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(de)cameron pie

 

 

 

 

 

HUNG. Questa la parola che risuona nel britannico suolo da stamattina. Al termine di una maratona notturna il verdetto è stato emesso: il Regno Unito, per la prima volta dal 1974, è senza una guida che possa godere della maggioranza assoluta. “Hung Parlament”, Parlamento appeso, appunto.
Dopo una campagna politica che ha visto i media prepotentemente protagonisti, confronti all’americana vinti nettamente da Cameron, e una iniziale crescita dei Liberali di Clegg (poi dichiaratosi deluso) a fronte di una certa debolezza di Brown, siamo arrivati per la prima volta alla situazione da sempre temuta ma che si presta facilmente a far salire tutti sul carro dei vincitori. O perlomeno, a far sì che nessuno si senta un perdente. Perché se Bersani in Italia ha affermato che per il PD “non si può certo parlare di vittoria, ma neanche di sconfitta”, cosa dovrebbe dire Brown, che vede il suo avversario non avere la maggioranza del paese?

 

 

 

Ora, secondo la legge britannica, il leader uscente (Brown) dovrà tenere la carica ad interim, fino a che Cameron non trovi una forte coesione coi liberali di Clegg, operazione quanto mai necessaria. I numeri parlano chiaro: 650 seggi, 326 la maggioranza assoluta. I conservatori godono di 305 posti, i laburisti di 255. I “gialli” terzi incomodi Liberali, si sono attestati a 61. Un chiaro successo tra i “blu” di David che vedono il paese sostanzialmente accordargli la fiducia. Deludenti invece le altre due fazioni, che neppure insieme riuscirebbero ad avere il 50 per cento più uno del parlamento.

Cosa succederà adesso? Il fatto è che il leader del partito uscito dalle urne con la maggioranza relativa non è automaticamente incaricato di formare l’esecutivo: piuttosto, è il “partito ritenuto maggiormente in grado di ottenere la fiducia del Parlamento a ricevere l’incarico”. Quale sia questo partito è frutto di consultazioni tra le diverse formazioni, al termine delle quali il Primo ministro uscente consiglia la Corona in merito a chi affidare l’incarico.

Il test dell’effettiva fiducia avverrà tra qualche settimana, nel “Queen’s Speech”: se l’esecutivo venisse bocciato, si procederebbe a nuove elezioni se e solo se non vi fosse l’effettiva possibilità per un altro leader di formare un nuovo governo. Nell’attuale situazione ciò significa che Gordon Brown manterrà la carica ad interim fino alla formazione del nuovo governo, e - se dovesse arrivare ad un accordo con i Liberal-Democratici e altri partiti minori - avrà inoltre la possibilità di varare un nuovo governo, nonostante la maggioranza relativa dei Conservatori di David Cameron.
In caso contrario, spetterà a Cameron provare a governare, o in minoranza o in coalizione.

Se l’esecutivo, qualunque sia
, venisse bocciato nel Queen’s Speech si cercherà o una soluzione alternativa con un nuovo leader - e quindi una nuova fiducia - o, se l’alternativa non fosse praticabile, si andrà alle elezioni immediate. Ma la sensazione è che la decisione del paese sia chiara (netto l’aumento di voti ottenuti dai Tories), e che quindi Brown, consapevole della volontà popolare, per primo lascerà via libera a Cameron di formare un nuovo governo coi voti di Clegg.
Abbiamo assistito a questa campagna elettorale prima, e alla grande notte dello spoglio dei voti. Lotta cruenta sì, ma con grande civiltà nei toni, grande serietà delle persone e dei valori messi in campo, e reale volontà di migliorare un paese che, per quanto in crisi, mostra in ogni suo piccolo atto di vita sociale la voglia di reagire. Good luck Mr. Cameron.

Claudio Galardini - cronaca da Brighton, UK