abbandonato l'Italia da tanti anni senza farvi più ritorno. Un autoesilio, stufo dell'Italia e degli Italiani. Non aveva più rivisto gli amici e le sue terre, anch'egli dimenticato dopo essere stato uno degli animatori della stagione delle riviste. Continuavano a scriversi Papini e Prezzolini, fino al giorno in cui quest'ultimo comunica il suo ritorno a seguito della lettera qui riportata. Prezzolini morirà molto dopo più che centenario. Ecco la lettera, toccante e viva, di Papini.

"Caro Giuliano,
vorrebbero che io scrivessi, a distanza di quarantaquattro anni, una specie di appendice al famoso capitolo che ti dedicai nell'Uomo Finito.
Non posso e anche se potessi non vorrei. L'amicizia ha il suo pudore che è più delicato di ogni altro perchè riguarda l'anima e basta.
Nel 1911, quando scrissi il capitolo intitolato Giuliano, potevo illudermi che il mio libro fosse una specie di romanzo di avventure intellettuali e che tu fossi un personaggio immaginario, almeno per i lettori. Ora le cose sono profondamente e radicalmente cambiate. Tutti sanno chi siamo e cosa abbiamo fatto, poco o molto che sia. Siamo tutt'e due vecchi, tu vecchio incredibilmente giovane e operoso ed io vecchio sepolto innanzi tempo dalla crudele e quasi totale decadenza della carne. Eppure, a dispetto di questa opposizione e diversità di destini, riusciamo a comunicare tra di noi e a volerci bene. Ma questo è affar nostro e gli estranei, anche se amici, non possono sapere quello che noi soli sappiamo. Un'amicizia nata nel 1899, cioè cinquantasei anni fa, che ha resistito a separazioni e a tempeste, a rivoluzioni di pensiero e a guerre di idee, un'amicizia tra due uomini diversi tra loro per origini e natura, per gusti ed istinti, per opinioni e per fedi, per sentimenti del cuore e per abitudini della mente, tra due uomini che a momenti sembrano il contrario l'uno dell'altro, ha qualcosa di misterioso e miracoloso ed io non ti vedo e non ti parlo dal 1939 e sono ormai certo che non c'incontreremo mai più. Capisco perfettamente perchè tu non abbia voglia di tornare in Italia ma tu devi capire e perdonarmi se ti dico che uno dei dolori che più mi tormentano in questa vigilia della vita è proprio questo, cioè la certezza che non potro più ascoltare la tua voce nè stringere la tua mano. E' una delle tante debolezze di un vegliardo infermo e percosso dalla sventura e tu vorrai compatirlo. Ma tutte le terre e tutti i mari che si frappongono fra di noi non c'impediscono di conversare liberamente e di sentirci vicini l'uno a l'altro come quando, mezzo secolo fa, si andava rapidi e soli per le strade della campagna fiorentina, parlando con allegra concitazione delle nostre scoperte e dei nostri giorni".

C.Z.