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Quando i nemici sono i nostri padri

Per un secolo intero una subcultura marxista ci ha educato alla lotta contro il padrone. Una lotta che se prima si esercitava col bastone, nel corso degli anni si è trasformata rimodellandosi alle esigenze del tempo, rimanendo la costante di una sinistra che si è caratterizzata quasi esclusivamente con la 'piazza'. Poco importa che nell'attuale sistema economico la figura del proletario e del padrone si siano quasi estinte; poco importa se le forme di lotta e disobbedienza civile ormai vadano a scapito solo degli onesti cittadini. L'importante è rinnovare un rito che va avanti da anni per inerzia.
A ben guardare pero la tensione sociale dovrebbe spostarsi in un altro ordine di schieramenti: già, perchè se non esistono più padroni e proletari, è vero invece che presto s'infiammerà una lotta verticale tra generazioni, non appena prenderemo coscienza di cio di cui siamo vittime. 

I veri deboli, i veri 'sfruttati' siamo infatti noi giovani ed i nostri nemici sono la generazione dei nostri padri. E' un pensiero duro da digerire. Mi sento quasi cinico a scrivere queste righe. Altrettanto ciniche pero sono state le generazioni che ci hanno preceduto: quelle generazioni che di fronte all'emergere della crisi del nostro impianto economico, di quello previdenziale, di un mondo che stava cambiando irreversibilmente, hanno pensato solamente a raccogliere più benefici e privilegi possibili da quel sistema: lo hanno fatto non solo delegando a noi il problema ma, cosa ancora peggiore, aggravando il fardello che ci stavano consegnando. Quello che un padre non dovrebbe mai fare. Di cosa stiamo parlando?

Mi riferisco ad un sistema pensionistico drammatico, dove per anni sono state elargite pensioni speciali ad intere categorie di lavoratori (c'è chi sta in pensione all'età di 40 anni o con soli 10 anni di lavoro…). Un sistema talmente in crisi per cui la nostra generazione rischia di fare il ruolo di semplice comparsa: ovvero pagare una vita di contributi per sostenere gli attuali vecchi, salvo accorgersi, un giorno più o meno remoto, che per noi i soldi sono finiti. Ma se un sistema del genere è retto interamente sui sacrifici della forza lavoro che si fa carico della spesa previdenziale, c'è chi ha deciso di fare qualche figlio in meno a favore di una bella vita, continuando tuttavia ad appoggiarsi ad un sistema senza entrate che nel lungo periodo non è più sostenibile. Coloro sono assolutamente colpevoli nei nostri confronti.

Sto parlando di quella generazione che ci ha resi schiavi dei paesi esteri rifiutando l'unica fonte energetica alternativa, il nucleare; di quei padri che si strappano i capelli per conflitti d'interessi che non toccheranno mai le nostre vite e cambiano canale alla televisione quando qualcuno parla di proposte concrete per la nostra economia.
Di quella generazione che ci ha cresciuti in un mondo dove di posti fissi non ce ne sono più insegnandoci tuttavia che il posto fisso è un valore e che rimettersi in discussione è quasi una colpa.
Quella generazione che ha elevato il servilismo a valore e che continua oggi a far sentire in colpa chi chiede una vera meritocrazia: assumersi dei rischi ma poter essere premiati per le proprie capacità.

No, oggi viviamo in un'italietta popolata da portaborse, assistenti e pseudo-ricercatori, stagisti e praticanti, statali e burocrati, di tessere e 'amici di', a fronte di uno sparuto gruppo dominante di Professori, Magistrati, Avvocati, Politici, Sindacalisti: veri e propri baroni di questo nuovo sistema feudale, capaci di fare il bello ed il cattivo tempo per tutti coloro che dipendono da loro col cordone ombelicale. Un sistema che offre poche opportunità per l'individuo di emergere e avere uno spazio proprio, senza aver fatto un lungo percorso di vassallaggio nelle anticamere dei nuovi Baroni. Ci hanno poi insegnato che tutto questo è un valore, andando addirittura a tappare, con precisione maniacale, quelle falle che qua e là rischiavano di minare lo status quo, completamente indisturbati, nel nome di una nuova moralità da essi reinventata.

Le barricate in piazza negli ultimi 30 anni sono state fatte esclusivamente per garantirsi il proprio pezzo di torta quando non addirittura per garantirlo ad altri. Magari sono gli stessi che oggi fanno le crociate sul costo della politica, sull'Italia dei privilegi, contro i poteri forti. Sacrosante. Ma questi ultimi sono solo i casi più eclatanti e visibili di tutto un sistema sbagliato fino alle sue radici. Non ritengo moralmente corretto che chi quotidianamente si batte per ottenere dei privilegi all'interno di un sistema che sarebbe invece da rifondare, si lamenti di chi è stato più furbo nell'ottenerli e lo faccia solo perchè è rimasto escluso nella 'spartizione del bottino'. Troppo facile.
Per me il professore che ha percepito la propria pensione dopo dieci anni di lavoro non è meno colpevole del politico con i suoi privilegi speciali. Il dipendente con nomina politica o sindacale, o chi ottiene un inutile posto nel pubblico impiego, non è più meritevole di chi occupa un consiglio d'amministrazione di una banca grazie ad una tessera di partito. La nostra generazione deve mettere tutti questi soggetti sul banco degli imputati.

Secondo voi per questa Italia sarebbe più redditizio un giovane capace con il suo contributo di entusiasmo e di voglia di emergere o una persona la cui vita ormai intravede il tramonto, che avrà certamente maturato esperienza ma che per sua natura non potrà dare lo stesso contributo che avrebbe dato 20 anni prima? E' più giusto un sistema dove i giovani, in nome dello stesso privilegio futuro, si accontentano di essere forza lavoro per sostenere la vecchiaia degli anziani, o dove fin dall'inizio viene data la libertà e la possibilità di crearci da soli le basi per la nostra pensione, facendo tornare la terza età un momento importante della vita e non solo un costo sociale?

Invece ci regalano una società dove c'è chi gode esclusivamente di diritti e chi esclusivamente di doveri: una distribuzione talmente iniqua che in una simbolica equazione di privilegi e di responsabilità porterebbe al punto di pareggio. Una POSSIBILITA', non chiediamo di più. Noi vogliamo l'opportunità di conquistarci cio che ci spetta assumendoci il rischio di fallire e la possibilità di realizzarci.
Vorremmo che un giovane professionista di successo non fosse una notizia da cronaca nazionale, ma il normale frutto del talento. Ma soprattutto non vogliamo la promessa, con cui i nostri padri sono stati rabboniti e addomesticati, che 'tutto questo un giorno sarà nostro', perchè oltretutto sappiamo bene che questo sistema si sta saturando, che i privilegi sono contati e che 'tutto questo' nostro non sarà mai.

Le vere barricate in piazza devono servire a cambiare questo assurdo sistema. Questa è l'unica vera lotta 'sociale' del secolo che stiamo affrontando. Dobbiamo scegliere tra il miraggio delle ultime poche poltrone disponibili, consegnando ai nostri figli un Paese che crollerà sulle loro spalle, o iniziare la più grande rivoluzione (forse l'unica) che l'Italia abbia mai visto. Questo passa esclusivamente attraverso le nostre mani. Noi cosa decidiamo di fare?

C.Z.