Nessun tabù a cambiare la costituzione

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D.M.

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Negli ultimi appuntamenti elettorali la nostra rivista si è sempre astenuta da dare “consigli” di voto, benchè la nostra linea editoriale sia da sempre vicina alla Right Nation, ci siamo bene guardati da consigliare un partito invece che l’altro, presuemndo che, i nostri lettori non avrebbero in ogni caso praticato un nostalgico sfondamento a sinistra.
<p>Poi ci fu la storia del Corriere della Sera, in cui Mieli auspicava la vittoria della sinistra, e se il maggior quotidiano italiano è oggi palesemente schierato a sinistra, perchè noi non dovremmo prediligere un’area?
Ma ancora più liberi siamo stati in occasione del discusso e discutibile referendum sulla procreazione assistita (vi ricordate?): 4 quesiti più da addetti ai lavori che da cittadini, su cui eravamo chiamati a pronunciarci e su cui UT instauro un bel dibattito, che alcuni mi rammentano tutt’ora, e una bella conferenza. Lasciando piena libertà di coscienza. La storia ci dice che quel referendum non raggiunse il quorum e il partito dell’astensione canto vittoria.
<p> Adesso le cose sono diverse, diverso è il referendum, diversa la questione su cui dobbiamo esprimere il nostro parere. il 25 e il 26 Giugno c’è il Referendum per la devoluzione, in ballo la più profonda riforma delle istituzioni che la storia repubblicana del nostro paese ricordi. Stavolta l’astensione non vale proprio un fico secco: questo referendum è di tipo confermativo, che vuol dire che il risultato sarà valido sempre, qualunque sarà il numero dei votanti. E ed è così che stavolta un invito ci permettiamo di darlo: andiamo tutti a votare e votiamo “Sì”.
Le ragioni sono molte e proviamo ad elencarle in modo più semplice possibile: innanzitutto questo non deve essere considerato solo il referendum della Lega e di Bossi, perchè in gioco c’è molto di più che la “devolution” ma un concetto di Stato più leggero che noi da sempre auspichiamo. Le regioni decideranno su più temi: su scuola, sanità e polizia locale. Allo stato resteranno competenze decisive come quelle dell’energia e delle infrastrutture, prevendendo così blocchi come quelli attuati dai sindaci No Tav in Val di Susa.
Il premier avrà (finalmente) più poteri e sarà inserita una norma anti ribaltoni: la maggioranza va in crisi? Si torna subito a votare. Camera e Senato avranno compiti diversi e mai più sovrapponibili: alla camera si delibererà su materie statali e al senato (che diventerà senato federale e sarà espressione diretta delle regioni) su quelle regionali.
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Infine avremo, dalla vittoria del “Sì”, un Parlamento finalmente ridotto numericamente: meno stipendi esosi da pagare, più efficienza e meno sprechi: ci saranno il 20% di parlamentari in meno e un età più bassa per essere eletti. Si ritocca oltre 53 articoli della costituzione, costituzione che non ci sentiamo di difendere per il semplice motivo che è di per sè una carta imperfetta, redatta con allucinanti compromessi tra comunisti e neodemocristiani, in un momento storico delicatissimo.
Insomma ragazzi, qui non siamo di fronte alla dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti dove si legge che “tutti gli uomini sono stati creati uguali, che essi sono stati dotati dal Creatore di certi diritti inalienabili, che tra questi diritti sono, in primo luogo, la vita, la libertà e la ricerca della felicità”. Di principi alti e universalmente condivisibili, la Costituzione Italiana, non reca traccia. Non è quindi certo uno scandalo cambiarla, ma un sacrosanto dovere dinanzi alle sfide della modernità.
<p> D.M.
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