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La sfida della modernità insieme a Dio

Quest'ultima, dichiara al di là di voli filosofici riservati a intelletti puri, non puo prescindere da cio che personalmente lo forma e lo realizza a pieno: la fede e la religione cristiano-cattolica.

La premessa a questo volume è che Dio non è uno dei campi su cui il pensiero moderno si puo confrontare; il cristiano, cioè, non puo presentarsi al dibattito moderno con una schizofrenia che gli fa circoscrivere la fede nel chiuso di una cappella. In particolare il Dio del Cristianesimo non è al di là della storia dell'Occidente e l'Europa non si puo pensare fondata solo su una moneta e un mercato. Chi si dice cattolico non puo escludere la sua identità profonda dalla questione occidentale.
Resistiamo alla tentazione di riassumere l'idea dell'autore, esposta in 130 pagine, perchè ogni immagine e ogni ragionamento proposti concorrono allo scopo, e ogni taglio sarebbe ingiustificato.
Lo stile è molto colloquiale e lo scrittore rinuncia a dissertazioni filosofiche o teologiche per rendere la lettura scorrevole. Appare ciononostante centralissima e avvincente la sua visione della storia e del tempo, che egli stesso, a denti stretti, definisce a ‘spirale' confrontandola, poi, con l'idea del tempo affiorata nel secolo dei ‘lumi'.

Una domanda da porsi nell'approcciare questo piccolo e limpido saggio ruota intorno al lettore. Se da un lato di questa immaginaria scrivania dove si è costruito il volume abbiamo Bernard Sichère che si dichiara cattolico - di nascita, di credo e di pensiero -, l'altra sedia a chi è destinata? L'interlocutore cui Sichère si appella a più riprese è ogni individuo europeo che porta nel suo bagaglio le bandiere storiche del nichilismo, in primis l'ateismo fatto idolo, poi del relativismo e dello scientismo e la loro sorgente razionalista, e non gli risparmia critiche più che sferzanti e osservazioni audaci. Accanto a questo, pero, l'autore cede di rado e con criterio alla logica del banale contrattacco verso le critiche grossolane che il mondo moderno indirizza al Cattolicesimo. Difatti, nell'introduzione non tarda ad arrivare ad una tenace presa di posizione nei confronti del giornalismo come alimento dei luoghi comuni ('… mani mediocri del giornalismo onnipotente che ha sostituito l'esigenza di pensare'), a cui l'autore risponde in modo convincente selezionando solo le critiche costruttive, ovvero le più utili a dipingere un quadro attualissimo dell'Occidente annichilito.

Tramite la semplicità dell'esposizione (17 capitoletti che somigliano a meditazioni) e l'originalità degli argomenti scelti, Bernard Sichère crea un'articolata rete che lascia passare solo il ‘materiale' fine, le obiezioni giustificate - storicamente o antropologicamente -, uno strumento valido quindi per giudicare i contenuti della nostra epoca. Per esempio nella trama della rete un ruolo molto importante è svolto per Sichère dall'importanza delle parole. E non tralascia dati evidenti e forti, per esempio riguardo ai giovani : '…mi paiono fisicamente stanchi, fermi su qualche incomprensibile disgrazia che li abbatte, oppure sovraeccitati, <>, stressati, fieri del tintinnio dei loro speroni, preda di qualche tipo di febbre, di una tensione nervosa senza respiro.' Nonostante questo aggiunge che i giovani cristiani 'forse non si rendono conto quanto noi, più anziani, abbiamo bisogno di loro. (…) non hanno conosciuto la lenta putrefazione del mitterandismo (…): si aspettano cose più profonde e serie.'… ' Spero che continueranno a credere che (venire a patto con la vita terrena n.d.r) non comporta rinunciare alle verità essenziali'.

Garbatamente fa avanti le sue posizioni non clericali; sottolineiamo come egli ci offra una linea diversa con la quale liberamente scegliere dove avvicinarsi alla dottrina e dove no, molto lontana da un anticlericalismo spicciolo. Puo sembrare che così facendo Sichère si collochi quasi ai bordi della Chiesa, e appare chiaro che il pensiero dell'autore si sia formato nel sentimento storico-culturale ben prima che nel tradizionalismo cattolico. Ma la sua adesione al cattolicesimo trapela insieme al grande amore verso Roma, verso la Messa e verso quello che della fede si manifesta nella religione, ovvero quello con cui liberamente si cerca di legarci a Dio.

Perchè non dovremmo rassegnarci a un mondo senza Dio? In fin dei conti, sostiene, sarebbe anche proficuo non doversi sempre difendere dalle accuse oscurantiste, non stare in chiesa ma piuttosto in un bar o a teatro, chè tanto gli esempi di cristiani non sono all'altezza delle aspettative, etc. Cosa dire poi della morale antiquata? Ecco cosa dice Sichère: farsi bambini, pregare, non lasciarsi spaventare dalla parola ‘santità', lasciarsi liberamente incantare dalla sfida della fede vissuta personalmente …, sono armi efficaci per 'rialzare la testa' e guardare lontano. Oppure, se non sono Cattolico, se la fede non mi riguarda, sono necessariamente razionalista? Senso della giustizia, esigenza di infinito rispetto per i morti e per il passato che inevitabilmente ha costruito il nostro progresso, tutto questo è bagaglio di chiunque abbia onestà sufficiente per apprezzarlo. E onestà si richiede anche al popolo cattolico, nel riconoscere la verità anche al di là delle proprie barricate.
Una domanda persiste sfogliando in qua e in là le meditazioni: cosa guadagnerebbe il mondo razionalista a cogliere la sfida di un modernismo che non abbandona Dio? ... non vi sveliamo tutto! Lasciamo che sia l'autore a meravigliarvi e a portarvi lungo sentieri nuovi.

Saba Giulia Zecchi