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Puskas, in ricordo del maggiore


"Il suo nome danzava in mezzo a quelli dei suoi compagni, in quella che era una filastrocca che molti sapevano a memoria: Czibor, Bozsik, Kocsis, Hidegkuti… e poi Puskas. Nessuno ha fatto meglio di loro. E lui contribuì, segnando 84 gol in 83 presenze in nazionale. Qualcosa di sovraumano."

Il 17 Novembre 2006 se ne andato uno dei simboli più grandi del calcio mondiale del dopoguerra: il 'Maggiore' Ferenc Puskas. Aveva 79 anni e le sue condizioni di salute erano in netto peggioramento da alcuni giorni. L'ex attaccante del Real Madrid, che da anni era alle prese con il morbo di Alzheimer, è stato colpito da una polmonite. Era chiamato 'Il maggiore galoppante'.

Nacque il lontano 2 aprile del 1927, a Budapest. Quasi come a giocare col destino, per poche ore non nacque in una data ai più sgradevole e irriverente: quella che contraddistingue lo scherzo, l'ironia, il ridicolo. Puskas era serio, invece: è ancora oggi considerato il miglior giocatore ungherese di tutti i tempi e uno più grandi che abbiano partecipato alle fasi finali di un mondiale.

Per la verità, egli gioco per due nazionali: con la sua Ungheria, nel 1954 in Svizzera, e con la nazionale di Spagna ai mondiali in Cile nel 1962. Esordì giovanissimo nella squadra del padre, il Kispest Budapest, nel 1948 diventata la squadra dell'Esercito con il nome di Honved. A 16 anni era già attaccante titolare in prima squadra dove rivelo la sua ferma determinazione e ambizione. A 18 anni, l'ingresso sulla scena internazionale contro l'Austria.

Una vita di eventi, episodi. Di zampate che hanno lasciato un segno indelebile nella storia del calcio. Di record, che hanno stampato nelle menti degli uomini di allora, il ricordo del leader di una squadra per molti senza eguali nella storia del calcio: l'Ungheria degli anni '50.
Il suo nome danzava in mezzo a quelli dei suoi compagni, in quella che era una filastrocca che molti sapevano a memoria: Czibor, Bozsik, Kocsis, Hidegkuti… e poi Puskas. Nessuno ha fatto meglio di loro, ancora oggi la striscia di 32 partite senza sconfitte dura imbattuta. E lui contribuì, segnando 84 gol in 83 presenze in nazionale. Qualcosa di sovraumano.

E solo qualcosa di sovraumano poteva togliergli la gioia di vincere con la sua squadra, la Honved, e la sua Nazionale, l'Ungheria. Nel 1954, in Svizzera, la finale del Mondiale gli fu strappata dalla Germania Ovest, al termine di una gara ancora oggi sotto l'ombra di gravi sospetti di doping da parte dei tedeschi. Due anni dopo, mentre con la fortissima Honved era in giro per l'Europa, i carri armati sovietici invasero Budapest, costringendolo all'esilio forzato. La Federazione ungherese lo squalifico, e il governo lo bollo come 'traditore e disertore'. Per tanti anni della sua vita, fu costretto a vedersi etichettare come 'grasso e alcolizzato' dal suo stesso paese. Per paura di rappresaglie nei confronti della sua famiglia, non ando mai sopra le righe. Condusse sempre una vita pacata, all'insegna del calcio.

In Spagna, nel Real Madrid, vinse Campionati, Coppe dei Campioni, riconoscimenti e premi. Entro tra gli immortali del calcio per la sua forza, le sue giocate, e la sua storia. Per il suo incedere elegante, per il suo mancino capace di calciare con una forza incredibile. Paradossalmente, l'esilio facilito la sua carriera.
Prima del 1956, in Ungheria, era considerato il leader assoluto dentro e fuori dal campo. Giocava d'azzardo, beveva molto e si concedeva qualsiasi vizio. La fuga lo aiuto a diventare un vero professionista. Il dramma del 1956, che coincise con uno dei momenti più bui della storia ungherese, fu una sorta di benedizione per Puskás come giocatore.

Delle sue partite storiche, se ne ricorda una, anzi due. Tra il 1953 e il 1954, l'Ungheria fu invitata dalla Football Association (la Federcalcio inglese) a disputare un doppio confronto con l'Inghilterra. Il notevole strato di presunzione che ha sempre contraddistinto gli inglesi, venne maciullato in pochi mesi. Il 25 Novembre, a Wembley, i 'maestri' inglesi vennero massacrati dall'Ungheria per 3-6 (ma sarebbe potuta finire 3-10, a detta dei testimoni di allora). All'indomani della batosta, la prima in casa ad opera di una nazionale extrabritannica, i giornali inglesi uscirono con titoloni che la dicono lunga sulla supremazia dei magiari nella sfida etichettata come 'Empire vs. Communism': «Now it's back to school for England». Ovvero 'per l'Inghilterra è tempo di tornare a scuola'. Già sotto 0-1 dopo 60 secondi (prodezza di Hidegkúti, autore di una tripletta) e 2-4 all'intervallo, a capitan Wright e compagni, autori di 5 conclusioni contro 35, non restava che limitare i danni contro le spettacolari giocate in punta di bulloni regalate ai 100 mila presenti dai finti interni Kocsis e Puskas (due reti di cui una, la terza ungherese, da antologia), dal centravanti arretrato Hidegkúti, dal mediano tutto fosforo, carattere e tecnica Bozsik (un gol) e dalla funambolica ala sinistra Czibor.

La «Aranycsapat» confeziono un fantastico bis nella gara di ritorno al Nepstadion ('Stadio del popolo') il 23 maggio 1954. Se possibile, l'umiliazione fu maggiore: l'Ungheria distrusse l'Inghilterra con un 7-1 ancora oggi nella memoria degli appassionati di calcio. Puskas, di quei due confronti, naturalmente, fu assoluto protagonista. La sua storia, inevitabilmente, si intreccia con quella della 'Grande Ungheria': una macchina di propaganda smantellata prima ancora di poter dimostrare quello che avrebbe potuto fare.

Solo con la fine del comunismo, il nome di Puskas fu riabilitato pienamente. In suo onore a Budapest, il vecchio 'Nepstadion', fu ribattezzato 'Stadio Ferenc Puskas': nome che oggi, più che mai, campeggia sulle porte dell'impianto. Un piccolo risarcimento, per uno dei più grandi.

Claudio Galardini