La crisi del Secolo

<img src=”http://www.an.piacenza.it/speciali/secoloditalia/secolo.gif”align=”left”/> Non abbiamo fondazioni. Non abbiamo realtà associative consolidate. Non abbiamo una radio e/o una TV. Si dice che abbiamo un sindacato, il quale pero fa da pappagallo della CGIL. Abbiamo bisogno di una voce. Ne avremmo bisogno di più di una, a dire il vero. Ma abbiamo il Secolo, ahimè.

Il sito di Gianmario Mariniello<p>Non sono un lettore de Il Secolo d'Italia. Lo ammetto. Ho difficoltà a ritrovarmi in una corrente, in un partito, figuriamoci se la mattina scendo da casa per andare a comprare il 'giornale del partito', dove leggere la 'linea'. Roba da comunisti! Preferisco Libero, con le sue tante sfaccettature, da Veneziani a Giannino. In via sussidiaria opto per Il Giornale, al massimo posso comprare il finto-british Corrierone.

Il Secolo d'Italia è un giornale di partito - con tanto di 3 milioni di euro l'anno di contributi pubblici - e come tale parla del partito. Ma negli ultimi anni ha avuto una deriva autoreferenziale: la crisi si è avuta quando Il Secolo si è limitato a parlare 'al partito'. Un partito che in questi 5 anni di Governo ha visto perdere entusiasmo, specialmente nella base, nonostante il tesseramento-record e fasullo (come per tutti i partiti del mondo). 250.000 iscritti ed un giornale che vende 2.000-3.000 copie al giorno. L'1% degli iscritti. E questo mentre Il Giornale aumenta considerevolmente le vendite e Libero quasi raddoppia in un solo anno. A dimostrazione di come spazio per i giornali 'di destra' ci sia: cosa naturale, se si considera che il 50% dell'elettorato italiano vota centrodestra da 13 anni. È quindi un problema non di mercato, ma di prodotto.
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<p> Stiamo parlando di un prodotto senza appeal, che si limita a riportare i lanci di agenzia - copiaincollandoli - dei colonnelli di AN o a pubblicare editoriali dei leaders di AN. Poca roba. Mancano firme di rilievo. Manca un direttore - non me ne voglia l'ottima Perina - capace di assumere il rango di personaggio trainante per il giornale che dirige: quando Feltri va in TV il giorno dopo Libero vende di più. Stesso dicasi per Belpietro. Non faccio nomi: basta che non mi diciate Buttafuoco. Per un giornale della destra ci vuole un direttore di destra.
Il Secolo non ha firme di spessore, su 25 giornalisti in servizio: tanti sono 'figli di' o 'amici di'. Nulla di cui scandalizzarsi, ci mancherebbe, non siamo verginelle: normale amministrazione di un comune giornale di partito.

Pero 'Il Secolo' è in crisi, come e più di tutti i giornali di partito. Vedasi l'Unità, finanziata da privati per sopravvivere e staccatasi formalmente dai DS, con il cui gruppo dirigente entra spesso in contrasto. Stesso discorso per il Manifesto, che prima o poi - spero prima - chiuderà. O Liberazione, Europa, etc. Ma mal comune non puo esser mezzo gaudio. Il Secolo d'Italia non ha un sito web: cosa inaudita, quando i giornali inglesi hanno verificato con una rilevazione come vi siano più lettori on-line che cartacei. Il sito web serve per raccogliere nuova pubblicità e far 'rimbalzare' la notizia su altri siti e/o blog. È un'assenza intollerabile.
E la pagina culturale? Il fiore all'occhiello - giustamente - de Il Secolo pecca di eresia. Rifugiarsi in una cultura di destra eretica e elitaria non aiuta le vendite e non soddisfa le 'richieste culturali' della right nation italiana, pure richiamata nel recente documento finiano. Ci vuole anche un pizzico di eresia, ma l'eresia da sola diventa nicchia. Veneziani docet.
Cosa fare? Fini ha giustamente detto 'Il Secolo d'Italia così com’è, non ha più ragione di esistere. Se voi sapeste quanti soldi costa al partito, sarebbe meglio spenderli in modo diverso”. Giusto.

Non abbiamo fondazioni. Non abbiamo realtà associative consolidate. Non abbiamo una radio e/o una TV. Si dice che abbiamo un sindacato, il quale pero fa da pappagallo della CGIL. Abbiamo bisogno di una voce. Ne avremmo bisogno di più di una, a dire il vero.
Il Secolo d'Italia non deve avere - almeno non deve solo avere - come obiettivo unico il profitto: deve a mio avviso fare pressione, come tutti i giornali del resto. Per farlo deve stare sulla cresta dell'onda, con un giornalismo d'assalto e d'inchiesta che formi tanti giovani giornalisti da spedire in tutte le redazioni d'Italia.
Non solo, ma si potrebbe pensare di 'sfruttare' l'enorme bacino giovanile di AN per allevare una generazione di giovani giornalisti, anche sul territorio. La periferia dovrebbe avere un ruolo importante: prevedere pagine di cronaca politica locale - senza fare il solito errore di pubblicare i comunicati di AN - significherebbe motivare il territorio ad acquistare il giornale. Il lavoro di 'militanza' avrebbe costi ridotti e permetterebbe a tanti giovani di 'farsi le ossa' giornalisticamente parlando e di acquisire il patentino da giornalista. È un cambio di rotta, necessario.

Altrimenti meglio chiudere 'Il Secolo' ed investire in tante fondazioni, con ambiti operativi differenti: economia, cultura, valori, sociale.

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