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IN FORMA CON LA RIFORMA


Non ci voleva il supposto genio di uno studio (in realtà è solo un’ipotesi) del Partito democratico per farci scoprire che quella sul federalismo fiscale sarà una riforma che opererà tale e quale a tutte le altre: qualcuno ci rimette e per forza di cose e qualcun altro ci guadagnerà. Non è una sorpresa: come tutte le leggi (non ci sono leggi solo buone o solo cattive, ma solo leggi), soprattutto quelle che prevedono l’adeguamento sotto forma di calcoli di trasferimenti dallo Stato agli Enti locali. Ci saranno quelli che intascheranno un po’ più di euro e - siccome in tempi di crisi la ricchezza non va moltiplicandosi - ci saranno anche quelli, sull’altro piatto della bilancia, che vedranno contrarsi questi finanziamenti.
 
Non si fanno distinzioni: ci sono città di centrodestra e città di centrosinistra. Città amministrate dagli uni e città amministrate dagli altri. Una riforma non può prevedere che si arricchiscano solo le prime e/o che si “impoveriscano” solo le seconde. E allora, non foss’altro per questo, non può dirsi che PDL e Lega abbiano imbastito questa riforma a vantaggio proprio e a danno altrui. Si dice che “ci guadagna il Nord e ci perde il Sud”: vediamo invece la cosa sotto un’altra prospettiva? Finora c’ha guadagnato il Sud e c’ha perso il Nord: ossia, meglio precisare, i soldi del Nord andavano al Sud e nel mentre la manodopera del Sud si trasferiva al Nord, facendo dilapidare una enorme quantità di risorse senza alcun sostanziale vantaggio per il “sistema-Italia”. 
 
Vale quindi la pena affrontare la riforma del federalismo col piglio critico negativo che ha impostato il PD in maniera così miope? Pensare che Firenze e Bologna, storiche città rosse, ci guadagneranno moltissimo! Che non sia una manovra del segretario Bersani contro il “ribelle” Matteo Renzi, sindaco del capoluogo toscano, che sarà invece ben lieto di una riforma “berlusconiana” che poterà vantaggi incredibili alla città di cui è primo cittadino? Che sia una svista pre-elettorale del PD all’ombra della torre degli Asinelli, dove si voterà la prossima primavera in un clima già teso nel centrosinistra da non rendere necessario alcun altro scontro. Insomma: se si contrarranno le risorse a disposizione di alcuni Sindaci, questi dovranno per forza di cose ridurre gli sprechi. Fare meglio i conti tra i servizi offerti e i soldi a disposizione.
 
Non sono “tagli crudeli”: ciascuno deve fare con ciò che ha in saccoccia, come nelle migliori famiglie. Stavolta non ci sarà la sinistra contro la destra e nemmeno il Sud contro il Nord. Non foss’altro perché la riforma federale non va contro le “regioni rosse”. E non foss’altro anche perché la riforma va nel senso opposto all’assistenzialismo di Stato: non ascolterà i piagnistei e chiederà senso di responsabilità agli amministratori pubblici. Ci sarà un diretto collegamento tra servizi offerti e cittadini utenti: il buonsenso si sostituirà al malgoverno. Sarà un circolo necessariamente virtuoso: meno sprechi, non meno servizi. Non ci saranno meno soldi, saranno semplicemente distribuiti meglio, con più attenzione e combattendo - finalmente viene da dire - quel sistema di contributi a pioggia che hanno sempre e solo contribuito alla malagestione della cosa pubblica.
 
Se non a incentivare, in taluni casi, anche il malaffare e la cattiva politica. Ciò che c’è di più giusto e di più buono, stavolta si intravede in lontananza, in attesa di un sì che potrebbe far muovere finalmente qualcosa. Perché se non ci sono riforme solo buone o solo cattive, questa è come quella recentemente approvata sull’università: cambia le cose soprattutto in meglio e, visto l’andazzo italiano, si tratterebbe non più solo di un risultato statistico, un uno-due micidiale per chi dava il centrodestra arenato e incapace di approvare le riforme promesse da anni, ma di un successo che farebbe anche i conti con la storia, perché avrebbe finalmente a che fare anche col “fisco più giusto” e con lo “Stato amico” che aspettiamo da tempo.
 
Andrea A. Bonacchi