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Statalisti nostrani e profeti di sventura globali

Caro Stagnaro, dopo l'avvento al governo, Prodi e Bersani, hanno promesso una stagione di liberalizzazioni: tassisti, farmacie, benzinai. Cosa è rimasto?
E' rimasta la delusione per un tentativo fallito. Il primo decreto Bersani, nell'estate 2006, aveva in effetti introdotto molti elementi positivi - penso in particolare alle norme relative alla distribuzione dei farmaci da banco e alla riforma degli ordini professionali - e aveva alimentato la legittima aspettativa che, finalmente, con la seconda tornata di liberalizzazioni si sarebbe messo mano ai dossier più pesanti e cruciali (energia, telecomunicazioni, servizi pubblici locali, una seconda "botta" agli ordini professionali, eccetera). Invece, purtroppo, il secondo decreto e i ddl promossi dal ministro dello Sviluppo economico (la cosiddetta lenzuolata) hanno un tasso di liberalizzazioni bassissimo. Contengono alcuni provvedimenti positivi (in particolare in tema di semplificazioni amministrative) e altri interventi di cui, francamente, non si sentiva certo la mancanza. Ma di liberalizzazioni neanche l'ombra, come abbiamo rilevato in un Position Paper dell'Istituto Bruno Leoni (http://brunoleoni.servingfreedom.net/PP/IBL_Position_Paper_06.pdf). In alcuni casi, per esempio gli ordini professionali o il gas naturale, si è assistito addirittura a vere e proprie marce indietro.

Ci hanno raccontato che i provvedimenti della famosa 'lenzuolata' di Bersani porteranno delle liberalizzazioni che potranno estedersi a settori importanti come l'energia.
Ne dubito, per le ragioni appena citate. La "lenzuolata" non ha nulla a che vedere con le liberalizzazioni. Per quel che riguarda il gas, mi pare che Pierluigi Bersani abbia assunto una posizione ambigua, formalmente favorevole alla separazione della rete dall'ex monopolista ma nei fatti tesa a prender tempo, dunque ritardare la liberalizzazione effettiva del settore. E poi il governo non sta facendo nulla per sciogliere il nodo degli investimenti, che in un certo senso è la grande madre di tutte le liberalizzazioni: finchè alle imprese non sarà consentito di affrontare investimenti senza dover attraversare una via crucis decennale (o peggio) fatta di autorizzazioni concesse e poi ritirate, ricorsi, voltafaccia amministrativi, eccetera, sarà difficile vedere dei benefici concreti e un mercato autenticamente libero.

In una logica naturale di libero mercato, sarebbe possibile definire 'libealizzazione' un provvedimento del governo che impone ad una società privata un prezzo, come nel caso delle ricariche telefoniche?
Certo che no: in quel caso il governo ha semplicemente replicato il vecchio schema del controllo dei prezzi. Uno schema che non funziona e, nella misura in cui funziona, produce danni.

Quali sono secondo te veri provvedimenti di liberalizzazioni necessari all'Italia?
Quelli che dicevo prima: anzitutto semplificare e linearizzare le procedure amministrative, soprattutto in relazione ai grandi investimenti (centrali elettriche, rigassificatori, eccetera). Poi un'effettiva separazione delle reti - gas, tlc, elettrica, ferroviaria, eccetera - dagli operatori del settore, con la contestuale uscita dello Stato. Infine, la liberalizzazione dei servizi pubblici locali, con l'istituzione del principio per cui tali servizi vanno affidati tramite gara, e la separazione delle reti dagli operatori anche a livello locale, quando queste siano eredità dell'epoca del monopolio. A monte di tutto cio, naturalmente, devono stare le privatizzazioni di tutto quello che ancora rimane di proprietà pubblica.

Come giudichi il comportamento di un governo così 'liberale' nel caso Telecom Italia - AT&T American Movil?
Lo giudico come il comportamento di un governo che è in realtà ostaggio di pregiudizi statalisti e nazionalisti. E aggiungo che la sensazione, dopo quasi un anno di governo, è che la maggioranza di centrosinistra sia alcentro di una rete di conflitti di interessi non dissimile da quella che veniva, giustamente, criticata nell'esecutivo precedente.

In quali paesi, oltre alla vecchia Europa continentale, è possibile l'intervento della politica sulla vendita di una società privata quotata in borsa come Telecom?
Probabilmente è possibile in molti paesi, compresi gli Stati Uniti - ricordi la guerriglia politica del Congresso contro Cnooc, la compagnia cinese che voleva acquisire l'americana Unocal? Questo pero non significa che tali comportamenti facciano bene alla credibilità, all'economia e alla competitività del paese. Inoltre, le raffiche ad alzo zero contro AT&T e America Movil sono doppiamente ridicole, perchè è evidente che tali compagnie avrebbero per Telecom Italia un progetto industriale.

Da liberista, aiutaci a sfatare il dogma (a uso del popolo!) dell'italianità..
E' molto semplice: alzi la mano chi, cliente di una compagnia telefonica diversa da Telecom, si sente maltrattato a causa della carta d'identità degli azionisti. O, più banalmente, alzi la mano chi, andando a comprare, per esempio un computer, trova che quelli prodotti all'estero siano più scadenti, in quanto prodotti all'estero, di quelli italiani.
In realtà il cosiddetto popolo è molto più saggio dei suoi governanti: sceglie i prodotti di cui ha bisogno in base al rapporto qualità/prezzo, non in base alla nazionalità. Chi agita il dogma dell'italianità, vuole impedirvi di comprare i beni o i servizi migliori, supponendo che un prodotto peggiore sia preferibile in quanto batte bandiera tricolore.

Domani ti chiama Berlusconi e ti dice: 'Stagnaro mi servono da lei 3-4 proposte economiche che rivoluzionino economicamente l'Italia, facendo correre lo sviluppo'.
Non è difficile individuare proposte di questo genere: è difficile selezionarne solo 3 o 4! In ogni caso, penso che i provvedimenti più urgenti riguardino la riforma fiscale (con l'introduzione, idealmente, della Flat Tax), la riforma dello stato sociale (che vuol dire, soprattutto, iniettare forti dosi di mercato nei sistemi sanitario e pensionistico), le liberalizzazioni (a partire da energia, telecomunicazioni e servizi pubblici locali), e un serio ripensamento della pubblica amministrazione (compresa una progressiva riduzione dell'organico).

Vorremo dedicare molte domande anche alla questione ambientale ma, per ora, potresti farci un breve quadro della situazione che va, secondo tipi come Al Gore, verso la fine del Mondo a causa dell'uomo bianco avido e cattivo?
Semplificando all'estremo, sono tre i punti di contrasto: uno scientifico (la natura del riscaldamento globale e l'impatto della componente antropogenica), uno economico (il rapporto costi/benefici delle strategie di mitigazione) e uno politico. Vorrei soffermarmi su quest'ultimo, che è quello fondamentale dal mio punto di vista.
La sensazione è che gli "allarmisti" - scientifici ed economici - puntino soprattutto all'adozione di politiche di controllo delle emissioni. Cosa significa questo?
Controllare le emissioni significa pianificare la produzione e il consumo di energia, e attraverso di esso gran parte della vita della gente. Se anche le tesi catastrofiste fossero vere - se cioè l'azione umana fosse la causa di un riscaldamento globale disastroso, e quest'ultimo avesse dei costi umani e ambientali enormi - cio non sarebbe sufficiente a giustificare l'adozione di politiche motlo costose - potenzialmente più costose dei benefici che possono generare - e soprattutto tali da produrre effetti indesiderati quale la rimozione degli incentivi corretti allo sviluppo e alla crescita.
Al contrario, io credo che quando si parla (magari a ragione) degli effetti del riscaldamento globale sui paesi poveri non ci si rende conto che il vero problema non è il riscaldamento globale (che in fin dei conti, banalizzando, vuol dire che tempo farà tra cent'anni...) ma la povertà. Quindi, proprio perchè l'ambiente è una questione seria, sarebbe importante concentrare i nostri sforzi sulla rimozione delle barriere all'adozione di tecnologie pulite ed efficienti, che vuol dire espandere, non ridurre, gli spazi di mercato.

Ascoltando e leggendo i principali media del paese, sembra che le fosche previsioni dei fondamentalisti verdi siamo inequivocabilmente supportate dalla scienza.
E' vero che ci sono scienziati che accreditano le profezie di sventura. Ma ce ne sono anche molti altri che non lo fanno. E soprattutto, finora nessuna profezia si è mai realizzata - la cosa stupefacente, quindi, è che certi soggetti siano ritenuti ancora credibili. Tanto più che il sostrato politico è chiarissimo. Il rapporto "Living Planet 2006" del Wwf, per esempio, dice che un solo paese al mondo è in linea coi principi dello sviluppo sostenibile. Quale? Cuba!

Qual'è quindi la reale portata del "pericolo ambientale" e quanto noi possiamo influire nella 'cura'?
La reale portata sta nell'eccessiva vulnerabilità, soprattutto nei paesi poveri. L'unico strumento di reazione efficace è lo sviluppo: sviluppo vuol dire debellare alcune minacce (come la malaria), alleggerire il nostro impatto sull'ecosistema (grazie a tecnologie più pulite ma più costose, che solo una società ricca puo permettersi), e migliorare le nostre capacità di resistenza ai disastri.

Credi che il think tank di cui sei stato fondatore e di cui sei parte importante, l'Istituto Bruno Leoni, possa diventare una sorta di Heritage Foudation per il centrodestra italiano? Sarà capace la politica italiana di avvalersi di un serbatoi di idee così importante mettendo da parte i propri interessi? (Noi lo speriamo con tutto il cuore!)
Il senso del nostro lavoro è proprio quello di produrre analisi e proposte per convincere i riottosi, o dare strumenti agli uomini di buona volontà, a premere perchè siano adottate (o almeno discusse) riforme di mercato.
Devo dire che, finora, abbiamo riscontrato una grande sensibilità sia da parte di esponenti del centrodestra che del centrosinistra, ma le coalizioni in quanto tali sembrano impermeabili alle idee liberali, con qualche eccezione. Per esempio, la Cdl pareva interessata alla riforma fiscale, l'Unione alle liberalizzazioni: purtroppo, pero, tra un generico interesse per questi temi e la capacità concreta di incidere sulla realtà italiana c'è non il mare: l'oceano.

Ti abbiamo stressato abbastanza, quindi solo un ultimo quesito: devi consigliare un libro per aprire la mente ad un giovane che esce dal tritacarne dell'ideale di libertà, ovvero la scuola italiana. Cosa gli raccomandi di leggere?
Uno solo? "Il Signore degli Anelli" di JRR Tolkien. Se posso dirne altri due, "Il conte di Montecristo" di Dumas e "La Luna è una severa maestra" di Heinlein.

J.Landi