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Sopravvivere in Zimbabwe

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ma è possibile che un paese raggiunga un tasso d'inflazione del 1.600 per cento? E' da questa domanda che partiamo nel nostro viaggio attraverso quanto sta avvenendo nello Zimbabwe negli ultimi mesi. Sono infatti quattro le cifre che servono per quantificare la crescita annua dei prezzi in questo stato africano e almeno due per quella mensile, dato che il tasso minimo è del 50 per cento: siamo di fronte ai valori più alti registrati in tutto il mondo e che sono stati conosciuti in Europa soltanto ai tempi della Repubblica di Weimar. Insomma, l'inflazione a due cifre degli anni ottanta è davvero nulla a confronto di quanto sta avvenendo oggi in Zimbabwe.

Per avere un idea di cosa significhi un inflazione cosi alta basti pensare al fatto che il paniere tipico di una famiglia media ha raggiunto in gennaio i 1.835 dollari americani mensili per arrivare in febbraio a 2.744 US $, là dove il reddito annuo pro capite al 2005 era stato di 2.607 US $!
Si capisce perfettamente che una situazione di questo tipo non puo essere sostenibile a lungo.
Lo Zimbabwe è colpito da una profonda crisi economica e gli effetti più immediati sono stati, oltre alla crescita incontrollata di prezzi e salari, l'esplosione della disoccupazione (si stima un tasso dell'80 per cento!) e della povertà.

Un'inflazione cosi alta annulla un'importante funzione della moneta stessa, cioè l'essere riserva di valore, provocando un crollo del valore dei risparmi e quindi degli investimenti. Ma l'aspetto forse più preoccupante è che il paese ha registrato un forte peggioramento delle condizioni sanitarie che va ad aggravare una situazione resa già difficile dalla diffusione dell'AIDS.
Da un punto di vista macroeconomico la produzione ha registrato pesanti arretramenti a partire dal 2005 e le previsioni per il 2007 sono fortemente negative.

I settori principali dell'economia sono la produzione mineraria e l'agricoltura ed in entrambi i casi il sistema è al collasso. L'industria mineraria è inadeguata a sostenere le pressioni dei mercati internazionali: è stato sufficiente un forte aumento del prezzo dei minerali (oro, platino, ecc.) a livello internazionale per determinare un crollo della produzione interna accompagnato da un aumento dei costi di produzione. Questo ha causato a sua volta una forte contrazione delle esportazioni con conseguenze devastanti sulla bilancia dei pagamenti: aumento dell'indebitamento nazionale e riduzione delle riserve in valuta estera. Un recente studio di un istituto di ricerca indipendente ha evidenziato addirittura come lo Zimbabwe sia il peggior paese per gli investimenti nell'attività mineraria.

Per quanto riguarda la produzione agricola essa è a finalità quasi esclusivamente di sussistenza e la superficie coltivata è solo del 7.5 per cento. Inoltre questo settore attende un'efficace riforma agraria che permetta di evitare le frequenti carestie che colpiscono la popolazione. In questo senso gli organismi internazionali premono affinchè il paese riesca ad utilizzare le proprie riserve per importare beni alimentari e riesca a migliorare il sistema distributivo degli aiuti alla propria popolazione.

I motivi principali che sono stati individuati alla base della catastrofe dello Zimbabwe sono l'indebitamento dello Stato, l'assenza di controllo nella crescita della moneta, la corruzione del regime dittatoriale di Mugabe, la forza del mercato nero, l'insufficienza delle riserve in valuta estera e la distorsione delle aspettative sull'economia. Sono frequenti le insufficienze nell'approvvigionamento del cibo, dei combustibili, dei beni di consumo essenziali e delle materie prime a fini industriali, inoltre, l'incertezza sui diritti individuali, e quindi sul diritto di proprietà, peggiora le aspettative sul futuro deprimendo gli investimenti.

Le soluzioni proposte, in particolar modo dal Fondo Monetario Internazionale, e poi anche dallo stesso governo nazionale prevedono un insieme di misure drastiche ma tuttavia di difficile attuazione. Si tratterebbe di intervenire sulla crescita della massa monetaria, (rallentandone il ritmo folle degli untimi mesi) creando un piano pluriennale che raffreddi l'inflazione. Sarebbe poi necessario procedere all'attuazione di profonde riforme strutturali sia nel settore pubblico che in quello privato.

Rispettare le previsioni di budget (ridurre cioè le inefficienze derivate dalla corruzione) significherebbe quindi concentrare la spesa pubblica nell'acquisto dei beni primari, quali cibo, infrastrutture sanitarie e medicinali e dare il via alla riforma delle infrastutture civili e del settore agricolo. La strada per riuscire a risollevare il paese è quindi molto lunga ed è resa quasi impossibile dalla classe politica che sta guidando il paese, sorda ad ogni appello che gli viene rivolto dall'esterno. Tuttavia il tempo a disposizione è breve e senza segnali di svolta coraggiosi il collasso totale dello Zimbabwe diventerà inevitabile.

Simone Scarlini

Fonti:
www.imf.org
www.zimonline.co.za