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Lezione 1: Il miraggio della Right Nation

Il conservatorismo a cui molti di noi, di UT intendo, ci ispiriamo affonda le proprie radici nell’esperienza della destra americana da quarant’anni ad oggi. Cioè dall’era-Goldwater alla Right Nation americana che ha sancito la vittoria di George W. Bush nel 2004, passando dalla vera svolta, la presidenza di Ronald Reagan.

Negli Usa è prassi per i conservatori (almeno per la maggior parte) dirsi 'reaganiani' e richiamare le gesta del Presidente-attore. Noi potremmo definirci 'bushiani', soprattutto perchè abbiamo vissuto le due presidenze di "Dubya" e ci siamo identificati con la sua politica (specialmente del Bush I), ma idealmente è impossibile non rifarsi alla svolta conservatrice che Reagan attuo rivestendo la massima carica politica statunitense.
Per contribuire a definire questo conservatorismo, opera titanica a cui noi possiamo solo contribuire in maniera minima e da 'profani', vogliamo proporre cio che John Micklethwait e Adrian Wooldridge scrivono in merito nel loro 'The Right Nation', malamente tradotto in italiano da Mondadori in ' La Destra Giusta' (I° ed.2005, 23.00 €).

I due ottimi autori, riconoscono Edmund Burke come padre del conservatorismo classico e schematizzano il suo pensiero in sei principi fondamentali: '...diffidenza verso il potere dello Stato; maggior amore per la libertà che per l'eguaglianza ; patriottismo; fede nelle istituzioni e nelle gerarchie tradizionali; scetticismo nei confronti dell'idea di progresso; elitarismo'. Si riconosce subito dopo come, ad esempio, un eminente esponente del conservatorismo europeo come Sir Winston Churchill, abbia incarnato appieno i sei punti del Burke-pensiero.
Perseguendo l'obiettivo del libro, ovvero una prospettiva sulla destra americana, i due autori precisano che la differenza del conservatorismo Usa sta '...nella sua estremizzazione dei primi tre principi di Burke e nel rifiuto degli altri tre'. Chapeu, diciamo noi!

Abbiamo detto, quindi, estremizzazione dei primi tre principi: la diffidenza verso il potere statale è una issue fondamentale per larga parte del movimento conservatore, sia sul versante 'tasse' sia su quello delle altre libertà tipicamente americane, una per tutte la libertà sulla vendita e detenzione delle armi; il popolo americano si caratterizza per amare molto più la libertà che la deprecazione dell'ineguaglianza, scarseggia l'invidia diffusa verso 'i ricchi', verso chi 'ce la fa', visto invece come esempio, come modello, come il self made man tipico della frontiera americana; sul patriottismo non occorre spendere parole, infatti tutti riconoscono i cittadini statunitensi come tra i più patriottici dell' Occidente e non solo.
I conservatori americani tuttavia rifutano in gran parte gli ultimi tre principi dell'elenco burkeano. La gerarchia è sostituita dall'individualismo e dalla capacità di mobilità sociale; la fiducia nel domani e nelle capacità di intrapresa dell'uomo libero, fanno dei conservatori americani dei convinti ottimisti per il futuro; l'elitarismo è sostitutito dalla convinzione di incarnare le opinioni della maggioranza dei cittadini medi americani.

Il testo riporta l'esempio di Richard Nixon, il quale si considerava il campione della 'maggioranza silenziosa'. Gli autori fanno notare, giustamente, una serie di eccezioni, anche importanti, come quella della 'National Review' di William Buckley che fondo la testata con lo scopo di 'porsi di fronte alla storia e gridare Stop!'. Ma la spiegazione data, utilizzando un sistema schematico del Burke-pensiero, si rivela molto pratica per concorrere a definire tratti fondamentali del pensiero conservatore.
Focalizzandoci sui primi tre punti, i 'punti forti' degli Usa-Cons, e trasportandoli nella realtà europea ed italiana capiamo il perchè siamo... poche mosche bianche! Vediamoli nel dettaglio.

1) Diffidenza verso il potere statale.
In Europa e in Italia si lotta per acquisire il potere statale promettendo di estenderlo sempre di più, tramite continue ed onerose promesse elettorali. In pochi paesi le forze politiche di destra puntano sulla deregulation e sulla regressione dello stato dalla vita dei cittadini. I cittadini stessi, da qualsiasi parte politica siano, dichiarano sempre che 'il governo o lo stato' dovrebbe provvedere a risolvere i problemi, compreso quelli più disparati. In pochi si chiedono cosa possono fare loro stessi per i propri problemi; e in pochissimi si chiedono cosa subiranno dallo Stato dopo avergli conferito tutti questi poteri!

2) Maggior amore per la libertà che per l'uguaglianza.
Se cio si verificasse, in UE o in Italia, sarebbe un vero miracolo. Infatti noi stessi, italiani e europei, rappresentiamo la società dell'invidia e del risentimento verso i più bravi, i più abili ed i più svegli. Riflettendo, possiamo affermare senza timore di smentite, che gran parte dell'apparato statale è stato creato da alcuni per 'rifarsi' sugli altri. L'idea dello stato-mito-soluzione di tutti i problemi, che si respira da noi, si basa sul totale capovolgimento di questo principio. Principio alla base di ogni società libera.

3) Patriottismo
Il patriottismo non è mai stato un sentimento diffuso in Italia. Basti pensare che il tricolore, fino a dieci anni fa, veniva sventolato da una minoranza politica, la destra.
I popoli europei non amano più i propri paesi (e dico paese, non governo o stato) perchè non amano più la civiltà che questi sono stati capaci di sviluppare. Anche questo principio non è sicuramente facile da coltivare nella stanca e introversa Europa d'oggi.

Sicuramente questi tre punti sono più diffusi tra la maggioranza silenziosa degli italiani che non quanto si percepisca dalla lettura dei giornali nazionali o dalla visione della tv. Siamo cioè convinti che esista un blocco popolare conservatore in Italia. Ma va coltivato, va 'nutrito' e organizzato, come negli Usa riescono a fare le tante associazioni e think thank conservatori. Soprattuto va data loro una rappresentanza politica che non li deluda una volta al governo, spingendoli così all'astensionismo. Efffettivamente non è chiedere poco.

J.Landi