Tra nostalgie ed euroscetticismo: il difficile futuro dell'Ungheria

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<p>Le menzogne di un primo ministro ex comunista svelate a tutto il mondo, un’opposizione di destra che vince facilmente le elezioni amministrative reggendosi su slogan populisti e programmi dirigisti.
Nel mezzo un paese col più alto deficit d’Europa e un popolo sempre più sfiduciato dall’unione. Ed in preda a strane nostalgie.
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Qualche settimana fa il primo ministro socialista Gyurcsany (qui sopra in un manifesto elettorale) è stato protagonista dello scandalo in tema di registrazioni segrete, in cui lo stesso premier ammetteva di aver mentito sullo stato economico del paese in campagna elettorale e dichiarava l'inefficienza del suo stesso governo. Dopo la diffusione di questa registrazione si sono scatenate le proteste, anche violente, nelle piazze di Budapest, per chiedere, invano, le dimissioni di Gyurcsany.

Nel 50esimo anniversario della rivolta di Budapest, ancora la gente in piazza a chiedere la destituzione di Gyurcsany, ex gioventù comunista, uno tra i peggiori statisti riclati d'epoca sovietica e negli anni del suo governo di sinistra si è coperto d'oro speculando sulle numerose privatizzazione del paese.
Il liberismo mascherato dei postcomunisti ha prodotto in Ungheria una situazione davvero tragica: un grande buco nelle casse dello stato e un deficit al 6% che si pensa possa arrivare al 10%. Il più alto di tutta Europa.

In questo clima si sono svolte le elezioni amministrative, che hanno visto un sonoro successo del centrodestra. Infatti il Fidesz del giovane (ma già ex-premier) Viktor Orban si è aggiudicato la vittoria in 17 delle 19 assemblee provinciali, registrando un pareggio nelle province di Heves e Somogy.
E' stata letteralmente ribaltata la situazione rispetto a quattro anni fa, quando i socialisti governavano ben 16 delle 19 provincie.

Stesso risultato per quanto riguarda i sindaci dei capoluoghi: in queste 22 città il Fidesz puo vantare 14 sindaci, mentre prima il rapporto era 15 a 5 per i socialisti.
Nella capitale Budapest, è stato riconfermato il sindaco Demszky, liberale ma appoggiato dai socialisti. Pero anche qui la destra avanza arrivando al 45,2% dei consensi contro il 46,86% della coalizioni di Demszky.

Dopo i risultati elettorali, il Fidesz di Orban e il Foro democratico ( altra formazione dell'opposizione di centrodesta ) hanno chiesto le dimissioni del premier, sonoramente sconfitto. Gyurcsany si è rifiutato, chiedendo anzi un voto di fuducia la Parlamento, puntualmente arrivato: con 207 voti contro 165 al primo ministro è stata rinnovata la fiducia. Nulla di strano, dato che la composizione del Parlamento è quella uscita dalle lezioni in cui vinsero i socialisti, avvenute qualche tempo prima dello scandalo.

All'Ungheria e al suo popolo sono stati scarsi i benefici economici dovuti all'ingresso, forse troppo prematuro, nell'unione europea e il partito degli euroscettici cresce e trova eco nella coalizione di destra guidata da quel Viktor Oban le cui effigi sono alzate nelle piazze di Budapest dopo le dichiarazioni del primo ministro di sinistra. Ma quella di Oban non è una destra matura e riformista bensì una coalizione retta da un mix preoccupante di slogan popolusti che fanno seguito a programmi dirigisti e statalisti, il tutto condito con una forte dose di nazionalismo e odio verso l'unione europea.

L'Ungheria non è la sola a vivere una situazione di caos politico ed economico. Tranne infatti le repubbliche baltiche che stanno vivendo anni di ripresa e libertà, tutto un certo Est Europeo e Budapest in primis, con la sua radicale crisi politica, soffre tutt'ora la transizione e non vede nell'Europa nessuna ancora di salvezza ma addirittura una ulteriore minaccia. Non lontana da quella che era stata, a suo tempo, l'Unione Sovietica.

Jimmy Landi e D.M. </p>