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L'Art Nouveau: modelli ed ispirazioni

L’Art Nouveau, viene da un lato osannata, come quel movimento che ha contribuito alla nascita dello Stile Moderno, dall’altro liquidata con la denominazione di ‘inferno ornamentale’ e considerata niente di piu’ che uno stile molto kitsch. L’estetica dell’Art Nouveau, è, quindi un’estetica di contraddizioni: era ed è ancora moderna, era ed è ancora storica.
<p>I movimenti estetici, la decadenza e l’inizio del socialismo, dettero vita a questo movimento. Molto forte fu anche l’influenza dell’arte giapponese, per la particolare chiarezza delle linee e per un nuovo rispetto nei confronti degli spazi di composizione. Quando Samuel Bing esibì 725 dipinti giapponesi e 428 libri illustrati all’Ecole dex Beaux-Arts nel 1890, attirando artisti da tutta l’Europa, il modello giapponese, si trasformo in un leitmotiv per un’intera generazione di artisti: ‘L’arte giapponese è una maestra molto importante. Da essa impariamo a sentire chiaramente quanto ci siamo allontanati dagli schemi reali della natura attraverso la continua imitazione di modelli fissi; impariamo quanto sia necessario attingere alla fonte; come l’essere umano sia capace di assumere una magnifica bellezza genuina dalle forme organiche della natura, invece della pesante e decrepita rigidità della forma.’ (Julius Lessing).
Non fu, nè l’elemento esotico, nè tanto meno la componente bizzarra dell’arte giapponese a lasciare un‘impronta sull’arte occidentale, bensì la semplicità e la naturalezza, che erano state entrambe soppresse, in Europa dall’art of intellect.
L’arte giapponese non fu vista solamente come prospettiva, ma raggiunse il profondo dell’anima, e fu fonte di ispirazione poetica. I lavori passionali del tardo Van Gogh sono il prodotto della sua familiarità con l’arte giapponese, che l’aveva catturato con i suoi colori vivaci ed il ritmo vibrante delle linee e dei punti.
Anche alcune litografie di Toulouse Lautrec, traggono origine dagli assetti decentralizzati e dal modo settoriale di vedere le cose, caratteristico dei paraventi giapponesi. Anche Cezanne, che all’inizio si opponeva all’arte giapponese, ne subì l’influenza, per quanto riguarda le sue raffigurazioni del Mont Saint Victoire, molto simili al Fuji di Hokusaki.</p><p></p><p>La lista dei pittori direttamente o indirettamente ispirati dal Giappone, è molto lunga e conta, fra gli altri, anche, Monet, Gauguin, Seurat, Pissarro e Munch. L’art Nouveau riuscì a scuotere i clichès stantii del naturalismo e dello storicismo, non con la logica, ma bensì con lo ‘bio-logica’: la magia della vita e della natura avrebbe esorcizzato i fantasmi del passato. Bisognava proteggersi, non più dagli elementi naturali, ma bensì dal traffico rumoroso delle città e dalla masse industrializzate. Esistevano solo tre cose per la mente creatrice: ‘l’artista in quanto tale, la natura e l’oggetto da abbellire’. Con l’amore per le forme naturali, crebbe anche l’interesse le scienze naturali e per i loro studiosi, primi fra i quali Ernst Haeckel e Karl Blossfeldt, dai quali, il mondo del Liberty, trasse spunto per lo studio delle forme e delle decorazioni, sia per quello che riguarda la pittura, sia per la produzione di complementi di arredo. Temi ornamentali ricorrenti dell’Art Nouveau furono soprattutto farfalle e libellule, insetti di ogni genere, ma anche tralci e ghirlande di fiori rampicanti, che esplodevano nella magia di tenui colori pastello, tentacoli di polipi che diventavano lampade e vasi da fiori.
Gli oggetti naturali assunsero nuove forme, vennero tolti dall’ambiente organico ed inseriti in nuovi contesti intellettuali: la loro fisionomica viene assorbita dalle strutture della mente, le loro forme diventano soffuse e si fondono l’una con l’altra, creando la materializzazione dell’atmosfera dell’anima. E’ in questo modo che il mondo ornamentale dell’Art Nouveau, prende vita, viene forgiato. Un’intera branca di discipline artistiche fu catturata da questo sentimento di fine secolo,dalla letteratura alla poesia, fino alle arti applicate. Per citare alcuni nomi illustri: Flaubert, Proust, Verlaine, D’Annunzio, Baudelaire, Debussy, Rilke…
Sinestesia, era il concetto cardine, cioè soffiare la vita dentro la natura. Ne dà un esempio, Gustave Flaubert nel suo romanzo Salammbo: ‘I suoi orecchini erano due zaffiri che sostenevano delle perle cave con dentro profumo liquido. Le gocce, che cadevano di tanto in tanto attraverso i fori nelle perle, tracciavano dei disegni sulle sue spalle nude’.
I nuovi stili derivanti dalle innovazioni dell’Arts and Crafts Movement in Inghilterra si diffusero nel continente, rivoluzionando l’arte del design e della vita quotidiana.</p><p>
In Inghilterra. Ruskin, Morris, Blake, Beardsley ed i Pre-raffaelliti</p><p>Durante il 18 secolo, l’Inghilterra divento la più forte potenza economica e coloniale del mondo, l’epoca dell’Illuminismo e delle grandi rivoluzioni borghesi, durante la quale un’economia giovane e di stampo capitalista spazzo via l’antico sistema feudale una volta per tutte e la rivoluzione industriale, inondo tutte le fabbriche. Fu l’età in cui venne forgiata la storia mondiale moderna, in cui si condussero le battaglie per i diritti civili e le libertà dell’individuo, nella quale la cultura divenne accessibile a tutti. Un esempio in tal senso, fu la donazione che Sir Hans Sloane, fece della sua libreria e dell’intera collezione d’arte al popolo inglese. Tutta l’opera di Sloane, ispirata all’Illuminismo Francese ed arricchita dalla collezione di antichità egiziane di Re Giorgio III, getto le basi per la costruzione di uno dei più importanti musei del mondo, il British Museum, fondato nel 1759. Fu durante questo secolo che venne coniato il termine ‘Aestethic Discontent’, termine che rappresento la nascita di un sentimento crescente di malcontento e disillusione nei confronti dell’eclettismo artistico e dello storicismo normativo, prediligendo il decorativismo delle forme. Questo tipo di malcontento non si restrinse solamente al campo dell’Arte, ma investì anche le scienze sociali, dove si alimento la ribellione contro l’egotismo sociale ed i privilegi delle classi dirigenti. John Ruskin (1819-1900), fu il promotore del movimento estetico che scaturì da questa forma di ribellione: egli si appellava, nei suoi scritti, ad ‘un gospel of beauty’ e lotto per l’introduzione di nuove forme di etica nell’industria e nel mondo dell’Arts and Crafts. Ruskin parlo di dignità nel mondo del lavoro e di una diversa ripartizione della fatica, fornendo la sua ricetta in merito: ogni classe sociale dovrebbe mostrare comprensione per tutti i tipi di lavoro considerati buoni per la gente, quei lavori che li elevano, che li rendono felici. La preoccupazione principale, era quella di assicurare agli artisti e agli artigiani, un posto sicuro all’interno della produzione industriale di massa, salvaguardando la loro opera. A questo movimento aderirono molti artisti, intellettuali ed artigiani da tutta l’Europa. Al fianco delle garanzie sociali, cresceva anche un nuovo sentimento artistico, che vedeva nell’arte il primo istinto da soddisfare dopo gli istinti umani basilari. L’arte non era solo un elemento che contribuiva ad abbellire la vita, ma era la vita stessa.</p><p>
I Preraffaelliti</p><p>La Confraternita dei Preraffaelliti fu fondata nel 1848 a Londra. Essi intendevano opporsi all’arte accademica, riacquistando il senso morale della pittura primitiva e rifiutando l’arte raffaelliana, che, secondo loro, aveva tradito la verità per prediligere la bellezza. Attenti ai problemi sociali ed interessati al mondo della scienza, furono attratti ed insieme respinti dal progresso tecnico: pur essendo legati allo sviluppo della fotografia essi contestarono lo sviluppo dell’industrializzazione, auspicando un ritorno al naturalismo ed al mondo bucolico. La loro pittura è intrisa di elementi storici ed arcaizzanti, ma anche di richiami a soggetti letterari e religiosi, come le leggende del ciclo arturiano,le opere di Shakespeare, la Bibbia e la Divina Commedia. Non è facile, comunque, fornire una caratterizzazione generale dell’opera preraffaellita, poichè i contribuiti dei tre protagonisti (Dante Gabriel Rossetti, William Holman Hunt, John Everett Millais) si rivelano molto eterogenei fra loro.
Gli elementi arcaizzanti degli esordi, rimasero presenti nel solo Rossetti, che rifletteva le ansie e le battaglie del poeta William Blake, nella sua denuncia della corruzione della società inglese di allora, che aveva costruito la società industriale anche mediante lo sfruttamento del lavoro infantile (W.Blake; Songs of Innocence and Experience), ma il movimento riceverà un contributo anche da un’artista della generazione precedente, Ford Madox Brown. L’attenzione ai problemi e alle ingiustizie sociali, si traduce in una serie di opere sul tema della donna caduta, sul problema dell’infanzia abbandonata e sul dolore della morte, che troveranno in John Ruskin un fedele ammiratore ed un ardente difensore contro la critica dell’epoca. Le scene sacre vengono intrise di primitivismo e di quella maniacale attenzione nella riproduzione dei particolari, molto cara ai pittori fiamminghi.
Dopo il 1860, lo stile della Confraternita si sposto verso l’arte del pieno Rinascimento, prediligendo il culto della mitologia e della decorazione.
La ritrattistica del Tardo Rossetti porta l’effige del grande ritratto cinquecentesco di Raffaello, Leonardo e Tiziano, mentre le opere di Holman Hunt e Millais non subiscono l’influsso del decorativismo rossettiano, mantenendo un’impenetrabile compattezza di fondo. Ford Madox Brown, si avvicinerà, invece, all’opera di Rossetti, proponendo composizioni di gusto italiano echeggianti il Movimento estetico, mentre Burne-Jones opererà una sintesi fra lo stile romantico del Medioevo rossettiano e l’arte rinascimentale. E sarà soprattutto lui ad ottenere risultati di sorprendente qualità, grazie soprattutto agli insegnamenti di John Ruskin, che l’aveva condotto in Italia per educarlo alla pittura di Giotto e di Mantegna, ma anche all’arte veneziana. Il senso di eticità degli esordi, venne, così, sostituito, da altri ideali: l’arte per l’arte, il culto della bellezza,il ritorno al classicismo di sapore romantico. Comunque, nonostante l’allontanamento dai valori iniziali, la tendenza ad identificare la bellezza con la verità continuo a permanere nelle opere dei Preraffaelliti, anche se legata ad un sentimento di progressiva tristezza e rassegnazione, che traspare soprattutto nei quadri di Burne-Jones, consapevole di avere fallito nel suo ruolo di moralista vittoriano.</p><p>
In Francia. Moreau, Gallè, Lalique, Guimard e le Metropolitane di Parigi.</p><p>In Francia, l’Art Nouveau si manifesto soprattutto nel campo dell’architettura, delle arti applicate e della grafica pubblicitaria ed editoriale. Per quello che riguarda la pittura e la scultura, possiamo risalire al simbolismo dei Nabis fino ad arrivare al cloisonnisme della scuola di Pont Aven, che influenzo successivamente anche l’opera di Gauguin, il cui richiamo all’art nouveau è molto evidente nei temi principali di simbolismo, esotismo ed antistoricismo.
Un altro tema ricorrente fu il richiamo alla bellezza femminile, presente nelle opere di Gustave Moreau, il quale, innamorato dell’avvenenza delle donne, ritraeva le sue eroine ispirandosi ai miti classici e ai racconti biblici. La figura della Salomè rappresentava l’idea che egli possedeva della donna: ‘annoiata, capricciosa ,dalla natura animale, che si dà al piacere, molto poco vivo per lei, di vedere il suo nemico a terra (…) che passeggia con noncuranza vegetale e bestiale nei giardini appena insudiciati da quel terribile omicidio che terrorizza lo stesso boia’.
La figura di Salomè sarà un tema ricorrente nei quadri di Moreau, rappresentata con un alone perlescente sullo sfondo buio, come un’apparizione fastosa e capricciosa, colma di gioielli e bellezza, di follia e corruzione, che bacia la testa di Giovanni Battista, sanguinante trofeo per la sua danza. Per L’apparizione, la sua opera più famosa, Moreau si ispiro, appunto, alla vicenda biblica di Salomè e di Giovanni Battista in una raffigurazione molto diversa da quella delle figure statiche e neo gotiche delle Salomè di Beardsley: la Salomè di Gustave Moreau possiede i tratti delle statue greche classiche, è una figura viva e voluttuosa, che irradia con la sua bellezza il cupo salone del trono. Lo sfondo della scena richiama le fastose architetture bizantine e la testa del Battista ha i tratti dell’iconografia religiosa classica medievale.</p><p></p><p>Anche Henri de Toulouse-Lautrec troverà ispirazione dall’Art Nouveau nella stesura dei manifesti pubblicitari e persino Vassili Kandinskij, imposterà le sue prime opere sul decorativismo delle linee.
In Francia, l’Art Nouveau si manifesto, come dicevamo, soprattutto nelle discipline architettoniche e grafiche; la presenza nella capitale francese, del mercante inglese Bing, contribuì allo sviluppo del movimento, attraverso l’inaugurazione nel 1896, dell’omonimo negozio- galleria. Fu soprattutto grazie a Bing che artisti del calibro di Hector Guimard, il noto costruttore delle entrate del metro parigino, raggiunsero la fama. Di quest’ultimo anche l’ideazione del famoso Castel Beranger (1894-1897), costruito secondo i canoni di un Art Nouveau, più maturo, strutturale, di carattere fitomorfico, stessa concezione che egli ripropose nelle strutture portanti del Mètro parigino, smaltate di un verde vegetale e organico. Guimard, designer, oltre che architetto, realizzo anche Villa Flore a Parigi e l’Ecole Humbert de Romans, che seguì con cura in ogni particolare. Attraverso l’Atelier Bing, si ebbe anche una grande diffusione dell’applicazione dello stile Art Nouveau alle arti applicate; nel suo negozio ospito le opere di tutti gli artisti più importanti a livello internazionale,compresi Beardsley, Tiffany, Gallè e Lalique. Alle grandi esposizioni trionfarono i mobili di Guimard e di Feure, Colonna, Charpentier, Perol e degli esponenti della scuola di Nancy, la più celebre nelle arti applicate.Emile Gallè, direttore della scuola di Nancy, dal 1901, aveva studiato all’estero filosofia, botanica e disegno, e si dedico al laboratorio vetrario del padre , dove elaboro delle nuove tecniche di lavorazione del vetro ed invento dei nuovi motivi decorativi ispirati al mondo naturale. Egli realizzo delle opere dalle forme aeree, preziose, dai colori cangianti ed opalescenti, dove si alternavano fiori e frutti, libellule,pesci, rami di albero e creature madreperlate che si intrecciavano confondendosi per annegare nel mare del colore vitreo e fantasmagorico. Gallè disegno anche molti mobili dal design di successo, primo fra tutti, il famoso ‘letto a farfalla’, nel quale la simbologia ed il decorativismo annullano la funzione principale, sovrastandola.
Nel campo della gioielleria, fu Renè Lalique il nome più illustre; le sue raffinate realizzazioni rivoluzionarono il campo dell’oreficeria. Le sue creazioni, ispirate ad una femminilità inquietante e sensuale riprodussero soprattutto orchidee, serpenti, insetti, piante rampicanti e parassite, quasi un richiamo alle eroine perverse ed ancestrali dei quadri di Moreau, alle sacerdotesse metafisiche delle origini del mondo: donne-libellule, ninfe come gorgoni, circondate da serpenti. Nel 1894, Lalique realizzo i primi gioielli per la lasciva attrice Sarah Bernhardt.</p><p>
In Austria. Klimt, Schiele, Kokoschka.</p><p>Il movimento austriaco dell’Art Nouveau, pur manifestandosi con un certo ritardo rispetto ad altri paesi europei, puo forse essere considerato il più prestigioso ed importante di tutto il movimento. Nel 1897 si formo a Vienna, sotto l’egida di Gustav Klimt, l’Associazione dei Pittori e Scultori della Secessione Austriaca (Vereinigung bildener Kunstler Osterreich Sezezzion). Per quanto riguarda l’architettura, il capostipite del movimento fu Otto Wagner, l’ideatore delle metropolitane viennesi ed i suoi allievi più illustri, fra i quali, Joseph Maria Olbrich e Joseph Hoffmann. Nel campo della grafica, ricordiamo, invece Kolomar Moser. Per quanto riguarda la pittura, la figura di maggiore spicco fu senz’altro il sopra citato Gustav Klimt, personaggio dal fascino inquieto e dal carisma enigmatico, seguono Egon Schiele ed Oskar Kokoschka, illustri esponenti dell’espressionismo austriaco.
In Klimt ritroviamo la carica sensuale ed emozionale, che si sublima ed esaspera nell’eccessivo cromatismo e nell’opulenza dei materiali, presi in prestito all’iconografia bizantina, mentre in Schiele e Kokoschka i colori si fanno più sfumati e rarefatti, le linee più tese, come a rappresentare un erotismo lievemente sadico, quasi una denuncia esistenziale.</p><p>Gustav Klimt e l’arte viennese. Dagli esordi alla Secessione.</p><p>La Vienna del primo novecento contava, all’interno del suo firmamento artistico, tre nomi illustri: Gustav Klimt, Kokoscka e Schiele. Dopo aver raggiunto diversi traguardi artistici ed economici, Klimt si libero dagli schemi appresi durante la permanenza all’Accademia, sviluppando un suo stile personale e del tutto inconfondibile e divenendo uno dei grandi maestri dell’arte contemporanea. Egli nacque a Baumgarten il 14 luglio 1862, era figlio di un orafo incisore, come dimostrerà più tardi nella sua predilezione per gli sfondi dorati e per i mosaici bizantini.
Non sappiamo molto dell’infanzia di Klimt, ma sappiamo che le sue doti artistiche furono scoperte precocemente, durante gli anni in cui lui ed i fratelli frequentavano la scuola di arti figurative. Il gruppo artistico da lui fondato, fu incaricato di collaborare a diverse opere, come gli affreschi della sala principale del Museo di Storia dell’Arte di Vienna, le pitture decorative per vari teatri di Fiume, Karlsbad e di altre città austriache. Nel 1890, Klimt ricevette il premio imperiale per il quadro ‘l’Auditorio del vecchio Burgtheater’.
Contrariamente a molti suoi colleghi, Klimt conseguì presto fama e riconoscimenti. Tuttavia, i primi suoi successi portano ancora un’impronta nettamente accademica, poichè egli svilupperà il suo stile solamente negli anni successivi, divenendo il simbolo dello Jugendstil e della Secessione viennese.
Durante la monarchia austro-ungarica, infatti, l’attività pittorica non era promossa e divulgata, in quanto si preferiva finanziare lo sviluppo dell’arte lirica e teatrale. Fu a causa di questo, che Klimt decise di creare, insieme ad altri suoi discepoli, la Wiener Secession, con l’obiettivo di ‘sollevare la languente arte austriaca all’odierno livello internazionale’. Far conoscere ai viennesi i loro artisti e diffondere, contemporaneamente l’arte austriaca all’estero.
Le prime tre manifestazioni ebbero molto successo e raccolsero fondi sufficienti per finanziare l’edificio progettato dall’architetto Olbrich su sui venne inciso il motto: ‘Der Zeit ihre Kuns , Der Kunst ihre Freiheit’, ovvero,’ad ogni tempo la sua arte, all’arte la sua libertà’.
Nel 1894 Klimt venne incaricato dal governo della progettazione di tre dipinti allegorici che avevano come soggetti: la Filosofia, la Medicina e la Gurisprudenza. La prima allegoria vinse addirittura una medaglia d’oro all’Esposizione Universale di Parigi. Fra polemiche ed apprezzamenti del pubblico e della critica, l’opera di Klimt continuo la sua ascesa verso il successo. Nel 1902, egli diede vita, infatti, ad un delle sue opere più complesse e contrastate, il famosissimo ‘Fregio di Beethoven’ che egli spiego così: ‘Prima parete di fronte all’ingresso, il desiderio della felicità. Le sofferenze del debole genere umano: le suppliche costituiscono la forza esterna, la compassione e l’ambizione le forze interne che muovono l’uomo forte e ben armato alla lotta per la felicità. Parete più corta: le forze ostili. Il gigante Tifeo contro il quale perfino gli dei combatterono inutilmente; le sue figlie, le tre Gorgoni. La malattia, la follia, la morte. La voluttà, la lussuria, l’eccesso. L’angoscia che rode. In alto i desideri e le affezioni degli uomini volano via. Seconda parete lunga: il desiderio di felicità si placa nelle poesia. Le arti ci conducono nel regno ideale dove possiamo trovare la pace assoluta, la felicità assoluta, l’amore assoluto. Coro degli angeli del paradiso. ‘Gioia, meravigliosa scintilla divina. Questo bacio a tutto il mondo’ ‘.
Nel 1908, un altro suo capolavoro, Der Kuss, (il Bacio), venne esposto alla Mostra d’arte di Vienna. E fu tutto un susseguirsi di successi fino al mattino della sua morte, avvenuta il 6 Febbraio 1918, dopo un ictus che lo rese paralizzato.</p><p></p><p>Gustav Klimt era solito dire di se stesso: ‘sono bravo a dipingere e a disegnare; lo credo io stesso e lo dicono anche gli altri, ma non sono sicuro che sia vero.Di sicuro so soltanto due cose:1. di me non esiste alcun autoritratto. Non m’interessa la mia persona come oggetto di pittura, m’interessano piuttosto le altre persone, specie se di sesso femminile, ma più ancora le altre forme. Sono convinto che la mia persona non abbia nulla di particolare. Sono un pittore che dipinge tutti i santi giorni dalla mattina alla sera. Figure e paesaggi, ritratti un po’ meno.
2. non valgo molto a parlare ed a scrivere, tanto meno se devo esprimermi a proposito di me stesso e del mio lavoro. Alla solita idea di dover scrivere una semplice lettera l’angoscia mi attanaglia come il mal di mare. Temo proprio che si debba fare a meno di un mio autoritratto artistico o letterario, ma non è una grande perdita. Chi vuole sapere di più su di me, cioè sull’artista, l’unico che vale la pena di conoscere, osservi attentamente i miei dipinti per rintracciarvi chi sono e cosa voglio’.</p><p>Osservare i suoi quadri, lui diceva. L’unico modo per capire veramente chi fosse, quali fossero i suoi desideri, le sue passioni. Ed è proprio attraverso la rappresentazione delle figure femminili che l’artista ci esprime il suo amore, per la bellezza, la voluttà, per la maternità della donna. Il carattere sanguigno e passionale di Klimt trasuda dalle sue tele, trovando l’apotesi nell’esasperazione del decorativismo orientaleggiante ed ispirato ai mosaici della tradizione bizantina. Le sue donne sono insieme dee ed imperatrici, madri e ninfe peccatrici, sirene e danzatrici. Ed è proprio a causa di questi suoi quadri così arditi ed innovatori, che egli riuscì, allo stesso tempo, a scandalizzare una parte del pubblico viennese di allora ed a guadagnarsi i favori della critica. Il pubblico era abituato ad un nudo femminile che celasse, attraverso i drappeggi delle vesti, le parti ‘sconvenienti’ dell’anatomia umana. Klimt dipingeva, invece, il nudo in pose realistiche, utilizzando come soggetti, anche uomini grassi e vecchi e donne incinta. I suoi connazionali trovavano che i suoi quadri fossero troppo erotici o addirittura pornografici, ma egli rilascio una dichiarazione alla stampa: ‘non ho tempo per occuparmi di queste scaramucce. Quando ho finito un quadro, non voglio passare altri mesi a giustificarlo davanti alle masse. Per me non è determinante a quanti piaccia, ma a chi’. Ed aveva ragione. Basta dare un’occhiata ad alle sue ninfe del mare, rappresentate in diversi capolavori (‘Bisce d’Acqua’,1904-7; ‘Fate acquatiche’, 1899 ; ‘Acqua Mossa’, 1898) o alle eroine della mitologia greca, (Danae, 1907; Giuditta 1, 1901; Pallade Atena, 1898), alle languide danzatrici, per capire che da Klimt in poi la rappresentazione del nudo femminile subirà un netto cambiamento. Le polemiche si placheranno solamente dopo la sua morte ed i viennesi capiranno finalmente di aver perso il loro genio più grande.</p><p>
Il Liberty italiano</p><p>L’esperienza italiana dell’Art Nouveau fu un’esperienza di riporto, ritardataria, che sfocerà e si confonderà con fenomeni dèco ed avanguardie del Novecento. Nonostante il fenomeno si sia sviluppato con ritardo nel nostro paese, cio non significa tuttavia che l’Italia non abbia espresso personalità ed opere artistiche di rilievo. Purtroppo, molte realizzazioni architettoniche, a causa della guerra e del sentimento nazionalista che imperava in quel periodo, sono andate perdute.
La situazione socio-economica e politica italiana era tra le più difficili d’Europa, sia per il travaglio di dover comporre in unità nazionale espressioni e tradizioni diverse, estendendo loro il modello politico e militare del piccolo stato piemontese, sia per il fatto che l’Italia era uno dei paesi dove l’industria era meno sviluppata.
Si diffuse allora, quasi di forza, l’allineamento del gusto con le ultime esperienze delle Secessioni, in conflitto con la cultura letteraria che si staccava dal realismo per aderire al Simbolismo europeo.
Gli studi recenti sul Liberty, hanno portato alla luce esperienze molto significative e di grande interesse,con fenomeni artistici ancora osservabili in molte città italiane: Torino, Milano, Roma, Bologna, Napoli, Palermo e Firenze. Nel caso di Torino, conto molto anche il rapporto con i paesi d’oltralpe e la sua immagine di città internazionale, dove emerse in particolare la figura di Raimondo D’Aronco, autore del Palazzo dell’Esposizione, dove è chiara l’adesione alla Secessione viennese. Uno stile innovativo, libero dai retaggi stilistici e storici delle sue opere precedenti. Lo stesso stile verrà impiegato anche per i lavori dell’Esposizione di Udine nel 1903, mentre nei lavori di Costantinopoli egli riuscirà a fondere due aspetti antitetici dello stile liberty: il frivolo decorativismo con il funereo cimiteriale.
Un altro importante esponente dell’arte torinese di quel periodo fu Pietro Fenoglio, la cui dimora in Corso Francia rappresenta uno degli esempi più autorevoli di Art Nouveau che sono sopravvissuti allo scoppio della guerra. A Torino,tra i migliori esempi del Liberty italiano, va menzionata anche la sede della Fiat di Premoli.
Per quello che riguarda Milano, il più noto esempio dell’Art Nouveau è da considerarsi il Palazzo Castiglioni di Giuseppe Sommaruga, un lavoro carico si simbolismo e spinte emozionali nell’uso si materiali, nella forte plasticità del bugnato, nella morbidezza decorativa della facciata. Dello stesso autore ricordiamo anche Villa Romeo, impreziosita dalle decorazioni in ferro battuto di Mazzucotelli. La stazione di Milano (nella foto), opera del tardo Ulisse Stacchini, si presenta invece densa di eclettismi e pesanti citazioni storiche, contaminata da un fastoso e lugubre trionfalismo.</p><p></p><p>Nella capitale operarono soprattutto Ernesto Basile, autore del palazzo di Montecitorio e Gino Coppedè che costruì un interno quartiere a cui dette il suo nome, il Quartiere Coppedè appunto, che combina medievalismo toscaneggiante, elementi decorativi orientali e monumentalismo classicheggiante che donano al quartiere un aspetto veramente suggestivo.
Il nome di Ernesto Basile lo troviamo pero anche a Palermo, dove costruirà opere mirabili. Uomo diprofonda cultura, studioso raffinato e sensibile delle antiche tradizioni siciliane, egli passo da una raffinata trascrizione del classicismo quattrocentesco ad uno stile floreale ricco e colto. Basile fu molto celebre anche per i complementi d’arredo, realizzati per la Ditta Ducrot; gli interni più celebri sono quelli di Villa Igea, del Villino Florio e di Palazzo Utveggio.</p><p>Serena Mannelli</p>