L'Etiopia entra in Somalia. La crisi nell'area è totale

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<p>“Le truppe Etiopi sono entrate in Somalia e il leader delle Corti Islamiche, Sheikh Hassan Dahir Aweys, ha prontamente minacciato l’Etiopia di farle conoscere cosa significhi la guerra santa.
L’intervento dei mezzi blindati è mirato unicamente a proteggere Baidoa, la capitale provvisoria dove ha sede il governo Federale di Transizione (Tfg) del Presidente Abdullahi Yusuf, governo che ad oggi non ha alcun potere.
<p> L’inerzia della comunità internazionale si rivela anche in questo frangente e gli unici rimasti a pretendere che il governo delle Corti lasci il paese sono ancora una volta gli Stati Uniti.
Le ragioni della preoccupazione americana sono ben fondate e, come al solito, mal comprese dall’internazionale dei burocrati di cui l’Europa è a capo: non è un mistero che il governo di Aweys abbia stretti legami con Al-Queida.
l’Africa, e la Somalia in particolare, rischiano di diventare nel breve la nuova frontiera del terrorismo internazionale…”

<p><p>Le truppe Etiopi sono entrate in Somalia e il leader delle Corti Islamiche, Sheikh Hassan Dahir Aweys, ha prontamente minacciato l’Etiopia di farle conoscere cosa significhi la guerra santa. Aweys avrebbe già chiesto l’aiuto dell’Eritrea (storico nemico dell’Etiopia) che pero si è rifiutata di subentrare nella crisi.
I guerriglieri delle milizie sostengono che l’esercito etiope si è avventurato per ben 60 km oltre Baidoa, ma l’Etiopia per ora nega la volontà di attaccare la capitale per rovesciare il governo delle Corti e ha fatto sapere alla comunità internazionale come l’intervento dei mezzi blindati (sembra un centinaio) sia mirato unicamente a proteggere Baidoa, la capitale provvisoria dove ha sede il governo Federale di Transizione (Tfg) del Presidente Abdullahi Yusuf, governo che ad oggi non ha alcun potere al di fuori di Baidoa e che recentemente è stato spodestato dalla guida del paese dai miliziani delle Corti. Alle radici dello scontro tra i due organismi, la volontà del governo regolare di fare entrare nel paese forze internazionali di Peacekeeping in funzione antiterroristica.

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<p>Le ragioni di un intervento etiope su Baidoa sembrano giustificate dalle recenti minacce di attacchi dei miliziani fedeli all’Unione delle Corti Islamiche (Union of Isalmic Courts - UIC), Corti che controllano Mogadiscio, la zona a sud del paese e delle zone a nord al confine. Proprio da quest’ultime zone nascono i problemi: è probabile che l’intento del Primo Ministro Meles Zenawi sia quindi proprio quello di mantenere lontano dai confini un movimento integralista islamico che potrebbe far presa nelle minoranze somale sul suo territorio, creando una situazione potenzialmente esplosiva.
Ma in questa operazione torna alla mente l’alleanza di lungo termine stipulata con Yusuf (nella foto a sinistra), che già nel 1990 aveva chiesto l’aiuto etiope per difendere l’allora governo somalo contro le milizie islamiche guidate dal leader UIC Sheikh Hassan Dahir Aweys. Allora le milizie furono sconfitte, ma adesso la situazione è radicalmente mutata, in quanto sono le corti stesse ad avere il potere nel paese dopo il golpe andato a buon fine nelle scorse settimane.
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Le truppe giunte a Badoia non sono le uniche ad aver sconfinato: altre colonne sono penetrate all’altezza di Fer Fer, un avamposto di frontiera che faceva parte dell’antica strada coloniale italiana, e forze di interposizione formate da etiopi e americane sarebbero già operanti da mesi ai confini somali. Nella città di Gode, capoluogo dell’Ogaden, in etipia, gli USA hanno posizionato un contingente militare fornito di aerei ed elicotteri per poter intevenire in ogni momento. A questo proposito il portavoce del Dipartimento di Stato, Sean McCormack, ha recentemente dichiarato come il livello crescente di tensione è dovuto anche all’approcciarsi delle milizie islamiche nei dintorni di Baidoa e che gli USA stanno mettendo in piedi un “gruppo di contatto” composto da membri della Lega Araba, dell’Unione Europa, degli Stati Uniti e dell’Unione Africana, che possa cercare di mediare tra le parti. Definendo il governo di transizione “weak” (non particolarmente robusto). Il “gruppo di contatto” ha anche il compito di cercare un modo di rafforzare questo governo in modo che possa esercitare in futuro più controllo sul paese. Il governo di Yusuf è in realtà un governo di formazione recente eletto nel 2004 al culmine di un processo di pace guidato dal Kenya, ma ha sempre controllato soltanto una piccola porzione della Somalia.
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Le nazioni unite hanno urgentemente richiamato entrambe le parti al cessate il fuoco e a risolvere gli attriti a livello politico. Ma l’inerzia del Palazzo di Vetro si rivela anche in questo frangente e gli unici rimasti a pretendere dinanzi alla comunità internazionale, che il governo delle corti lasci il paese, sono ancora una volta gli Stati Uniti.
Le ragioni della preoccupazione americana sono ben fondate e, come al solito, mal comprese dall’internazionale dei burocrati di cui l’Europa è a capo: non è un mistero che il governo di Aweys abbia stretti legami con Al-Queida, benchè ovviamente i diretti interessati smentiscano sia questi collegamenti sia la presenza di campi di addestramento per terroristi in territorio somalo.
Intanto già quattro attacchi contro obbiettivi Statunitensi ed Israeliani sono stati portati a termine nell’Africa dell’est e sono riconducibili al movimento estremista che opera indisturbato in Somalia. Fre le azioni, spicca anche l’uccisione del giornalista svedese Martin Adler.

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<p>La vita a Mogadiscio, con l’avvento delle Corti al potere (nella foto a destra, il leader Aweys), non è certo migliorata: benchè il modello-talebano non sia stato ancora pienamente applicato a causa delle forti divisioni interne al movimento, la situazione per la popolazione è drammatica come ai tempi dei Signori della Guerra, senza considerare che la battaglia contro quest’ultimi è costata la vita a centinaia di civili. Adesso Mogadiscio sembra diventata il nuovo santuario dell’estremismo islamico. La città è piena di Check-points dove uomini armati fermano i veicoli chiedendo in cambio denaro e la S’haria, vede continui tentativi di applicazione nella vita della gente.
Anche l’ultimo Signore della Guerra e il comandante delle sue truppe hanno abbandonato Mogadiscio: Abdi Hassan Awale Qeybdid era guidava le milizie fedeli all’ultimo Signore della Guerra Mohamed Farah Aideed, che combattè contro gli USA e le truppe internazionali a Mogadiscio dal 1990. Quasi tutti gli altri sono in esilio.
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Adesso che questi Signori della Guerra sono stati sconfitti restano molti interrogativi in Somalia: quale sarà il ruolo del governo di transizione del Presidente Yusuf a Baidoa? Adesso che l’Etipia difende apertamente il Governo di Transizione, la possibilità di un conflitto tra i due paesi non appare un’ipotesi irrealistica. E poi: fino a quando la comunità internazionale, e l’Italia in primis, riusciranno a dissuadere gli USA da un’operazione rischiosa ma sempre più necessaria? E infine il quesito più grande rimane legato ad Al-Queida: l’Africa, e la Somalia in particolare, rischiano di diventare nel breve la nuova frontiera del terrorismo internazionale, paesi con istituzioni deboli o esistenti soltanto sulla carta, e popolazioni povere e poverissime: tutti ingredienti ideali per il reclutamento e l’organizzazione indistrubata di gruppi e cellule pronte a colpire in ogni parte del globo.
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D.M.
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fonti:

  • Bbc News
  • GlobalSecurity.org

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