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Munich


E' l'alba del 5 settembre 1972, a Monaco di Baviera, un commando palestinese di terroristi, "Settembre Nero", entra nel villaggio olimpico dove riposano gli atleti delle Olimpiadi. Si dirige nell'ala riservata alla delegazione israeliana e con la forza prende in ostaggio 11 atleti. Due muoiono subito.
Dopo estenuanti trattative, gli uomini di "Settembre Nero" ottennero di prendere un aereo dall'aeroporto civile di Monaco, grazie al quale sarebbero giunti a Il Cairo e dove, in cambio della liberazione di 200 prigionieri palestinesi, avrebbero rilasciato gli ostaggi. Ma la situazione precipito, e i tiratori scelti tedeschi fecero fuoco sugli attentatori, provocandone la reazione e il linciaggio dei 9 atleti israeliani.

"Munich" è il resoconto, ispirato a fatti realmente accaduti, di cio che avvenne dopo. Di come il Mossad si decise ad inviare in tutta Europa un gruppo di uomini con il preciso compito di eliminare tutti i sospettati di aver organizzato l'attentato al villaggio olimpico: questa è la loro storia.
Molte critiche sono state rivolte a Spielberg e al suo film. Soprattutto da parte di associazioni israeliane ed ebraiche, che rimproverano al regista di aver mostrato in modo troppo drammatico l'accanimento degli agenti del Mossad contro i presunti terroristi, senza ricordare con adeguata l'importanza la responsabilità morale e politica di Israele, e della giustificazione di quelle azioni, resesi necessarie a risposta di un attacco criminale, gratuito e drammatico.

Spielberg, invece, mostra un lato umano che pochi, tra coloro che sono a conoscenza delle lotte tra intelligence che insaguinavano l'Europa in quegli anni, conoscono.
"Munich" ci dice, con 35 anni di anticipo, dell'inutilità della rappresaglia continua e mirata. Nel lungo tempo, come prevede il protagonista del film, nulla cambierà: gli uomini passano, ma la lotta resta. Il giovane agente del Mossad, alla fine, sarà disgustato da cio che gli era stato chiesto di fare. Ammetterà che "uccidere se una volta creava problemi, adesso diventa una cosa normale", ma allo stesso tempo rinnega l'azione e quasi rinnega perfino Israele, dal quale se ne va, rifugiandosi a Brooklyn, uno dei pochi rifugi per un ebreo in diaspora dalla sua terra e dalla sua nazione.

Un film che fa riflettere sull'opportunità di certe scelte, che ci mostra una Golda Meir appassionata, ma anche consapevole di un ruolo inevitabilmente spietato e cinico, a difesa della propria terra "con qualunque mezzo". Ed è significativo un passaggio del film, quando uno dei generali, davanti al protagonista, e alla stessa Golda Meir, ricorda che "il mondo deve sapere che uccidere un ebreo, d'ora in poi, si pagherà caro".
Una pellicola che ha fatto e farà discutere, ma che chiunque voglia conoscere i sentimenti e le reazioni ad una delle più drammatiche stragi avvenute nella guerra tra palestinesi e israeliani, non potrà ignorare.