L'unica strategia possibile è la vittoria

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A quanti chiedevano una svolta in Iraq, ovvero abbandonare il paese a se stesso, G. W. Bush ha risposto: è vero, abbiamo commesso errori, ma l’unica strategia è la vittoria sul terrorismo. Ecco quindi la giusta decisione di inviare più soldati per la guerra che lui stesso, dopo l’11/9, definì 'lunga e difficile'.
La conferma sulla volontà Usa di combattere il terrorismo islamico e sconfiggerlo 'sul campo' è arrivata anche dall’impegno nel Corno d’Africa. Ma ormai la regola è risaputa: il mondo, l’Onu, l’Ue ed i media si indignano e si muovono solo quando in scena entrano statunitensi o israeliani. Altrimenti se ne fottono.

<p><p>Nel discorso alla nazione di mercoledì scorso, tenuto dalla biblioteca della Casa Bianca, abbiamo rivisto un Presidente Bush combattivo e determinato nella lotta al terrorismo.
A quanti gli chiedevano una svolta in Iraq, ovvero abbandonare il paese a se stesso, G. W. Bush ha risposto: è vero, abbiamo commesso errori, ma l’unica strategia è la vittoria sul terrorismo islamico e nazionalista che infesta Bagdad.
E per conseguire questa vittoria, Bush è pronto a mandare in Iraq altri 21.500 uomini, legando questo nuovo impegno americano ad un rinnovato impegno iracheno, sia sul fronte della sicurezza che su quello della ricostruzione.
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Quanti ritenevano concluso il corso della dottrina anti terrorismo dell’amministrazione statunitense sono rimasti delusi.
In primis i Democratici che, dopo aver ottenuto il controllo del Congresso grazie alla vittoria nelle elezioni di mid terms, avevano intimato al Presidente un cambio di strategia in Iraq.
Illusi, probabilmente dal licenziamento del Segretario alla Difesa artefice della campagna militare irachena, Don Rumsfeld, i democratici e il neo speacker del Congresso, la ultra liberal Nancy Pelosi, non hanno fatto mancare le proteste al nuovo piano di Bush.
Ma, essendo il Presidente il 'commander in chief', la decisione spetta solo a lui. E Bush, come nei suoi momenti migliori, non sembra indeciso sul da farsi.
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Dopo le crescenti difficoltà in Iraq e il risvegliarsi dei fondamentalisti islamici in alcune aree dell’ Afghanistan, la Casa Bianca dava l’idea agli osservatori di trovarsi in fase di stallo: proseguire il lavoro sin qui svolto contro il terrorismo o ricorrere ad una radicale revisione di strategia?
La destituzione di Rumsfeld e la nomina a Segretario della difesa di Gates sembrava percorrere la seconda strada.
Ma Bush, con il suo ultimo discorso, sembra voler proseguire nella guerra la terrorismo che lui stesso, poco dopo gli attentti dell’11 settembre a New York, definì 'lunga e difficile'.
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<p> La conferma sulla volontà Usa di combattere il terrorismo e sconfiggerlo 'sul campo' è arrivata anche dall’impegno in Somalia.
Dopo l’intervento armato delle truppe etiopi a fianco del governo transitorio somalo per riprendere il controllo del paese e cacciare le Corti islamiche, gli Usa hanno effettuato un raid su un paese rifugio per esponenti di Al Qaeda nel corno d’ Africa, al confine tra Somalia e Kenya.
Il raid aereo è stato autorizzato dal presidente del governo transitorio somalo e sappiamo che ha permesso l’uccisione di un esponente responsabile dell’organizzazione degli attentati terroristici alle ambasciate americane in Africa ante 11 settembre 2001.
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Operare in politica estera con l’ ossessione anti americana.

Come sempre avviene in quest’Occidente malato, gli europei (e gli anti americani del mondo) si sono affrettati a condannare il raid statunitense nel paese africano.
Ormai la regola è risaputa: il mondo, l’Onu, l’Ue ed i media si indignano e si muovono solo quando in scena entrano statunitensi o israeliani. Ogni avvenimento o crisi internazionale puo essere sempre ricondotta a questa regola. Quando non sventolano bandiere di questi due paesi, la comunità internazionale se ne fotte di cio che succede.
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Nessuno si occupava delle Corti Islamiche o di cio che l’aviazione etiope colpiva. Nei tg nessuno parlava di 'civili, tra cui numerosi bambini' morti o feriti.
E’ bastato un raid di un bombardiere americano per contare 'moltissime vittime civili', tra cui bambini, (naturalmente!) E si è subito parlato di un villaggio 'raso al suolo' (!)
I politicanti europei si sono affrettati a condannare questo atto 'unilaterale', senza tenere in nessun conto l’autorità del governo somalo transitorio (quando si dice attenzione per il Terzo Mondo!)e senza nemmeno spendere una parola sull’annientamento di pericolosi terroristi islamici permesso dall’azione Usa.
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Non c’ è da stupirsi se, a difesa dei terroristi e dei miliziani delle Corti islamiche e contro 'l’ingerenza' americana, si è subito schierato il presidente iraniano Ahmadinejad. Insomma l’Ue e il nostro Ministro degli Esteri D’Alema, sono sulla stessa frequenza d’onda dell’ Iran. Questo dice abbastanza e ci riporta alla regola sopra esposta: con tutti, anche con i peggiori dittatori e terroristi (basti vedere la difesa di Saddam Hussein!) se questi si oppongono ad Usa ed Israele.
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Il punto è: quanto queste posizioni e questi atteggiamenti ci permetteranno di sconfiggere il nemico che ci ha dichiarato guerra e distruzione, ovvero il fondamentalismo islamico? Poche, pochissime.
Con tutti gli errori compiuti e che potranno compiere in futuro, molto meglio l’approccio e le azione americane.
Chi non agisce non sbaglia, ma è condannato, comunque, alla morte. Ma una morte ancor più triste e indegna.
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J.Landi

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