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PEDAGOGIA UMANA

Quando giocavo da bimba e altri si reinventavano le regole del gioco per avere la meglio, pur consapevole di non avere torto, mi irritavo fortemente, ma non piangevo e pensavo che di giochi ce ne erano a migliaia e quello non era determinante. Era chiaro che davanti alla prepotenza non si stabilisce più un vincitore e un perdente. Giocando con i bimbi da grande, come baby sitter, è capitata la stessa cosa. Loro si inventano le regole, e te, per simpatia, fai finta di niente. Se prendi in mano la situazione è solo per ridere, o meglio, perché sai che si arrabbierebbero ma almeno avranno imparato la lezione! Non so pensare a quella piazza del 3 ottobre in maniera diversa...

Più ci penso e più mi torna: le loro regole; se gli fai vedere che vinci anche con le loro regole, le cambiano, e magari ti canzonano perché ancora non hai capito chi è il più forte e che sono loro a decidere. Tu sorridi, ti scrolli il momento di screzio dalle spalle e ti giri. No, non puoi, ci restano male e se ne inventano un’altra. Come quella di Minzolini, che bontà sua, ha voluto mettersi a tu per tu con loro, sapendo che si sarebbero risentiti, ma almeno avrebbe chiarito le cose agli osservatori esterni. Ecco, ora sembra che lui non avesse voce in capitolo. “Ma non è giornalista anche lui?” e ti risponderebbe il bambino che ha inventato il gioco: “guarda che nelle regole c’era scritto che il direttore del Tg1 non può partecipare”…. Una cosa non ritengo tollerabile: si sentono sotto dittatura. Le cose hanno preso una piega diversa da come sono andate per anni, dove spadroneggiava il pensiero unico. Oggi che qualche cosa cambia, a piccoli passi e per andare verso la normalità, gridano.

 

Parlare di dittatura è irritante e offensivo. Le dittature illiberali creano sofferenza, asfissia, per non parlare di rappresaglie e epurazioni (parlo con il presente storico). Davanti alla leggerezza con cui usano questo termine, mi viene da dire che quella piazza fosse piena di bambini sbraitanti e viziati che non sanno cos'è la prospettiva storica, che si credono adulti ma stanno solo giocando. La riflessione sul tema della libertà, al momento e chissà ancora per quanto tempo, non può averli come interlocutori. Ciò non toglie che, davanti all’evidenza, chi vuole approfondire e confrontarsi vedrà facilmente in quale direzione andare. (Almeno me lo auguro!).

Saba Giulia Zecchi