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In Turchia, tra laici e religiosi, rispuntano i militari

Lo scorso venerdì 27 aprile si è svolta presso il parlamento di Ankara la prima votazione per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica turco. Questo è solo il primo di una serie di atti particolarmente importanti per la politica e le istituzioni turche, ricordiamo infatti che in ottobre sono previste le elezioni politiche. Gli equilibri di forze che si verranno a creare avranno un peso importante sulla vita del paese e sul suo processo di integrazione nell'unione europea.

Lo scorso lunedì 23 aprile erano state ufficializzate le candidature alla presidenza della repubblica e, a sorpresa, non vi compariva il nome dell'attuale primo ministro Tayyip Erdogan, egli stesso infatti aveva chiaramente manifestato l'interesse a correre per la poltrona presidenziale potendo contare su una grande maggioranza in parlamento. Invece dopo un lungo discorso nella sede del suo partito (AK Parti) pochi giorni fa ha investito il suo delfino e attuale ministro degli esteri Abdullah Gul come candidato alla presidenza per il suo partito.

La decisione di Erdogan di farsi da parte è sicuramente stata influenzata dalle numerose proteste di larghissima fetta della popolazione turca che vedeva nella eventuale presidenza Erdogan una minaccia alle fondamenta laiche dello stato, il Presidente della Repubblica è infatti il garante dell'unità e della laicità dello stato come la stessa costituzione turca statuisce.
Il partito del quale Erdogan è presidente e che ha ottenuto la maggioranza dei voti nelle elezioni politiche del 2002 è un partito di ispirazione religiosa islamica, che è stato paragonato spesso ai partiti di ispirazione cristiana esistenti in europa. Risulta quindi ovvio come l'ascesa di un esponente di un tale partito alla carica di capo dello stato abbia provocato fonti di preoccupazione nella popolazione.

Numerose sono state le iniziative di protesta che si sono susseguite nei mesi scorsi.
Il consiglio superiore dell'educazione, formato dai rettori delle più importanti università del paese aveva diffidato Erdogan dal tentare la strada della presidenza già all'inizio di aprile sostenendo che egli non fosse adatto a proporsi come garante del secolarismo dello stato.
Ben più partecipata è stata la manifestazione di sabato 14 aprile quando circa 400.000 persone provenienti da ogni parte del paese si sono radunante presso il complesso monumentale che ospita il mausoleo del fondatore della patria Kemal Ataturk, vero e proprio luogo sacro per la nazione turca, situato non lontano dalla capitale Ankara. Numerosi ovviamente sono stati gli slogan urlati contro Erdogan, ma la folla, composta anche da molte donne, ha anche protestato a gran voce contro la commistione tra politica e religione.

Non ultimo in ordine di importanza, ma solo temporalmente, il capo delle Forze armate Yasar Buyukanit ha esortato il nuovo presidente, chiunque esso sia, a rispettare con i fatti e non solo a parole, la costiuzione e i valori in essa contenuti.
Di fronte a questa opposizione generalizzata Erdogan ha pensato quanto meno di rimandare la sua candidatura proponendo Gul, che comunque di fatto, se eletto, difficilmente potrà suscitare meno preoccupazione delle stesso Erdogan. La votazione di venerdì si è infatti svolta in un clima piuttosto teso, tutti i partiti di opposizione hanno lasciato l'aula parlamentare o non si sono proprio presentati, mentre i parlamentari dell'AK Parti hanno proceduto comunque da soli alla votazione mancando per soli 10 voti la maggioranza qualificata dei 2/3 dei parlamentari necessaria all'elezione del Presidente della Repubblica nei primi due turni, dal terzo turno invece è sufficiente la maggioranza semplice.

Le votazioni riprenderanno martedì 2 maggio, ma il clima non accenna a migliorare, l'opposizione ha già presentato un ricorso alla corte suprema turca per invalidare l'elezione di venerdì e anticipare le elezioni politiche per rinnovare il parlamento.
Nella notte di venerdì le forze armate con tempismo straordinario e non senza suscitare il disappunto di qualche funzionario UE a Bruxelles, hanno rilasciato un comunicato nel quale si dice che 'L'esercito segue con preoccupazione le elezioni del nuovo presidente e non si asterrà dal difendere il secolarismo dello stato'.
Nel paese paese che conta il secondo esercito della NATO, forte di quasi un milione di uomini, e che negli ultimi 50 anni è intervenuto ben 4 volte (l'ultima nel 1997) per riportare il potere nelle mani dei laici un messaggio del genere non puo passare inascoltato.

Lorenzo Coco