IL CUORE DI PRANDELLI, LA BOCCA DEL MILAN
Formazione: Kalac, Nesta, Kaladze, Simic, Bonera, Pirlo, Ambrosini, Gattuso, Seedorf, Kakà, Inzaghi. Allenatore: Ancelotti. Dirigente: Galliani. Tifosi: qualche decina di migliaia. Non è solo il Milan: è qualcos'altro. Sono i protagonisti della più lunga serie di dichiarazioni sulla volata per la qualificazione alla Champions League mai vista in un Campionato di calcio dal 1930, anno del girone unico, a oggi. Da gennaio e aprile non è passata settimana che su radio/quotidiani/settimanali/siti internet non comparisse una dichiarazione di uno dei personaggi sopracitati per ricordare quanto fosse inconcepibile immaginare la propria squadra, il Milan, fuori dalla maggiore competizione continentale.
Dalle dichiarazioni più moderate, a quelle più strane e quasi minacciose ('Andremo in Champions, in un modo o nell'altroââ¬Â¦'); neppure si è fatto riferimento, se non alla fine, di chi fosse l'avversario da battere. Quasi che a giocarsi l'accesso alla 'coppa dalle grandi orecchie' il Milan dovesse andarci per diritto divino. E se molti tifosi saggi e lungimiranti predicavano cautela, qualcuno si dichiarava certo che l'obbiettivo non sarebbe sfuggito in nessun modo. Bocche lunghe. Forse troppo. Ma un avversario da battere c'era: una squadra sì, ma soprattutto un uomo.
Qualcuno nel suo campo lo definirebbe un genio. Mai abbastanza grande pero rispetto alla sensibilità di un'anima devastata nell'anno più importante, dal dolore più grande. Mentre nella nebbia lombarda uno staff che poteva disporre di mezzi, laboratori, campioni assoluti da 120 milioni di stipendio l'anno, spremeva ultra 33enni alla ricerca di una rincorsa affannosa, sulle rive dell'Arno un demiurgo paterno metteva da parte i sentimenti tristi di un giorno di novembre, e coccolava i suoi ragazzini da 'appena' 30 milioni di stipendio: quattro volte di meno degli avversari. Un uomo il cui impegno era così grande, che accetto di partecipare ad una campagna anti-tumori: proprio lui, che se avesse rifiutato nessuno avrebbe potuto far altro che stringergli la mano, ringraziarlo, e andarsene.
A Firenze per andare allo stadio c'è una via: si chiama Viale dei Mille. Ai lati campeggia una pubblicità sulla ricerca medica: Prandelli in primo piano, e, sullo sfondo, la curva Fiesole. Prandelli alza un braccio in segno di saluto. Lo fa con rispettoso, ma pungente, silenzio. Lo stesso silenzio, un vero silenzio, osservato per un minuto il giorno di Fiorentina-Inter. Non quello becero e un po provinciale fatto di applausi cui abbiamo dovuto assistere per decenni nei nostri stadi, nei nostri palazzetti. Perfino ai nostri funerali! E allora capisci che la Fiorentina poteva, anzi doveva, ottenere cio per cui il suo condottiero aveva tanto lottato.
E se finalmente il popolo fiorentino potrà sognare, qualcun altro dovrà riabituarsi a prendere un atlante, per capire dove si trovino Boleslav, Elfsborg, Setùbal, Urziceni e Poznan. Per Manuela, la moglie di Prandelli, il popolo fiorentino scrisse: 'Il tempo che passa smorzerà il dolore, ma se avrai bisogno di lei alza gli occhi al cielo, la sua stella ti guiderà per sempre, e ci porterà lontano'. La Fiorentina, da oggi, ha un angelo cui rivolgere il cuore; mentre le orecchie ascolteranno l'inno della Champions League.
Claudio Galardini
Subscribe to Ultima Thule | Libertari
Get the latest posts delivered right to your inbox