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La caduta degli dei

Il 15 settembre 2008 è stato un lunedì nero, come si è soliti dire in questi casi. E' bastata la notizia dell'avvio delle procedure di fallimento per Lehman a terrorizzare gli investitori di tutto il mondo. Le trattative delle settimane precedenti per la vendita del proprio pacchetto di maggioranza sembravano aver ristabilito fiducia nella solidità del sistema finanziario americano. In realtà nessun investitore governativo (né asiatico né arabo, per ultimi i coreani) ha voluto salvare la nave che stava affondando. Si è allora capito che il fondo della crisi del credito americano doveva ancora essere raggiunto e un altro lunedì nero doveva essere vissuto.

Il fallimento della banca d'investimento Lehman ha innescato un effetto domino su tutte le maggiori istituzioni finanziarie d'America. Negli ultimi giorni tutte le maggiori banche e compagnie d'assicurazione statunitensi sono state colpite da pesanti perdite. Morgan Stanley e Goldman Sachs, i due maggiori istituti di credito americani sono oggetto di inquietanti rumors sulla loro capacità di evitare la fine della cugina-rivale Lehman. AIG, il più grande assicuratore d'America, è stato salvato dall'insolvenza grazie ad un tempestivo e senza precedenti prestito della Federal Reserve.

Guardando invece verso il vecchio continente
 l'unico mercato seriamente coinvolto nelle vicissitudini finanziarie d'America sembra il Regno Unito. Tuttavia soltanto una parte del suo sistema finanziario è pesantemente esposta verso i mercati finanziari statunitensi. Ricordando la vicenda della nazionalizzazione di Northern Rock di qualche mese fa al momento è l'istituto di credito Halifax, coinvolto profondamente nel settore immobiliare americano, a  mostrare la necessità di essere salvato. In questo senso va interpretata la scalata da parte dei, finanziariamente conservativi, Lloys londinesi.  
Di fronte ad un quadro come questo vorremmo cercare di chiarire anche al più disinteressato dei lettori la profonda storicità del momento che stiamo vivendo.

Senza voler complicare la comprensione citando i numeri che stanno dietro alle operazioni di questi giorni potremmo solo aggiungere che le banche d'affari che abbiamo appena citato hanno tutte superato, più o meno difficilmente, quasi ottanta anni di storia finanziaria recente. Questo periodo comprende sia il primo crollo di Wall Street nel 1929 sia l'attacco alle torri gemelle del 2001. In mezzo guerre mondiali, crisi petrolifere, bolle speculative (giapponesi, legate all'high-tech...). Insomma un mondo di eccessi e sconvolgimenti che aveva fino a questo momento solo intaccato la supremazia finanziaria newyorkese. A dire la verità gli ultimi due decenni avevano già spostato l'equilibrio finanziario mondiale a favore della City londinese. Detto questo, se anche Morgan Stanley (quasi certamente) e Goldman Sachs (probabilmente) cederanno il loro controllo a favore di investitori stranieri allora nessuna delle maggiori banche d'affari newyorkesi sarà più sotto il controllo di Wall Street! Ma come si è potuti arrivare a una situazione tanto difficile?

L'origine delle difficoltà
 sta nelle gigantesche perdite che questi istituti hanno sofferto in seguito alla crisi immobiliare americana. La bolla che si è venuta a creare con le quotazioni degli immobili era talmente grande che la crisi dell'estate 2007 non è stata sufficiente a farla riassorbire. Le svalutazioni degli strumenti finanziari legati ai valori immobiliari statunitensi erano talmente marcate che i capitali bancari ordinari non potevano essere sufficienti. Gli strumenti predisposti dai mercati e dai regolatori pubblici per attenuare il rischio sopportato da queste banche si sono rivelati più che inutili, dannosi. La normativa che impone il mantenimento di una certa proporzione tra i crediti rischiosi e il proprio capitale a copertura non è stata accolta aumentando il proprio patrimonio ma portando fuori bilancio i crediti più rischiosi vendendoli come scatole chiuse dal valore difficilmente stimabile.

Nella totalità dei casi il comportamento degli ex giganti di Wall Street è stato quello di acquistare e vendere tra di loro questo tipo di prodotto il cui valore dipendeva dalle quotazioni degli immobili, per lunghi anni crescenti. Sottovalutando così la capacità dei consumatori americani di far fronte al proprio mutuo. Questi ultimi infatti continuavano a prendere a prestito, in contanti, anche il solo incremento di valore che in poche settimane la propria casa subiva. L'inevitabile rallentamento dei prezzi delle case ha quindi innescato una serie di insolvenze a catena di cui ancora, a nostro giudizio non si vede la fine.

Gli interventi delle banche centrali mondiali
 e del governo americano in queste settimane di crisi sono stati evidentemente indispensabili. Ripristinare un clima di fiducia nei mercati finanziari  o almeno manifestare l'intenzione di farlo è il solo modo efficace per garantire a chi investe che i propri soldi non andranno persi. I legami che esistono tra ciascuna banca o tra banche ed assicurazioni, prestandosi soldi tra di loro o acquistando protezione dal rischio sono molto stretti.

La caduta di un istituto mette in serie difficoltà tutti gli altri che fino a quel momento gli avevano prestato dei soldi. Senza considerare l'effetto psicologico sugli investitori della notizia del fallimento di una banca. Cosi, ad esempio i fondi straordinari concessi ad AIG servono affinché questa compagnia possa assolvere i propri debiti di copertura nei confronti di strumenti finanziari ormai privi di valore.
La particolarità del sistema finanziario è infatti proprio questa e le considerazioni di natura liberista sull'azione delle autorità pubbliche americane non trovano, almeno in questo caso, giustificazione. Soltanto il rumoroso tonfo da caduta degli dei di Wall Street puo permettere il ritorno ad una situazione di stabilità. Saranno poi i capitali d'oriente a decidere la direzione della finanza newyorkese. 

Simone Scarlini