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Euro 2012: ecco perchè li abbiamo persi



Diciamolo chiaramente: quando Platini ha estratto la busta, al termine di un'estenuante pausa, qualcuno aveva già intuito come sarebbe andata a finire. E non solo perchè, mentre venivano pronunciati i nomi, qualche osservatore attento aveva già adocchiato la busta dalla quale uscivano delle lettere inequivocabili scritte in religioso inglese. Stavolta abbiamo incassato. Evidentemente non abbiamo capito che le Coree non finiscono mai, nella nostra storia sportiva.

Siamo una nazione che, calcisticamente e non, sa reagire con orgoglio di fronte a momenti che sembrano bui interminabili. Messi sotto pressione estraiamo dal cilindro risorse insospettabili.
Ai mondiali dell'82, i nostri padri se lo ricordano, se fossimo usciti nel girone eliminatorio con Polonia (ancora loro…), Perù e Camerun, note corazzate, nessuno avrebbe potuto gridare allo scandalo. Poi sappiamo tutti come ando a finire. Non parliamo dell'ultimo mondiale, poi. A fronte di tutto queste eroiche battaglie vinte sul campo, ecco che ripiombiamo nello spettro delle occasioni mancate, dei rimpianti, del 'Ve l'avevamo detto'.

Un'altra Corea, un'altra battaglia già vinta in partenza e mestamente persa. Ci siamo fatti letteralmente rubare l'Europeo 2012 da Polonia e Ucraina, non certo nazioni all'avanguardia per strutture e impianti. Ma sarebbe meglio dire che glielo abbiamo consegnato noi. L'Italia, il popolo dei furbi, dei simulatori, dei violenti e dei razzisti, dove la polizia è vittima e carnefice.
Agli occhi dell'Europa calcistica abbiamo perso in credibilità e rispetto. Ormai non ci teme più nessuno, neppure a Est, dove una volta neppure esisteva una nazione indipendente chiamata Ucraina.

Chiediamoci perchè Roma, Napoli, Milano e Firenze nell'estate del 2012 saranno invase da normali turisti vacanzieri, e non da orde di festanti tifosi provenienti da ogni parte d'Europa.
Chiediamoci perchè posti come Wroclaw, Dnipropetrovsk, Lvov e Gdansk suoneranno più appetibili. Un'altra Corea, annunciata.
I nostri politici hanno creduto di poter ottenere un successo vivendo di rendita, non rendendosi conto di quanto siamo tornati indietro. Sul campo le nostre squadre, ogni tanto, vincono ancora in campo internazionale, ma fuori dal campo ci dobbiamo barcamenare tra Tar, Aule di Giustizia ordinaria e sportiva, tribune fatiscenti e parcheggi che diventano veri e propri campi di battaglia e sterminio.

Siamo diventati lo zimbello d'Europa grazie a dirigenti loschi e opportunisti, grazie a tifosi che con la vita da Ultras ci campano come se lavorassero, grazie a società compiacenti. Qualcosa, forse, si è cominciato a muovere. Speriamo che questo schiaffo che la UEFA ci ha assestato ben bene serva di riflessione e da monito. Speriamo che i nostri politici locali non approfittino e speculino su questa mancata assegnazione dell'Europeo per non finanziare più nuovi lavori ai nostri stadi. Perchè diciamocelo, se non ci fossimo chiamati Italia e non fossimo stati Campioni del Mondo, con gli stadi attuali neanche saremmo potuti entrare in corsa per questa assegnazione.
Abbiamo l'ennesima occasione per dimostrare che possiamo cambiare. Speriamo che non diventi l'ennesima occasione per lasciare tutto com'è. Le Coree non finiscono mai…

Claudio Galardini