Apocalypto

<img src=”/images/articoli2/apocalipto.jpg” align=left widht=200 height=300>
<p>

VOTO: 8
<P>

Oltre all’amore e alla ricostruzione storica ci sono due messaggi nel film di Gibson. Il primo è molto forte e sembra un monito anche per la nostra civiltà assediata dal terrorismo: “non avere paura”.
L’altro è il messaggio revisionista: un invito a combattere l’ipocrisia che tutti i giorni ci porta a confondere il bene ed il male.
E le scene violente? Nulla che non sia già visto, da Indiana Jones passando per i vari TG della sera.

<p><p>Se per passare una serata mi avessero detto di andare a vedere un film dove per la maggior parte del tempo i protagonisti corrono, si inseguono e attraversano foreste, con i pochi dialoghi in lingua Maya originale (e quindi sottotitolati), difficilmente avrei accettato la proposta: un film presentato oltretutto come due ore di scene di indicibile ferocia e violenza, a me che sono di stomaco debole, non fa molta gola.
Per fortuna (e sottolineo per fortuna) ieri mi è stato invece chiesto di andare a vedere un film sulla caduta della civiltà Maya. Proprio quella bellissima e pacifica civiltà che a scuola ci hanno sempre insegnato essere stata sterminata e martirizzata dai cattivi europei che, guidati dai preti e dallo spirito imperial-colonialista, hanno spazzato via millenni di cultura.
<p>

Ovviamente a queste favole ho sempre difficilmente prestato fede (ero uno studente monello, lo ammetto) e quindi l’idea che un tema simile venisse affrontato da Gibson, regista sicuramente in controtendenza sui gradi temi storici, mi ha stimolato fin da subito. Di tutta questa storia sommersa dalla vulgata anticristiana pero nel film non se ne ravvede traccia. Chi cerca un film revisionista sui conquistadores rimarrà deluso. Anzi, l’avvento degli spagnoli, per quel che riguarda il film sarebbe potuto essere anche lo stesso delle favole nostrane. Il messaggio di Gibson non cambierebbe di una virgola: “Una civiltà viene conquistata dall’esterno solo quando si è già distrutta dall’interno”.
<p>
<p> Noi non sappiamo se quelle persone che per tutto il film vediamo inseguire, uccidere, sacrificare, disboscare, violentare saranno a loro volta deportate, sterminate, schiavizzate. Apprendiamo pero che prima del nostro avvento, nei luoghi che oggi teniamo a massimo indice della loro civilizzazione, cioè le città ed i templi, viveva un uomo disumanizzato, un marcio epigono di cio che forse fu una civiltà (seppur primordiale), un uomo abbandonato a riti di sangue, impegnato a distruggere le terre che per secoli erano state la sua casa.
<p>

Il film ci racconta di una storia d’amore, di un uomo ridotto in schiavitù e privato di sua moglie che per tutto il film, scampando a più riprese da morte certa e fuggendo braccato da altri uomini, cercherà di ricongiungersi a lei. Il tutto condito con tocchi di realisticità da documentario e una superba regia specialmente nelle scene di azione, veramente notevoli da un punto di vista tecnico.
Oltre all’amore e alla ricostruzione storica ci sono altri importanti messaggi che mi sembrano trasparire. Il primo è molto forte e sembra un monito anche per la nostra civiltà assediata dal terrorismo: “non avere paura”. C’è per tutto il film la lotta contro la paura da parte del protagonista che effettivamente, di fronte a chi di questo sentimento fa il suo strumento di offesa e dominio, riuscirà a salvarsi solo liberando il proprio cuore dal terrore.
<p>

Ci sono alcuni momenti molto belli degni di nota: nonostante la disperazione, la violenza cieca, la perdita di tutti gli affetti e la propria libertà, questi uomini ridotti in schiavitù sembrano trovare ancora respiro e pace in pochi intensi momenti e semplici gesti di spiritualità. Come dire che si puo annientare un uomo fisicamente ma che non gli si puo strappare la propria fede, anche se ridotta a piccoli gesti e parole, contrapposta ai falsi idoli che alimentano un circolo di morte e di interessi nei templi della città. Tornando invece all’hype che si è venuto a creare intorno all’opera di Gibson, come detto all’inizio, non se ne è parlato molto bene. Trovo pero alcune critiche veramente esagerate, a partire da quelle sulla violenza.
<p>

Effettivamente di scene crude non ne mancano, tipico di Gibson che tende con la realisticità a catapultarti dentro episodi che altrimenti risulterebbero comunque distanti dal nostro sentire. Nulla pero che non sia già visto, sia al cinema che in televisione. Le scene più crude sono quelle in cui vengono estratti cuori o viscere sia dagli uomini che dagli animali. Già visto fare, dopotutto, da Indiana Jones o nei documentari del National Geographic. Le persone trafitte potrebbero venire fuori da un film di Tarantino. Le scene dei sacrifici umani sinceramente sono parenti minori per truculenza delle decapitazioni che abbiamo visto nei tg.
<p>

Noi che pasteggiamo con davanti un’impiccagione e corpi ammassati nelle zone più sperdute del mondo, perchè ci strappiamo i capelli di fronte a questo film? Ecco forse la scossa più potente: riapriamo le nostre coscienze! Non possiamo vivere passivamente tutto quello che in questo mondo ci circonda. Ridestiamo la nostra umanità, altrimenti vivremo in questo eterno paradosso dell’ipocrisia che ci porta a recitare la filastrocca del buon popolo cristianizzato con la forza e contemporaneamente a voltare lo sguardo di fronte alla sua cruda realtà. Quella stessa ipocrisia che tutti i giorni ci porta a confondere il bene ed il male, anche se il male non è forse assoluto e il bene non sempre è così candido.
<p>

C.Z.</p>