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Due parole sulla moratoria anti-abortista

Non è difficile adesso leggere commenti negativi o contrariati a proposito della proposta di moratoria lanciata da Giuliano Ferrara. La proposta era in caldo da tempo e non appena è stata firmata quella sulla pena di morte, l'elefantino ha firmato l'editoriale pronto ad attirare tanti riflettori su di sè. Oltretutto, non ha perso terreno neanche per quanto riguarda la battaglia successiva sull'eutanasia, quasi preannunciandola (cfr. ad es. l'editoriale del 5 gennaio sul Foglio a pag.1: 'occore che i Governi nazionali votino un emendamento significativo alla Dichiarazione [universale dei diritti dell'uomo, approvata a Parigi il 10 dicembre 1948, con riferimento all'articolo 3: 'Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona', n.d.r.]: dopo la prima virgola inserire .'). A ben guardare, pero, si sono levate anche molte voci laiche e favorevoli. Accantoniamo l'approvazione del Vaticano, immaginabile; le altre voci, sebbene forse prevedibili, sono numerose e accorate. Ritengo che non sia comunque da sottovalutare la valutazione del quadro in cui si pone la proposta di moratoria.

Siccome in alcune circostanze didattiche si consiglia di ripetere la stessa cosa in forma diversa, perchè puo succedere che il giovane recepisca una cosa semplicemente se viene espressa in modo diverso e poichè la nostra lingua ce lo permette -senza pensare lontanamente di portare un contributo innovativo per contenuti-, mi auguro che una sfumatura diversa aiuti a condurre la riflessione sullo stessa tema proposto da Ferrara, svincolandoci da fissità ideologiche.

Partirei da una obiezione ricorrente nelle tesi radicali secondo cui, opponendosi in qualche misura alla 194, si corre il rischio di limitare la libertà della donna. Libertà ad abortire, a decidere di custodire lo status quo o di liberarsi dal frutto di una violenza - bandiera del pietismo che non mi piace rammentare perchè non è la causa più incidente nelle pratiche abortive e rende il dibattito miope-. Ritengo che questa obiezione non tenga conto di vari fattori, direi che è un obiezione maschile in quanto la stessa donna sa perfettamente che il suo ruolo nel mondo è indissolubilmente legato ad accogliere la vita, benchè questo trovi posto nel sommerso e riemerga abitualmente davanti al matrimonio o al fatto compiuto, se va bene. L'affermazione che 'il ruolo' è 'indissolubilmente legato a una peculiarità' non va fraintesa, infatti non porta alla conseguenza ideologicamente scorretta che ' la donna non è solo madre', in tal caso non verrebbe limitata la libertà ma la natura stessa dell'individuo… ovvero: la maternità è un ruolo solo femminile, come l'accoglienza della vita, nonostante cio la donna non si esaurisce nella funzione procreativa, anzi! Che poi sia una peculiarità tanto identitaria per la donna lo dimostra il fatto che spesso sorgono gravi problemi psichici in coloro che hanno commesso aborto anche a distanza di anni. È una libertà falsata quella dell'autodeterminazione della donna, che nega la verità evidente della vita nascente. Se uno si avvale di un diritto pur di esercitare la propria autodeterminazione mi sembra che di senso critico e di libertà ne faccia uno strano uso (non mi rivolgo ai singoli casi, bensì alle teorie femministe sessantottarde).

Due visioni: il feto è vita, e sfido chiunque a dire il contrario, ma, perdonante il cinismo, in ottica trascendente, si è già guadagnato il Paradiso e in ottica atea non c'è più e si gira la pagina.
La seconda visione dovrebbe proteggere la donna. Non lo si fa quando la si lascia crescere con l'idea che fare sesso non sia legato alla procreazione (maturerà tardi la consapevolezza di sè), non lo si fa quando si legalizza l'opposto dell'accoglienza e quando si riversa sulla donna ogni responsabilità.
Ugualmente si vìola la dignità umana, se si pensa che la propria esistenza non abbia rilievo sociale nè storico, se si ritiene cioè che una condizione avversa, (una malattia, una violenza, una povertà, un tradimento…) possa prevaricare l'esistenza in quanto tale. Si insinua in questo modo l'idea di vita quantitativamente o qualitativamente non degna, un'aberrazione che sembra passibile di calcolo -e la donna è una fine calcolatrice se vuole-, perchè i criteri per stabilire questa 'dignità a vedere la luce' sono sempre più spesso scientifici. La scienza dovrebbe essere limitata laddove cerca di scalzare certi criteri umanistici o antropologici. Esiste una letteratura sconfinata dietro ai problemi esistenziali di bambini abbandonati, di esseri infelici, di malattie devastanti… ma niente ci dice che infelice sia un sinonimo di indegno. È evidente che infelice oggigiorno è sinonimo di inguardabile, di indegno per la mia vista (purchè non si tratti di terzo mondo che finchè resta il contenitore in cui riversare il buonismo europeo andrà poco lontano, esattamente come quando una madre riversa i propri problemi su un figlio e non gli propone degli strumenti validi per il suo sviluppo)… innanzitutto, credo che questo sia dovuto al tentativo di forzata rimozione di tutti gli strumenti che in secoli l'occidente ha praticato e migliorato per cercare di assistere i sofferenti. Non importa essere vaticanisti o biblisti visto che l'omissione di soccorso è parte integrante delle nostre legislazioni e nessuno pensa di rimuoverla, per fare un esempio. Passa l'idea, forzosa, che la ricerca della felicità coincida con la rimozione degli ostacoli. Di fatto se con l'aborto si vuole eliminare una scomodità, ammettiamo pure che si tratti di una scomodità del nascituro e non di altri, come pensa, il main-stream buonista, di risolvere i problemi che ci saranno, che ci sono sempre? Non solo.

Mi chiedo se il main-stream non si è accorto che già stiamo piuttosto bene, e staremo sempre meglio, materialmente riusciamo a guarire lievi e gravi malattie, possiamo evitare sforzi, raggiungiamo luoghi lontani con poca fatica…e le droghe restano sempre al top delle classifiche di vendita e gli psicofarmaci, per fortuna ci sono perchè altrimenti saremmo messi male… C'è già chi lo chiama aborto eugenetico, e potrei fare nomi su nomi, ovvero eliminare per migliorare, per non vedere, eliminare la malattia sopprimendo il malato. Autorizzare l'aborto eugenetico è criminale.

Tra i sostenitori della moratoria non concordo con chi sostiene che ‘l'aborto è diventato un valore', … credo che questo non sia possibile. Pero è un mezzo giustificabile alla luce di altri valori o disvalori, o come fine per un bene immaginario e ben poco sostanziale. Il corpo è un valore e il piacere anche, ma la donna comprende in sè il valore più alto del generare vita (come l'uomo, beninteso). Il corpo è un valore se è parte della persona, è un disvalore se trattato come strumento di piacere. Questo lo puo dire qualsiasi filosofia basata sul buon senso, senza scomodare i moralismi quaccheri. E dire che siamo il nostro corpo, non equivale a dire che siamo solo il nostro corpo. Con le dovute limitazioni di ogni generalizzazione, ma tenendo presente che un pensiero facile non serve che sia dittatorialmente imposto perchè sa benissimo quali canali - anche stretti- percorrere per diventare main-stream, non credo di sbagliare se affermo che alle ragazze di oggi non si insegna come nascono i bambini e tantomeno come formarsi affettivamente, bensì si illustrano tutti i metodi contraccettivi .. . come non nascono i bambini. Poichè il main-stream, soffoca la trasmissione della vita, degli affetti, la fatica e il sacrificio, se gli anticoncezionali fanno acqua, la soluzione accettata è diventata (proprio grazie alla 194) l'aborto.

Questa è la teoria, per così dire. Quando si è stabilita una coscienza collettiva, del genere brevemente descritto, in due parole individualista e sorda all'eco del futuro, la persona singola è in qualche misura autorizzata a orientare le proprie scelte nel senso di quella coscienza, delegando così la propria responsabilità individuale. Altro che scelta privatista come molti continuano a ripetere!! È urgente una risposta collettiva, di stretta limitazione delle pratiche, una risposta cioè di condanna. Del gesto, non della persona! Così facendo la ragazza, o la coppia, arriverà ad interrogarsi sull'opportunità dell'aborto solo se ci saranno motivi realmente gravi per non portare a termine la gravidanza, così da motivare seriamente un gesto grave. Attualmente pare che l'aborto sia 'una scelta' da 'valutare' per molte gravidanze non programmate o scomode.

Il problema sarebbe ancora più ampio e tocca numerosi aspetti, tra cui non ultime le tecniche di interruzione di gravidanza. Per adesso preferisco porre l'attenzione su un altro aspetto, quello della maternità. Credo che andrebbe diffusa l'idea che un figlio non appartiene ai genitori, e specialmente non appartiene ai genitori in virtù del fatto che hanno deciso di 'tenerlo'. In migliaia di anni di sviluppo e progresso resta immutabile il fatto che nessuno mai potrà decidere se, come e quando nascere. La condizione fondamentale dell'esistenza di ciascuno resta pertanto un mistero, rientra così in quanto c'è di più sacro, e nessuno mi convincerà del contrario. Come puo restare vincolata all'arbitrio dei genitori? Non peraltro l'aborto è giustificato quando c'è conflitto con la salute della madre, e direi, con la vita… con un ‘altra sacralità. (Si capisce molto bene che un conflitto-confronto tra nascituro e professione, nascituro e contingenze, nascituro a situazione economica, non puo reggere).

Concludo con due puntualizzazioni. Se anche l'aborto riguardasse solo una percentuale piccola delle gravidanze indesiderate, sosterrei tutto quanto detto, perchè nelle condizione fin qui illustrate si tratterebbe comunque di una percentuale contraria alla logica della sacralità della vita. Infine, ritengo certi dibattiti riguardanti diritti dell'uomo, autodeterminazione della donna etc.. tautologici dal momento che sessanta anni fa nella carta dei diritti dell'uomo , nessun firmatario avrebbe mai specificato che la vita è tale dal concepimento, per il semplice fatto che a quel tempo non era neanche pensabile una vita che non fosse strettamente dipendente dalla vita della madre in quei primi nove mesi di formazione.
Dicono che gli aborti sono diminuiti: è pero rimasto costante il rapporto di abortività (numero di aborti annuali per numero di nati ogni anno).

Vi propongo la lettura del documento sulla maternità di AN:
http://www.progettosservatorio.it/aborto_-_appello_an_per_la_vita.pdf


Saba Giulia Zecchi