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Le responsabilità politiche e la vita privata di un premier

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le nuove intercettazioni tra Berlusconi e la D’Addario pubblicate online dall’Espresso rilanciano le polemiche sulla “movimentata” vita privata del premier. Al di là del fatto che siano o meno costruite ad arte vorrei discutere del problema in termini generali, ovvero se, come molti sostengono, un premier non abbia diritto ad una vita privata.

A mio modo di vedere ha avuto ragione Sgarbi nel sostenere che la difesa di Berlusconi era completamente inadeguata a prescindere dal fatto che avesse avuto o no una relazione con la giovane Noemi. Che Berlusconi avesse velleità da viveur non sorprende, mentre infastidisce il “negazionismo” che continua ad incentivare certa stampa ad avventurarsi alla ricerca di nuove intercettazioni. Infastidisce soprattutto quei sostenitori convinti assertori del fatto che la vita privata di un premier nulla abbia a che vedere con la gestione della cosa pubblica, per la quale non sono direttamente richieste castità e pudicizia.

Le ragioni che in molti avevano addotto affinché Berlusconi rispondesse alle ormai note domande di D’Avanzo tiravano in ballo un’ectoplasmatica responsabilità politica, concetto che ancora oggi rimane, a mio modesto avviso, di difficile individuazione. In cosa consisterebbe questa fantomatica responsabilità politica nella vicenda Noemi-D’Addario rimane un mistero, specie se l’importanza di questa stessa responsabilità esigerebbe l’obbligo di rispondere alle note dieci domande.

C’è chi ha parlato di coerenza in riferimento ai temi della famiglia, anche se non mi risulta che il governo Berlusconi abbia avanzato proposte di legge che prevedano sanzioni penali per l’adulterio e oltretutto non è affatto scontata l’oggettiva importanza della coerenza nell’ambito dei valori politici (il sottoscritto ad esempio non è per nulla interessato all’opinione personale di Berlusconi ai fini di una valutazione politica quanto piuttosto ai risultati tangibili dei provvedimenti); chi sosteneva che la “moralità” di un premier costituisce una voce importante nella scala di valutazione degli elettori che, dunque, dovrebbero avere le idee chiare sulle eventuali scappatelle del premier. Secondo quest’ultimo criterio è lampante il circolo “virtuoso” che si innescherebbe: diverse morali producono differenti criteri che esigono idee più chiare su chissà quali altri aspetti (ad esempio qualcuno potrebbe trovare utile, ai fini di un maturo giudizio politico, venire a conoscenza dei sogni erotici di D’Alema).

E’ senz’altro vero che un uomo, nel momento stesso in cui decide di diventare personaggio pubblico, si trova costretto a rinunciare alla sua privacy, così com’è legittimo, nei limiti sanciti dalla legge, che i paparazzi si lancino alla ricerca dell’ultima avventura scottante: ma in che maniera queste due verità sanciscano l’obbligo di un premier a rendere conto della sua vita privata a giornalisti ed elettori rimane francamente un mistero. A meno che non si consideri la necessità di rendere pubblica la vita privata di un politico come un’obbligazione che desumiamo oggettivamente dall’osservazione di natura, ma è difficile riscontrare una simile argomentazione in un’era in cui tutti si affannano a definirsi relativisti (salvo poi bacchettonare non appena si presenti l’occasione).

Tra l’altro, il fatto che Berlusconi continui a disattendere la responsabilità politica che lo obbligherebbe a rendere conto della sua vita privata, ed il perpetrarsi dei gossip a suo carico, continuano ad avere importanti “riscontri politici” che contano ben più della nostra “responsabilità” e che forse dovrebbero concorrere a determinarne i caratteri.

Resta il fatto che, al di là delle chiacchiere, parecchi quotidiani, anche stranieri, non riescono a discutere politica senza mettere in mezzo le amanti di Berlusconi. Giusto così… se la gente compra! Si chiama responsabilità verso gli azionisti o i proprietari, altro che politica! Certo però, se fossero intercettazioni eseguite dalla procura di Bari, sottoposte al segreto di indagine e al divieto assoluto di pubblicazione qualcosa cambierebbe…

Carlo Ludovico Cordasco