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La socialità di stato dello Stato-sociale

La nostra Costituzione del 1948, in virtù delle tendenze cattolico solidariste che allora si ispiravano a Keynes e quelle social-comuniste che si ispiravano al vangelo rosso di Marx, intendono la socialità come qualcosa di esclusiva pertinenza statale. Se pure nella Carta erano rintracciabili delle tendenze di orientamento differente, esse vennero ben presto 'spente' dall'attivismo del Legislatore che ha reso lo Stato unico fruitore della socialità.
Con il magistero (e solo grazie ad esso) di Giovanni Paolo II - vedasi l'enciclica centesimus annus - la socialità inizia in Italia ad essere vista con un occhio diverso: per l'influenza di Michael Novak e Padre Robert Sirico, la Chiesa inizia a propugnare con forza un concetto fino ad allora rimasto solo sulle carte vaticane, la sussidiarietà. Per influsso della Chiesa e in minima parte per il vento che spira da un ventennio da Oltreoceano, il concetto di sussidiarietà viene recepito in maniera confusa nella riforma del Titolo V della seconda parte della nostra Costituzione: anno 2001. Ci troviamo così dinanzi (in sintesi) a due concezioni di socialità: una statalista e di sinistra ed una sussidiaria di ispirazione cristiano-conservatore. </p>

L'uomo è un animale sociale: non è un animale solitario, ma ha un'innegabile sete di stare insieme, di socialità. Per quello che interessa noi, l'uomo sa che determinati servizi, attività si possono svolgere meglio o solo insieme ad altri uomini. Ergo, la socialità non è invenzione progressista o illuminista o socialista, ma nasce con l'uomo e si sviluppa con esso. Ma dall'ingloriosa rivoluzione del 1789 si affaccia sulla scena un soggetto che pretende di avere il monopolio della socialità: lo Stato. Si ha così una spoliazione della soddisfazione di un'esigenza dell'uomo - la socialità appunto - a favore dello Stato: un sovvertimento del concetto di sussidiarietà. Come questa concezione sia una 'road of serfdom' è stato ampiamente dimostrato dalla Storia. Gli stessi sindacati - una delle tante espressioni della socialità - sono corpi intermedi che si contrappongono utilmente al Centralismo statale di stampo socialista: lo insegnava anche Barry Goldwater.

Certo, se questi corpi - ed il sindacato puo di nuovo fungere da esempio - dipendono dallo Stato, sia da un punto di vista finanziario sia da un punto di vista legislativo, essi perdono di mira la propria funzione costitutiva ed assolvono l'interesse del Potere e non più dei singoli associati.
Lo stare insieme volontario dei liberi cittadini assolve un compito che i cittadini stessi hanno deciso di perseguire. Lo stare insieme coercitivamente imposto dallo Stato assolve invece sempre più spesso fini ideologici e di basso opportunismo politico-partitico. Quale dei due modelli di socialità sia più giusto e democratico (anche se a mio avviso la socialità deve rispondere solo in seconda battuta a questi due giudizi di valore) appare chiarissimo.

Volgiamo la sguardo all'educazione, forse l'ambito più importante della socialità, insieme all'assistenza sanitaria, che pero è nel Continente culturalmente devoluta allo Stato e in secundis 'concessa' ai privati.
La nostra Costituzione guarda con sfavore alla scuola non statale, che in Italia è per lo più di ispirazione religiosa. Eppure alla scuola è devoluta, almeno sentire Ministri, politici, insegnanti, docenti et similia, l'educazione, un compito che non compete costitutivamente alla Scuola, che invece deve pensare ad istruire. Possiamo spoliare le famiglie e le Chiese dell'educazione dei giovani e delegarla ad un'istituzione statale? Il Legislatore italiano, in virtù di una Costituzione che tutto concede allo Stato, lo ha fatto. Con risultati pessimi da un punto di vista morale e ancor più negativi dal punto di vista dell'Istruzione.

Ma se guardiamo alla teoria vediamo come la socialità dell'Educazione di Stato sia violenta e pregiudizievole per le pluralità presenti nella società. È anzi uno strumento valido per imporre alla maggioranza il volere di una minoranza ben organizzata: è quanto accade nella scuola italiana, dove il messaggio materialista, relativista e a-valoriale viene imposto a migliaia di giovani (e quindi alle loro famiglie presenti e future) che non hanno possibilità di una diversa scelta (e con essi le loro famiglie). Eppure la maggioranza degli italiani è cristiana. Almeno la metà (a mio avvisto i 2/3) del corpo elettorale è conservatore: di tutto questo la Scuola statale italiana non ne tiene conto, e forse non puo.
Oggi scegliere una scuola non statale è privilegio de facto per pochi: solo per coloro che possono permettersi di pagare le tasse per la scuola statale e poi pagare le rette della scuola privata. Come cio sia una perversione socialista è lampante. Educazione assente, istruzione scadente: la socialità della scuola di stato ha fallito.

Ma a ben guardare è la socialità di Stato che è fallimentare. Per giunta è un pericolo per la libertà delle persone. Ed è in parte anche la causa dell'enorme debito pubblico e della spropositata ed immorale tassazione che colpisce gli italiani. Insomma, la socialità di stato è da bocciare. Logico che a questa 'sentenza' chi controlla tale socialità di Stato (i progressisti relativisti) si opporrà ed anzi chiederà nuovi poteri, altri fondi, altre possibilità, altro Stato per poter raggiungere i necessari obiettivi (determinati sempre da loro ed imposti ad altri), magari invocando anche la Bibbia civile, cioè la nostra pessima carta costituzionale. E forse vedrà tali richieste soddisfatte, anche da Governi politicamente ostili (a sostegno di quanto affermato si guardi la scorsa Legislatura).

Resta allora un unico campo di azione per chi voglia affermare la vera socialità, quella dei corpi intermedi, quella dei liberi cittadini che decidono volontariamente di collaborare per soddisfare esigenze non sempre materiali (pensiamo alle scuole di orientamento religioso, che offrono risposte alla mente ma anche allo spirito): bisogna scrivere una nuova Costituzione che abbia come punto di riferimento la libertà degli uomini e la socialità volontaria, elevando la Sussidiarietà a criterio guida nel vasto e variegato pianeta del sociale. Una Costituzione che ponga limiti severi all'arbitrio ed all'intervento dello stato nella socialità, riservandolo nell'ambito della eventualità e della necessarietà (e pure con questa formula vi sarebbero inevitabili tentativi di protagonismo statale).
Una nuova Costituzione dovrebbe essere l'obiettivo numero uno di una destra davvero sociale che voglia davvero innovare dalla fondamenta il nostro Paese.

Gianmario Mariniello