La casa sul lago del tempo

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<p>VOTO: 7
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Se passate indenni l’ironia dell’inevitabile paragone con Ritorno al Futuro, questo è un film che appagherà i vostri romantici appetiti inespressi.
Se poi ne avete fin troppo della programmazione cinematografica dominata dagli horror e dai thriller-splatter, questa è la pellicola che fa per voi.
Non è un film banale, è una bella favola sulla lontananza fisica ma sulla vicinanza spirituale.

<p> </br> </br> </br><p>La dottoressa Kate Forester (l’ottima Sandra Bullock che qui gioca a fare la trentenne) dalla provincia dove ha completato il tirocinio in un piccolo ospedale, si trasferisce in una grande struttura medica di Chicago.
Niente sarà come prima, specie se ogni mattina appena sveglia poteva godere la vista del lago da una splendida casa-palafitta. Adesso vive in un loft in città, ma prima di andarsene, in un mattino d’inverno del 2006, lascia una lettera nella cassetta per il nuovo inquilino, con cui lo avvisa che le impronte di cane davanti alla porta di casa c’erano già al suo arrivo.
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Ma il nuovo inquilino ha una prospettiva radicalmente diversa delle cose: il nuovo inquilino è Alex Wyler (un Keanu Reeves decisamente più romantico che a tirar calci volanti in Matrix ma che mantiene sempre la faccia più techno-fantasy di Hollywood), architetto di belle speranze e di sogni rimasti nel cassetto, conosce bene quella casa che suo padre progetto da giovane e dentro la quale trascorse molti anni con sua madre.
La casa che trova Wyler è in pessime condizioni: polverosa, trascurata e.. senza alcuna impronta davanti alla porta.
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Prende così il via una strana corrispondenza tra Kate e Alex, la cassetta della posta nel prato di fronte alla casa sul lago diventa il mezzo che permette ai due di comunicare e di arrivare ad una folle conclusione: Wyler vive due anni prima di Kate, precisamente nel 2004.
Strano caso in cui la versione italiana del titolo originale del film è meno banale di quella anglosassone (“The lake House” vs “La casa sul lago del tempo”), siamo di fronte ad una storia crono-romantica, spesso ingarbugliata come finiscono per essere tutte le storie in cui passato, presente e futuro si intrecciano. Quando ci troviamo un film del genere il primo pensiero va sempre a Ritorno al Futuro, ma se passate indenni l’ironia dell’inevitabile paragone, questo è un film che appagherà i vostri romantici appetiti inespressi. Se poi ne avete fin troppo della programmazione cinematografica dominata dagli horror e dai thriller-splatter, questa è la pellicola che fa per voi.
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Un lungometraggio coraggioso che nel suo piccolo va davvero contro quello che vediamo in sala negli ultimi anni, una storia delicata sulla solitudine e sull’incomunicabilità, sul paradosso di aver trovato la persona della vita e sull’angoscia di non poterla avere mai per sè, divisa dalla cosa più invalicabile di tutte: il tempo.
La regia di Alejandro Agresti ci racconta l’angoscia di essere arrivati troppo presto o troppo tardi, il rimpianto di un’occasione perduta, la fantasia su cosa poteva essere e invece no. Questa love story a distanza (di tempo) ci trasmette quello che è un po racchiuso in ogni grande storia d’amore.
Non è un film banale, è una bella favola sulla lontananza fisica ma sulla vicinanza spirituale. Alzi la mano chi ha visto un film che tratta meglio questo tema. Gli pago una cena.
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D.M.
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