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L'HAMBURGER E IL BELPAESE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Paese di santi, navigatori e buongustai, i ben informati dicono che gli italiani hanno sempre avuto poca simpatia per il fast food, preferendo puntualmente la carbonara all'hamburger. E' uno dei moltissimi luoghi comuni che circolano sull'argomento, poco e male affrontato nel dibattito economico (e anche - perché no - sociologico) nel nostro paese.
Partiamo da un'osservazione semantica: il concetto di “fast food” in Italia possiede per i più un connotato negativo: fast food è associato all'idea di cibo spazzatura, spesso perfino in conflitto con la tradizionale dieta mediterranea, quasi insomma che le patatine globalizzate rappresentino una seria minaccia per la pizza e la pasta.

Una paura tuttavia confutata dai fatti: l'introduzione dei fast food in India, ad esempio, non ha certamente contaminato la millenaria cultura locale ma ha semplicemente aggiunto nuove opportunità. Come non contamina la nostra cultura la presenza di un ristorante giapponese, messicano o di un kebab nelle nostre città.
Questo timore è presto divenuto un vero e proprio livore contro il settore dei fast food, con la costituzione dell'associazione “Slow Food”, che nasce da un grossolano errore lessicale che mi fece notare per primo il Prof. Carlo Lottieri, direttore del dipartimento “teoria politica” dell'Istituto Bruno Leoni. “Slow Food” rivendica il gusto di sedersi a tavola assaporando con tutta calma i sapori locali contro un ipotetico cibo innaffiato da bibite gassate da ingurgitare in fretta e furia.
Tuttavia il termine “Fast Food” non significa mangiare velocemente ma essere serviti velocemente (potrei stare anche tutta la sera seduto a mangiarmi lentamente il mio cheesburger!) il termine “Slow Food” quindi non significa mangiare lentamente, ma essere serviti lentamente! Cosa che scommetto, ciascuno di voi, reputa particolarmente fastidiosa.

Ma non è tutto: in Italia quando si parla di fast food la mente corre solitamente sempre e solo a McDonald's, i cui archetti gialli ormai sono capillarmente presenti su tutto il territorio nazionale e detengono il monopolio quasi assoluto del comparto.
Per gli italiani andare al fast food significa andare da McDonald's, caso più unico che raro nel mondo. A differenza degli Stati Uniti - ma anche della gran parte dei paesi europei - in Italia le catene di fast food non sono presenti. Non c'è traccia di Pizza Hut, Taco Bell, Wendy's, Arby's e molti altri, mentre appena 50 Burger King spuntano timidamente qua e là per la penisola e, solo adesso, si affaccia nel Belpaese Subway, ossia il terzo più grande operatore di fast food globale dopo Yum! Brands (che possiede Taco Bell, KFC e Pizza Hut con 35.000 locations) e McDonald's (con 31.000 locations).

Concorrenza scarsa perché pochi profitti? Tutt'altro: secondo un articolo apparso su repubblica.it del 19 settembre 2008 la crisi economica non fa altro che avvantaggiare McDonald's:  “un'azienda che fa da sempre dei prezzi bassi il suo cavallo di battaglia. «È vero - ammette il Managing Director di McDonald's Italia, Roberto Masi - quando l'economia va male i nostri prezzi bassi ci avvantaggiano»” continua l'inchiesta: “Il risultato è l'accelerazione del fatturato, volato dai 418 milioni di euro annui del 2000 ai 678 milioni del 2007. Un anno in cui il ritmo di crescita è stato del 9,1%, ben più alto dello zero registrato proprio nel 2000. A crescere sono anche le aperture di nuovi ristoranti, passati dai 295 del 2000 ai 370 di oggi e ai 400 previsti per fine 2009”.

 

Allora perché nessuno in Italia investe in competitors in un settore dall'enorme prospettiva?Indagando su Wikipedia scopriamo che l'italianissima Autogrill “nel 1999 acquisisce il 100% di HMSHost (Host Marriott Services), società leader in America nel settore della ristorazione negli aeroporti e nei centri commerciali. Si aggiudica in questo modo anche la concessione di marchi molto diffusi come Au Bon Pain, Baskin Robbins, Burger King, Dunkin' Donuts, Häagen-Dazs, Kentucky Fried Chicken, Mrs. Fields, Pizza Hut, Sbarro, Starbucks, Taco Bell, Wendy's e molti altri". Un business enorme. Il 100% di HSM non significa che Autogrill è proprietaria di tutti questi marchi, ma che ne ha la licenza per stazioni, aeroporti e centri commerciali. HSM era infatti una grande corporation che gestiva il franchising di questi marchi esclusivamente in questi luoghi. Prova ne è che la proprietà di Wendy's è la Wendy's International, Inc., che  Burger King ha come riferimento la Burger King Corporation, mentre la Yum! Brands. Inc. ha marchi come Pizza Hut, KFC, Taco Bell etc.

Per non parlare di Starbucks, l'unico che ha ammesso - con le parole del suo stesso leader - che non avrebbe mai aperto locali in Italia in quanto, il nostro, sarebbe un mercato ben poco ricettivo perchè troppo radicato nella tradizione dell'espresso. Per l'assenza degli altri marchi dal Belpaese non ci sono invece spiegazioni ufficiali.
Non ci restano che congetture: gli italiani mangiano poco fuori, il pasto veloce è considerato più uno sfizio che una prassi, bar e baracchini vari fanno le veci delle grandi catene. Forse, ma non basta. L'assenza dei fast food dal Belpaese - ennesimo buco nero nel nostro mercato imperfetto - resta ad oggi un mistero. E finché qualcuno non ci darà spiegazioni, noi ci daremo le nostre, tenendo sempre a mento un vecchio adagio: “a pensar male si fa peccato ma molto spesso ci si azzecca”.

D.M.