La ricerca della felicità

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<p> VOTO: 6
<p>Nella dichiarazione di indipendenza americana la “ricerca della felicità” è citata al terzo posto, dopo la vita e la libertà. L’ordine non è casuale, Jefferson era portatore di un messaggio al cui interno c’era tutto il dna degli Stati Uniti. Senza l’amore per la vita non ci puo essere la libertà e la libertà è il presupposto fondamentale per la ricerca della felicità.
La prima felicità è quella di Muccino che arriva a Hollywood e firma un buon film (di destra, perchè no) come ci si aspettava da lui, ma meglio dei precedenti soprattutto perchè la storia è bella e vera e a recitare c’è Will Smith e non Martina Stella.<p>Siamo nel 1981 e un Reagan appena eletto parla alla Tv circa la situazione drammaticamente reale dei conti americani ereditata dall’amministrazione Carter. Sarebbero stati necessari scrifici ma gli States grazie alla sua guida avrebbero sterzato davvero. Nel film la risalita di un intero paese va di pari passo con quella di Chris Gardner, un venditore di colore in perenne bancarotta che si ritrova da un giorno all’altro abbandonato dalla moglie con un figlio da mantenere e che per sei mesi, il tempo dello stage ad una prestigiosa società di consulenza finanziaria di San Francisco, passerà le notti nei rifugi per senzatetto e perfino nei bagni della metropolitana, fino a che la sua tenacia e il suo talento saranno premiati.
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<p> “Le persone che ti dicono che non sai fare qualcosa è perchè loro stesse non lo sanno fare. Insegui sempre i tuoi sogni.” E’ questo l’insegnamento di Chris al figlio ma in Italia questo film potrà risultare incomprensibile per varie ragioni: la prima è che la ricerca della felicità di cui Muccino ci parla è una ricerca (e una felicità) tipicamente made in USA che nello Stivale potrebbe perfino far gridare allo scandalo certa stampa di sinistra ancora nostalgica di certi piani quinquennali in cui tutti erano uguali in coda per il pane.
La ricerca a stelle e strisce è quella che ti fa emergere ed avere successo e il successo è il successo economico e la felicità è derivata da quest’ultimo. Nel bene e nel male, ma non siamo qui per giudicare.
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Secondo motivo perchè in Italia questo film resterà incomprensibile è perchè una storia del genere da noi non sarebbe mai potuta accadere. Aldilà di Gardner, gli States sono pieni di vicende di successo e molte belle storie di immigrati italiani, che oltreoceano hanno trovato la loro fortuna, sono lì a testimoniarlo. Da noi chi nasce emarginato emarginato ci resta, la mobilità delle classi, possibile in america grazie al concetto, fondante, della meritocrazia, da noi non solo non è attuabile ma purtroppo risulta anche culturalmente incomprensibile.
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D.M.</p>