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Per un Tea Party medievale

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

«La pratica del commercio riconcilia le nazioni, spegne le guerre, rinsalda la pace e trasforma i beni privati in benefici per tutt
Ugo di San Vittore (1096-1141)

Il 20 maggio si è tenuto a Prato il primo Tea Party italiano. Tanti giovani dallo spirito libero, grazie all’idea e al coraggio di D.M., si sono riuniti per protestare contro l'eccessiva pressione fiscale e l'invadenza burocratico-amministrativa che permea ormai le nostre vite. La protesta ha le sue radici nell’America coloniale, quando i coloni organizzarono i primi atti antigovernativi nel 1773: anno del celebre Boston Tea Party.
In Italia, purtroppo, la cultura statale-assistenzialista, cristallizzata nell’idea che si debba essere seguiti dallo Stato dalla culla alla bara, si è talmente radicata non solo nelle menti delle persone che ci circondano ma anche nelle nostre al punto che, per cercare esempi di libertà, si è spesso costretti a guardare verso il continente americano e rifarci appunto al 1773 o ai recenti movimenti popolari d’oltreoceano che a questo si ispirano. Ma c'è anche chi, studiando la Libertà, ha  guardato a noi. E di certo non un autore minore, ma M. N. Rothbard, fondatore del Libertarian Party.

Rothbard ha infatti ripensato il Medioevo come una epoca libertaria, o meglio paleolibertaria. Senza niente togliere ai pensatori liberali e libertari dell'età contemporanea che sono stati chiamati in causa la sera del 20 maggio, si potrebbe allora dire che i nostri antenati siano stati libertari, pur senza saperlo, molto prima di un Rothbard o di un Hoppe!
Il gusto del tè di Prato, è, allora, molto più antico. Affonda le sue radici nel Cristianesimo europeo, nella fusione culturale dei regni romano-barbarici, in Carlomagno, e soprattuto nell'età comunale. Questo caos medievale, in cui la mancanza di un potere assoluto centrale favorì l'emergere di associazioni spontanee di individui che formarono i nuclei dei primi comuni, in cui l'assenza di una burocrazia statale e di pesanti tassazioni sulla proprietà favorì lo sviluppo di una prima e sana borghesia capitalista, altro non è che una testimonianza della vivacità e delle capacità dell’homo faber d’Occidente.

L'individuo, lasciato libero di agire, poté creare con le sue forze invenzioni fondamentali per la nostra vita quotidiana: creò i bottoni, la pasta e gli occhiali, la partita doppia, la lettera di cambio, la banca, l'università e tante altre cose che non avrò elencato ma che potete leggervi nell’interessante libro "Medioevo sul naso - occhiali, bottoni e altre invenzioni medievali" di Chiara Frugoni. (Mentre per una visione anticonformista del Medioevo cito su tutti "Prima dello Stato: il Medioevo della libertà" di Guglielmo Piombini, che raccoglie in appendice anche testimonianze e riflessioni di Cubeddu, Respinti, Lottieri e Adamo).

 

 

Il Cristianesimo entrò in contatto con questo spirito capitalista: i due si influenzarono e poi si fusero; basta pensare alla riflessione sul giusto prezzo nel libero mercato ad opera dalla Scolastica, alla puntuale organizzazione economica dei monasteri o alla difesa della figura dell’imprenditore sostenuta nel Quattrocento dal frate Bernardino da Siena, secondo il quale l’imprenditore incarna le doti di efficienza, responsabilità, laboriosità, assunzione del rischio.
L’aspirazione al successo, all’eccellenza e soprattutto al farsi da sé raggiunse così un punto di massima trascendenza quando Pico esaltò, nell’orazione de hominis dignitate del 1486, il ruolo dato da Dio all’Uomo, il quale, posto dal Creatore al centro dell’Universo è artefice del proprio destino.

Sicuramente la riflessione sul Medioevo è molto più complessa
e presenta luci ed ombre; ma molti luoghi comuni su questa epoca sono ormai stati rigettati anche in ambiente accademico al punto che sembrano essere più bui i secoli dell’evo moderno che non quelli dell’era di mezzo. Dice Marco Respinti rifacendosi alla studiosa Régine Pernoud: «La Modernità è l’atteggiamento ideologico che attribuisce al secolo XIII la ripugnante sporcizia del XVI e di quelli che sono seguiti, fino al nostro tempo».

Riassumendo quanto detto fin ora, Sergio Ricossa descrive così l’epopea della grande borghesia medievale nel simpatico libro "Straborghese": «Il borghese inventa il mercato: macchine e organizzazioni, nuovi prodotti, nuovi modi di vivere. Ma inoltre, quando la campagna feudale gli diventa troppo stretta, inventa il comune, la città libera (di qui il suo nome, da borgo cittadino). Quando la fiscalità del sovrano gli diventa troppo oppressiva, inventa la democrazia (quale ironia che nel tempo il parlamento, invece di controllare il sovrano, si sia fatto più fiscale e torchiatore di lui)».

E così, tristemente, torniamo, torchiati, nella quotidianità; e mentre l’Europa si suicida negando costantemente le proprie radici culturali e resta un carrozzone burocratico e pare un fantasma, un personaggio in cerca d’autore e d’identità, o un albero secco, spoglio e senza radici; ecco che conoscere la propria storia, consocere il patrimonio culturale che sta alla base del nostro modo di pensare, è la ricetta necessaria per costruire questa rivoluzione del Tea Party e far crescere sano e robusto il nuovo germoglio dell’Albero Bianco di Gondor.

I movimenti popolari del Tea Party potranno essere ancora più forti se alla protesta fiscale e alle azioni concrete uniranno una costruzione e una rielaborazione di questo patrimonio culturale: la ricetta vincente, negli States è infatti quella del patriottismo e del fusionismo: Cristianesimo, Cattolicesimo, Liberalismo, Libertarismo e Conservatorismo: realtà che sembrano politicamente e culturalmente distanti, possono invece identificarsi e fondersi così come si fusero, o meglio si originarono, nel medioevo. Messi dunque a tacere i luoghi comuni e le falsità riguardanti questa epoca, possiamo dire che essa fu un età che guardò, nel suo conservatorismo, all’innovazione, non fu una età fatta di rivoluzioni improvvise ma di cambiamenti graduali: all’insegna della tradizione. Ed è da qui che dobbiamo ripartire.

Sono stato felice di sapere che Prato
avrebbe ospitato il primo Tea Party italiano. Prato infatti fu la città di Francesco Datini, un mercante italiano, un mecenate, un politico, un uomo di Fede: un uomo che rappresenta quel percorso ideale e culturale del Medioevo. Ma anche un uomo che ci rappresenta: perché, alla fine, nessuno si è fatto del tutto da sé ma ciascuno di noi, al momento della nascita, riceve un regalo diventando beneficiario dei servizi, delle invenzioni e delle idee provenienti da tutti gli altri esseri viventi e vissuti.

Nel XII secolo dice Giovanni di Salisbury
: «Bernardo di Chartres era solito paragonarci a dei piccoli nani appollaiati sulle spalle di giganti. Egli faceva notare che noi vediamo più cose e più lontano dei nostri predecessori non perché disponiamo di una vista più acuta o di un'altezza maggiore, ma per il fatto di essere sollevati e portati in alto sulla loro imponente statura».
A Prato ci siamo seduti sulle spalle di Francesco Datini e abbiamo provato a guardare più lontano, a pensare alle nostre radici e a trovare così le forze, il coraggio e anche l’autorità per abbattere finalmente quel velo di ipocrisia, assistenzialismo e falso buonismo che ormai ottenebra le menti di tanti italiani. Perché i secoli bui sono, in verità, gli anni che stiamo vivendo. Perché anche noi, come i nostri predecessori, vogliamo lasciare un dono a chi ci seguirà.

Riccardo Cavirani