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FIDANZATI AL TEMPO DEL PDL

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Provocatoria e ottimista la proposta lanciata da Benedetto Della Vedova nei giorni scorsi sulle pagine del Secolo d'Italia: rendere le unioni di fatto il cuore della campagna elettorale del Pdl per le imminenti elezioni. Provocatoria perché quasi sicuramente resterà inascoltata (sebbene lo stesso Della Vedova sostenga di non voler provocare il Premier), ottimista perché si pensa che possa fare la differenza alle urne. La necessità di regolarizzare la situazione di moltissime coppie di fatto, siano esse eterosessuali o omosessuali, è una realtà fin troppo evidente, ma le posizioni moraliste e ultratradizionaliste del Pdl degli ultimi tempi non si concilierebbero bene con una proposta del genere. Lo stesso elettorato resterebbe disorientato da una scelta che si avverte come un dovere della sinistra piuttosto che della destra.

La visione ottimista sulla reazione
di molti che prospetta Della Vedova, misura il polso di una situazione interna ai circoli politici o, volendo intellettuali, al di fuori dei quali è sempre più difficile spiegare alle persone comuni che si può essere di destra, ma profondamente laici. Laici in un modo come, storicamente e ormai convenzionalmente, solo a sinistra si può essere.

La difesa di certi valori della tradizione italiana
che il Pdl ha giustamente intrapreso nell’ultimo anno è stata avvertita come un arroccamento religioso e non come una difesa puramente culturale, quale avrebbe dovuto essere in uno Stato laico. L’ora di religione e il crocifisso nelle scuole sono state due crociate che hanno insignito il Pdl del ruolo di difensore della religione nazionale, forse al di là degli intenti del partito stesso. L’immagine mediatica emersa da entrambe le storie sembra quella di un partito che diventa, al momento opportuno, il braccio politico della Chiesa.

 

 

Come pensare di coniugare questa immagine con una proposta a cui la Chiesa porrebbe subito il suo veto? Davvero difficile, per non dire pessimisticamente impossibile. Sebbene la risoluzione prospettata sia quella molto blanda dei Diritti e Doveri Reciproci, ipotizzata dal Ministro Brunetta qualche tempo fa, resterebbe una provocazione a cui il nuovo elettorato del Pdl non sarebbe ancora pronto. La famiglia tradizionale è diventata uno dei valori a cui più facilmente si appella il partito della maggioranza contro ogni forma di degenerazione sociale.

Il vero problema, ammettiamolo, non sono tanto le coppie non sposate di eterosessuali, ma parlare di coppie di fatto implicherebbe ampliare il discorso anche a coppie omosessuali. È su questo punto che si arresta la spinta progressista invocata da Della Vedova: seppur con la forma dei soli Diritti e Doveri Reciproci, che non implica nessun onere per lo Stato, si arriverebbe (finalmente!) ad una equiparazione tra coppie eterosessuali e omosessuali e il Pdl non avrebbe più il consenso della Chiesa. Quella che dovrebbe essere una grande riforma rischierebbe di diventare una cocente sconfitta elettorale.  
Al grande cambiamento sarebbe pronta
la piccola corrente di Libertiamo che difende ad oltranza la laicità all’interno del Pdl prendendo da sola coraggiosamente posizione contro i diktat della Chiesa. Ma Berlusconi pensa a vincere e non a farsi paladino della laicità e sa che per vincere questo non è un argomento né prioritario né determinante, anzi che gli si potrebbe addirittura ritorcere contro.

La vera domanda è:
sarà mai il momento adatto per affrontare questo argomento? L’Italia è un paese con un retroterra culturale profondamente cattolico che segna anche quei cittadini che, di fatto, non sono cattolici praticanti. Accettare e rispettare le proprie tradizioni non vuol dire però abbassare lo sguardo di fronte ad una realtà che è in continuo cambiamento.

Sia ben chiaro, nessuno si aspetta che la Chiesa
cambi la sua posizione e anzi, guai se lo facesse, venendo meno alle sue convinzioni sulla scia di una pressione sociale. Il punto centrale è comprendere che c’è una scissione di fondo tra l’aspetto civile e quello religioso su cui in Italia non siamo abituati a riflettere. La regolarizzazione delle coppie di fatto non avrebbe nulla a che vedere con il matrimonio, tantomeno con quello religioso.

La Chiesa è  libera di esprimere
il suo parere e di chiedere ai suoi fedeli di seguire e rispettare le sue direttive. E gli italiani che non sono cattolici, chi li tutela? Si è liberi di essere cattolici e di non esserlo: e chi non è cattolico e non vuole o non può contrarre matrimonio si trova, in questo momento ad avere meno diritti rispetto ad altri cittadini.

Solo dopo un rinnovamento culturale che spieghi la distinzione e la pacifica convivenza della laicità e della Chiesa sullo stesso territorio si potrà pensare di proporre una risoluzione in tal senso che risulti vincente per una tornata elettorale, prima è davvero difficile. Il rischio, è vero, è quello che “una sentenza della magistratura finisca per equiparare convivenze e matrimoni, indipendentemente dal sesso dei conviventi, con ciò precipitandoci d’emblée in terra zapateriana”, ma ormai i tempi sono stretti e non resta che preparare il terreno per la prossima chiamata alle urne.

Speriamo piuttosto che Berlusconi ascolti il consiglio Della Vedova sulla proposta della diminuzione dell’onere fiscale e non solo per famiglie con figli e anziani, ma per le piccole e medie imprese, vero cuore pulsante dell’economia locale, riscoprendo così la sua originaria vocazione liberale.

 

Francesca Ottaviano