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Il male minore

A Gaza si è conclusa la prima battaglia sul campo tra le forze di Al Fatah, il partito del Presidente Abu Mazen, e le milizie di Hamas del premier Haniyeh. Ne sono usciti vincitori i fondamentalisti islamici di Hamas, movimento che, per intenderci, ha nel proprio statuto l’obiettivo di distruggere l’entità sionista, ovvero Israele. Ma in questa guerra intestina tra palestinesi, Israele è spettatore. </p>

I miliziani del braccio armato di Hamas (islamici sunniti), le Brigate Ezzeddin Al Qassam, hanno conquistato il palazzo del presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese Abu Mazen. Gli scatti fotografici mostrano gli appartenenti alle Brigate, coperti dai passamontagna neri, aggirarsi presso l'ufficio di Abu Mazen, schernire Condi Rice dallo stesso telefono del Presidente e calpestando i ritratti di Arafat. Insomma, Gaza è sotto il controllo del movimento terroristico palestinese che, avendo vinto le elezioni dello scorso anno, poteva contare sulla guida del governo dell'Anp.
Ma, evidentemente, gli obiettivi dei 'moderati' di Fatah contrastavano i piani di Hamas.

I vertici dell'Anp, compreso Abu Mazen, si sono ritirati in Cisgiordania. E quì, dove i miliziani di Fatah sono più numerosi e superiori militarmente, sono iniziati rastrellamenti in cerca di esponenti di Hamas. Le rappresaglie sono iniziate, dunque. Abu Mazen ha nominato come nuovo premier, destituendo Haniyeh, Salam Fayyad, soprannominato 'l'americano' per la sua vicinanza all'Occidente e per il credito che vanta anche in Israele. Una colpa tra le più gravi, secondo Hamas.
L'ex premier Haniyeh ha rifiutato la decisione di Abu Mazen, rivendicando la vittoria elettorale e la legittimità del suo governo, contestando la definizione di 'golpe' del Presidente palestinese.

La situazione è molto fluida ma anche se i governi arabi hanno dichiarato il loro supporto ad Abu Mazen, i palestinesi non hanno di fatto uno stato, ma hanno due governi.
Si profila una spaccatura forte del fronte palestinese (Gaza/Cisgiordania) e rimane difficile non vedere, in questa escalation di Hamas, un sostegno 'esterno'. Iraniano, molto probabilmente.
Infatti, dopo le 'sentenze' orali di Ahmadinejad sulla distruzione di Israele, si sono scatenate offensive allo stato israeliano a nord, tramite Hezbollah, e nei territori palestinesi tramite i sunniti di Hamas.

Esiste, dunque, un conflitto interno ai palestinesi. Abbiamo chiamato 'moderati' gli esponenti di Fatah, che fino a poco tempo fa comandavano incontrastati nell'Anp. La definizione puo essere giusta solo se contrapponiamo i membri di Fatah a quelli di Hamas, soprattutto in base all'ideologia fondamentalista di quest'ultima organizazzione.
Ma dobbiamo anche considerare che i tanto lodati 'moderati' di Fatah, in primis l'ex leader supremo Arafat, non sono mai stati in grado di raggiungere una pace con Israele. Anzi, proprio Arafat è stato uno dei più grandi colpevoli, rifiutando gli accordi di Camp David e proclamando l'Intifada contro lo stato ebraico.
Fatah, quindi, è corresponsabile della crescita di Hamas: sia per la corruzione e il mal governo degli anni di Arafat, sia per non aver dato risposte alla volontà dei palestinesi di costituire un proprio stato, prospettando invece una cacciata totale di Israele da perseguire tramite il terrorismo suicida.

Oggi la situazione è delicata ma, solo dopo un definitivo regolamento di conti interno, emergerà un interlocutore valido per Israele e l'Occidente. E, se vogliamo aiutare Fatah a riprendere il controllo del territorio (una sorta di male minore), imponiamogli accordi di futura pace con Israele in cambio degli aiuti.

J.Landi