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SPAGNA ALLA VIGILIA GRECA: ZAPATERO IN UN VICOLO CIECO

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La Spagna è ormai prossima a fare la fine della Grecia, che ha collassato perché non ha adottato per tempo alcuna politica di contenimento della spesa pubblica e di riduzione degli sprechi.

Madrid è ormai da tempo concentrata su una politica
di ridimensionamento dei costi dello Stato e quindi di “tagli” che ha creato non pochi dissapori all’interno dell’opinione pubblica.
Il capo del governo, Josè Luis Rodriguez Zapatero, contrariamente da quanto chiesto dalla sua base elettorale di sinistra, è stato suo malgrado costretto a perseguire una politica che in Italia, se l’avesse messa in campo Berlusconi, la sinistra non avrebbe esitato a definire di “macelleria sociale”. Tant’è: scioperi e partecipatissime manifestazioni di piazza stanno drasticamente erodendo la popolarità del premier socialista, ormai ai minimi storici.

Chi è causa dei suoi mali, pianga se stesso: se Zapatero, invece di concentrare gran parte della sua politica, in riforme che lo hanno reso noto in tutto il mondo per aver svoltato drasticamente rispetto ai suoi predecessori popolari (parliamo di divorzio breve, fecondazione artificiale, matrimonio tra omosessuali, clonazione sperimentale, transessualità, sperimentazione scientifica sulle cellule staminali embrionali etc.) si fosse dedicato maggiormente a salvaguardare la tenuta dei conti pubblici e dei livelli occupazionali (lasciati in ottime condizioni dal centrodestra Aznar), forse ora non si ritroverebbe in questo bivio cieco.

Non si tratta di dire qui se si condividano o meno i temi (per lo più etici e civili) che hanno reso famoso Zapatero, ma più semplicemente di considerare che le suddette questioni hanno tenuto occupato per anni Premier, Governo e Parlamento mentre le emergenze erano ben altre.

Ormai la spagna è arrivata ad un vicolo buio: o Zapatero taglia e perde il suo elettorato, o non taglia e lascia declinare la Spagna fino al crack alla greca. Si tratta effettivamente di una scelta senza alternative: il suo senso di responsabilità lo sta per ora indirizzando a perdere le prossime elezioni, senza poi alcuna certezza per il futuro.

Non è detto che i tagli siano comunque sufficienti e il rischio è che alla vigilia del voto l’astuto premier somigliante a Mr Bean decida qualche provvedimento-spot, per meravigliare le sinistre a cui andrà a richiedere il voto e che ora lo stanno abbandonando. Coll’effetto di vanificare la politica austera degli ultimi mesi e rimandare il collasso solo a dopo il voto, con conseguenze non meno disastrose e il rischio di un effetto-domino che potrebbe coinvolgere l’intera Unione europea.

 

Andrea Bonacchi